Landai, rubrica di Marco Ribani: Greta Cipriani.
Con questo numero termina il suo percorso la rubrica Landai. É stata una esperienza forte e significativa, spero non solo per me. Termina qui perchè il landai non è solo una forma poetica, ma anche un’azione di lotta delle donne attraverso la poesia. Su questa sponda il bilancio è un po’ deludente. Solo in pochi casi alcuni gruppi di donne hanno saputo passare dalla scrittura all’azione politica, culturale ed educativa, entrando ad esempio nel mondo della scuola, come a Sasso Marconi con le iniziative promosse da Vittoria Ravagli. Termina qui questa esperienza perché il landai non può trasformarsi in una vetrina, in una esposizione di sé, che prescinde dai reali problemi per cui “Il serpentello velenoso” è stato creato.
Ringrazio per l’ospitalità e l’impegno tutta la redazione di Versante Ripido. MR
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Ospitiamo in questo numero Greta Cipriani.
Greta Cipriani, giovane pianista abruzzese di chiara fama, si dedica da anni alla poesia. Ha ottenuto importanti riconoscimenti, fra cui il “Premio Marsica 2004”, e numerose selezioni in premi nazionali e internazionali. Recentemente e’ stata selezionata da Elio Pecora per la sua Antologia di Poeti Contemporanei “Riflessi”. Fa parte del Movimento “Poeti d’Azione”, movimento storico fondato dal noto poeta Alessandro D’Agostini, teso alla rivalutazione della poesia come “ricerca dello spirito verso la bellezza” in una societa’ frenetica e materialistica. Alcune sue poesie sono apparse in importanti testate giornalistiche. Recentemente ha pubblicato “Grido di terra”, un’intensa opera di poesie dedicata alla tragedia del terremoto che ha colpito la citta’ di l’Aquila nel 2009.
Si interessa di composizione musicale e della commistione che avviene fra le varie arti. Attenta alle problematiche femminili, sta realizzando un’opera incentrata sulla femminilità e sul rapporto fra sentire femminile e sentire poetico. E’ presente nell’Antologia “L’Altro Novecento”.
Ed ecco alcuni suoi landai:
Ho versato tutto il mio sangue
sul bacino roseo della tenerezza.
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Madre, dal ventre accartocciato
Madre, dai frutti polverizzati e vani
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Qui il carico delle piogge
annega la mia anima gia’ annegata
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Ho sentito vociferare
la terra in un brivido di ghiaccio sciolto
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All’ombra delle mie ferite
ho edificato un maestoso giardino
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Una volta udii il lamento
di una donna incatenata nel tramonto
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Ascoltiamo la serenata
dell’aria rarefatta e dimenticata
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Un grido di terra commossa
e’ salito a dipanare il silenzio
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Sentiro’ il bacio del fuoco
attraversare una dura resistenza
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Piegando il gelido coltello
ho conosciuto la mia nascente essenza
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Sono la donna carcerata
delle cascate silenziose e vergini
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Macchiero’ di sangue l’ardore
di questa notte misteriosa e indifesa
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Sono salpata nel vascello
dell’innocenza librata in un soffio
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Quando chiuderai i tuoi occhi neri
la tua pelle avra’ il colore di porpora

peccato; anche la sola lettura aveva un suo perché.