Landai, rubrica di Marco Ribani: Mariangela Ruggiu
Continua il ciclo dedicato alle poetesse che hanno fatto del Landay una forma di espressione di alto livello.
Mariangela Ruggiu dice di sé:
Ho cinquantasei anni, sono nata e vivo in Sardegna, faccio l’insegnante di Scienze naturali e amo scrivere, la poesia è quello che rimane della ricerca che accompagna la mia vita. Ma non amo il mondo intorno alla poesia, non che lo ripudi, ma non riesco a vivere questo aspetto. La mia vita è fatta di ricerca ma non sempre di poesia, per tanto tempo ho rinunciato a scrivere per dedicarmi completamente al mio lavoro e alla mia famiglia. Casualmente ho ripreso a scrivere più come espressione della sintesi che intanto era maturata che per una scelta consapevole. Casualmente, senza alcuna intenzione letteraria ho raccolto versi in un libricino senza pretese, poi supportata da una persona che ha voluto leggere in me cose belle, ho accettato di raccogliere i miei scritti in un libro che si intitola Versi@versi. E’ un piccolo libro che amo, come si ama il ricordo dell’inizio, ma appena fatto l’ho abbandonato al suo destino… è annegato nell’oceano di tanta carta stampata. Ma ho maturata la consapevolezza di non voler andare oltre, come ho scritto per accompagnare le mie poesie pubblicate da Fara edizioni, se sono poesie, che vadano da sole. Però non mi sottraggo se c’è da dare voce ad un dolore, o ad una denuncia, così ho imparato a scrivere landays, nell’estrema sintesi che amo il no dev’essere chiaro e tagliente come una lama.
Quando il mio sangue scorre
non mischiarlo col tuo, tu sei il carnefice
.
Sono della tua stessa carne
perché mi vendi al mercato come il bestiame?
.
Mi faccio di pietra e di marmo
non alzare le mani e neanche la voce
.
Attento, dalla testa rotta
escono le mie poesie più affilate
.
Figlia non chinare lo sguardo
ai tuoi figli maschi mostra tutto il cielo
.
Figlia non sprecare le forze
impara la furbizia aggira la montagna
.
La tua voce prigioniera
grida dalla mia bocca il nostro dolore
.
Tu prendi con mano rapace
ma i miei pensieri sono acqua tra le dita.
.
Hai perso ogni traccia di cuore
quando hai strappato il mio con le tue mani
.
La penna è più forte della spada
temi i libri e le donne che non sai leggere
.
Ti prego rendimi sterile
non voglio più figlie picchiate e uccise
.
Tu mi cammini sulla testa
ed io che ti ho regalato le scarpe
.
Prima ancora che tu esistessi
già io mi amavo, tu invece devi imparare
.
Non lavare il martello, figlio,
conserva il mio sangue perché sia l’ultimo
.
Puoi uccidermi con un chiodo
ma io scendo dalla croce, tu sei la croce
.
Mi scivola quello che dici
non puoi uccidermi un’altra volta ancora
.
E’ stato un incidente, dici,
scusa se mi trovo tra il tuo pugno e il vuoto
.
Non mi amare così tanto
non lo scrivere negli occhi miei con l’acido
grazie dell’accoglienza, di cuore.
la sintesi taglia e ri-cuce bellezza nel chiarore di una parola dono e “porta”
conforto e segno
grazie Mariangela
elina
grazie a te Elina, della tua lettura, della tua accoglienza
Che dire, poesia di chi esce dal silenzio, e come prima cosa, sfoga i grumi di sofferenza e frustrazione. Abbiamo fatto tutti così, più o meno.
Sarà davvero poesia quando usciranno i distillati, a ferite rimarginate, o ignorate.
grazie Anna Solari, a volte il silenzio è l’unica risposta che il dolore riesce a pronunciare, tocca ad altre voci raccoglierlo e dargli significati.