L’assassino sa di Paola Musa.
Poesie da “Ore venti e trenta”, Abeggi edizioni.
L’assassino sa
Ti ho amato così tanto
che per averti ti ho dimenticato
e lentamente l’oblio si è riversato su di te.
Non mi ricordo quanto era tenera la carne
quando la percorrevo con la lama,
eppure dal corpo ho avuto squarci
sulla parte di sensi che in te
nessuno ha rivelato.
Ti ho rivelato a te stessa
nell’intimo stupore
che solo la paura sa mostrare?
Forse fui il primo, sicuramente l’ultimo.
L’assassino sa il principio delle cose
egli è il monaco dei gesti incompresi
il solitario detentore di ciò che viene meno.
Quanta sei stata mia nell’ultimo respiro!
Fu questo andartene grazie alle mie mani
che ci unì per sempre.
Il corpo
In principio fu il corpo,
poi venne l’amore.
Il corpo era il confine
e il mezzo, ma non l’identità.
Per questo qui ridono di me,
donna posticcia con la voce scura,
smalto friabile al mattino.
Non mi nascondo, come fanno altri,
in comode apparenze mascoline.
Ancheggio verso il mondo
dopo aver preso bastonate
da bambino per un vestito a fiori,
per un sopruso fatto alla morale.
Alcuni moralisti si aggirano furtivi
attorno al mio monolocale,
vorrebbero entrare, dopo la buonanotte
alla famiglia, vorrebbero spogliarsi,
ma non sanno come fare.
Io li accolgo comunque, anche solo per parlare.
Il fioraio
Accanto alla via del cimitero
mi apparecchio due volte a settimana
un piccolo negozio sul fiorino
ho crisantemi, dalie, margherite,
ogni colore per anime ferite.
Ma se potessi, Rosita,
fiore sbiadito che per la strada
fai la vita, li donerei soltanto a te
che nei giorni d’inverno
sembri una foto su un altare
e ti tremano i fianchi da far male.
Che se ne fanno i morti, di quei fiori,
perché non vedono i passanti che tu muori
accarezzando un corpo sconosciuto
ti sposerei, ma tu non hai voluto.
E allora vago all’imbrunire in questo coro,
parlo coi volti affissi su una lapide,
mi confido con loro, che sembrano capire.
L’attesa qui è un silenzio senza fine.
Rosita, vieni a casa, due stanze con balcone,
io non guadagno molto ma per te potrei rubare
toglimi i fiori che non riesco a respirare.
Vieni Rosita, si può ricominciare.
L’hanno detto anche i morti che soli si sta male.
I disertori
Non provare a lasciarmi,
il tuo dolore mi appartiene.
Credi davvero di esistere
al di là delle mie mani
che amano e percuotono?
Stasera sarai cagna un’altra volta,
nessuno deve ridere di me
perché mi lasci.
Ho una divisa io, e conterà qualcosa.
Ho il rispetto dei colleghi
e la stima del mio capo:
che ne sai tu, cosa capisci della vita.
Quando ti schermi con i figli
che insieme a te frignano alle urla,
i pensieri son vermi sulle orbite
e so di essere nulla senza vittime.
Stringimi donna, la verga sei tu
che vorresti dividermi da me,
lasciarmi nudo al mio cospetto.
Amami, Eva dannata che rubi
le certezze e mangi col mio nome,
l’unica stirpe è la famiglia.
Oppure periremo insieme,
e da buon soldato impedirò
la fuga ai disertori.
sono tutte poesie molto belle e ricche di umanità sofferta, e il mio fiore lo vorrei dedicare al ” fioraio ” forse la più commovente di tutte.
Eros e’ anche interpretazione deviata dello stesso fino alla violenza e all’omicidio, lo sanno bene tante vittime, di solito donne, di cui si parla ampiamente in questo periodo in cui l’argomento va di moda. Ma quando l’argomento non andra’ piu’ di moda e le vittime saranno di nuovo sole per fortuna ci saranno ancora magnifici scritti come questi a denuncia e testimonianza.
Eros e’ poi anche sofferenza, quando la societa’ ti condanna e non te lo lascia vivere liberamente perche’ sei un “diverso”, e quando sei una sfruttata nel circuito della prostituzione e il tuo eros appartiene agli altri, e’ di tutti, anche di chi ti vuole “salvare”, ma non tuo.
In questa 4 poesie della Musa sono rappresentate dolorosamente situazioni umane da tenere sempre bene a mente perche’ l’eros non e’ solo ludico, e per certe persone non lo e’ per nulla.
Complimenti per questi begli scritti.