Le case del poeta, tre inediti di Marco Righetti.
Marco Righetti (Roma 1958), ex avvocato penalista e attualmente iscritto a Lettere Italianistica, risiede a Parma.
Ha pubblicato le raccolte poetiche: Dirette (Lietocolle 2006, premio Opera prima al “Premio Astrolabio” 2007), Il seguito mancante (Puntoacapo, Novi L. 2010, premio giuria al concorso Città di Castrovillari), A occhi chiusi (in Retrobottega 2, CFR, Piateda 2012), Come una madre (in Percezioni dell’invisibile, Arca Felice, Milano 2012) che ha avuto diverse letture pubbliche in Roma (fra cui nella Sala del Carroccio al Campidoglio e al Teatro dei Dioscuri al Quirinale), In questo breve corso senza fine (Puntoacapo, ottobre 2015); i romanzi: SOLE NERO (Leone editore, agosto 2012, mese in cui ne sono state vendute 5000 copie), LA VITA È MOLTO PIÙ (ivi , novembre 2013) che ha raccolto immediati apprezzamenti di pubblico e critica. Il romanzo ha sinora conseguito 4 premi (“Premio Emotion Città di Cattolica”, “Premio Gli amici di Morfeo”, “Un libro amico per l’inverno”, ”Premio Thesaurus”) e la segnalazione al Premio Michelangelo Buonarroti; le pièces: Il posto (in Teatro contemporaneo e cinema n. 10/2011), Il canestro (I drammaturghi del drago, Bevivino 2012), 2020: due ombelichi, ha vinto il 2° premio al concorso “Città di Martucci”, Benedetta Guerra! atto unico con il quale è risultato finalista al medesimo concorso.
Nel 2013 Puntoacapo gli ha dedicato la plaquette monografica I quaderni dell’Ussero.
I
Dentro il muro
vivo
nel punto più mite
dove nulla mormora o grida
e anche il clic di un’erba improvvisa
dà vertigine
sono qui da quando camminai
la prima volta
in punta di piedi
le cose erano troppo vicine
ci caddi dentro,
nessuna microchirurgia,
bastò il volteggio di un’idea:
a diventare adulti si vince o si perde?
Meglio essere un calligramma negli altri regni
custodire un centone di immagini
nella madia delle mani,
fare dei sensi il peristilio invisibile
intorno a una goccia
di vita.
II
Sto nel bruciore che fonde i mattoni
nella nebbia che li avvolge come un ditale
non comprendo se oltre
ci sono fiumare di pace
(vocali lente verso una parola che incateni)
o pupille fonde che strozzano
e verbalizzano pure il buio
sto nelle mani che hanno fatto l’opera
e si sono ritratte per tempo
perché non trasparisse la fatica
resisto al pianto e alla gioia
trasfigurato a esilio
come un albero
una foglia.
III
Quando serrande alzano primavere
agito un brulichio di intenzioni
nelle vite calcificate
dalle precedenti stagioni, menzogne,
da questo collasso
distinguo la traiettoria cieca
con cui la vita precipita nelle bocche
bacca subito matura,
questo vivere oscenamente stretto
è corridoio perfetto
loggia rinascimentale
per insurrezioni di pesci cangianti,
calendari di come potremmo essere
il mio è l’ormone di una crescita lentissima
il futuro è il fiore che esce dall’ombra aguzza
in uno sperone di vento,
vorrei vedervi un attimo prima della costruzione
e imbeccare solo l’anima,
– combustibile per alti fuochi –
prima che si inabissi in voi.