Le motivazioni del poeta: “Sciogliendo i nodi” di Gabriella Modica
Questa rubrica si prefigge di scoprire, facendocelo raccontare dal creatore stesso dell’opera, cosa sta dietro alla nascita di una composizione poetica. Gli scrittori sono restii a fornire informazioni e chiavi di lettura di solito, quindi il valore di queste uscite allo scoperto è decisamente altissimo.
Lasciamo la parola in questo numero a Gabriella Modica e alla sua “Sciogliendo i nodi”:
Sciogliendo i nodi è un mio tentativo di esplorazione e sperimentazione dell’eros attraverso il linguaggio poetico. Per chi, come me, è nato e cresciuto in una realtà come quella meridionale non sarà difficile identificarsi nell’agglomerato storico-industriale di imbarazzi e tabù creati ad arte purchè non se ne parli o si faccia gran confusione sull’argomento.
Eppure nel luogo in cui sono nata e cresciuta, proprio qui in Sicilia, un tale filosofo letterato aristocratico e sovversivo, guaritore naturalista svisceratamente amato da chiunque lo abbia conosciuto diede una delle primissime definizioni ufficiali di ciò che sarebbe poi divenuto eros nell’accezione oggi conosciuta. Empedocle da Agrigento descrisse la vita come un ciclo eterno in cui Amore e Discordia (all’epoca nomi propri di spirito) si ritrovavano vicendevolmente sopraffatti l’uno dall’altra. Finchè a farla da padrone era Amore, il cui significato all’epoca era innanzitutto di amicizia, tutto era in armonia. Quando invece Discordia prendeva il sopravvento, gradualmente si giungeva al caos totale, cui seguiva un momento di stasi.
Occorre un breve cenno storico socio-linguistico semiserio ma neanche troppo sulla triste storia occorsa a questo sacro momento del ciclo in ogetto: la Stasi, in epoca moderna si ridusse ad estasi del corpo e nell’impossibilità di manifestarsi liberamente si fece un lifting cambiandosi un paio di lettere per adeguarsi ai tempi e divenne ecstasy, peraltro con un successo di pubblico assai discutibile). La stasi, il momento in cui tutto era compiuto, era il preludio alla naturale ripresa del ciclo, del movimento, dell’equilibrio, insomma, dell’Idillio.
Insomma, a ben pensarci, sembra trattarsi di un amplesso. Per fortuna poi nacque la filosofia e ognuno cominciò a dire la propria determinando probabilmente la grande confusione di cui sopra.
L’eros è un aspetto che ognuno deve conoscere in se a piccoli sorsi.
Per me l’imbarazzo è sempre stato uno stimolo testardo a trovare una maniera per parlarne, col dovuto rispetto per chi invece preferirebbe trasformarsi in una pietra e finire prima possibile in fondo al mare, magari per mano del gioco di un bambino. Non si scappa. Anche il gioco è eros. L’eros muove la vita. E’ la vita stessa. E il sesso fa anche parte dell’eros. Questa poesia, per la verità assai delicata nei suoi riferimenti all’eros per come lo si intende oggi, cerca di vivificarlo nel suo significato più profondo: quello delle sensazioni, degli odori, dei suoni , della danza, dei ricordi e di tutto ciò che si muove. Come l’amore, come la vita.
È, come spesso accade nel mio scrivere, il lancio di una piccola sfida ai timori comuni per ciò che in realtà è la medicina della società.
Sciogliendo i nodi
Ho aspettato che tutti smettessero di dire la loro.
ho ascoltato con cura chi non mi ha parlato.
Poi mi sono avvolta.
La mia copertina mi ha cantato una ninna nanna.
Diceva,
Diceva…
mi tolse le scarpe
mi fece fare
quel che non volevo dire
mi regalò la nebbia che odora di umido.
Ci accordammo sulle armonie del silenzio.
Mi sospirò alla bocca e mi annodò una stoffa nera,
piccola, piccola, piccola…
Mi pettinò i capelli e li acconciò di cerchi acquerellati
di nebbia e ragnatele
(al mattino)
si aprì il buio,
i gatti socchiusero i miei occhi.
Strappami
strappamela via
scordami
lascia che mi scordi
Stendi queste urla
più lontano che puoi
dal silenzio
(chiamarlo canto è una parentesi nascosta)
insegnami a ballare
il corpo
ch’io sappia amare.
E
solo per una notte quieta,
umida notte, coprimi
caldo di te e di nebbia
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Foto di testata: Paolo Zanardi 074 – Berlino, agosto 2008
E solo per una notte quieta, umida notte, coprimi caldo di te e di nebbia : Sono Valentina Iorio Tomasetti, dopo la filosofia nacque la psicoanalisi. Leggila che trovi tanti passaggi che ti mancano e che hai, sorvolando, descritto benissimo nello spazio tra la E (maiuscola) e gli altri versi. “una notte quieta” per descrivere la sensazione di un amplesso voluto, accettato, desiderato è una rarità assoluta. Dice la d. Louise J. Kaplan, raro da uscire dalle possibili statistiche. Ma solo cosi’ possiamo, noi donne, costruire (fare) figli intelligenti. Coraggio, ne siamo in tante.