Le strade di Gerico di Luca Mozzachiodi, un pensiero di Carla De Angelis

Le strade di Gerico di Luca Mozzachiodi, Marco Serra Tarantola editore 2013: un pensiero di Carla De Angelis.

     

    

La poesia è un’arte antica e per fortuna non c’è definizione che la contenga, parte dall’io per confrontarsi con il mondo esterno. Anche se la vita come dice Gozzano “(….) si ritolse tutte le sue promesse”, il Prologo de “Le strade di Gerico “di Mozzachiodi inizia un viaggio che ci aiuta a comprendere il motivo del nostro posto nel mondo.

Non sono un critico e ne sono felice, perché quando leggo poesia voglio solo emozionarmi e leggermi, perciò dico basta con le scuse che troviamo per affermare che non possiamo farci nulla se il mondo va come va, che non possiamo rifiutare il progresso, i nuovi mezzi messi a disposizione per comunicare, per mangiare, per correre per occuparci infine solo di noi stessi, perché in questo caos, ecco un libro, ecco versi capaci di tenerci incollati alla sedia presi dalla stessa passione che certamente invadeva il poeta mentre scriveva:

Una, due, mille generazioni
dispersero memoria e conoscenza,
paura del solco scoperta sul volto
dell’altro e della voce e della sorte simili
per cui ora si va con gli occhi bassi
contando le pietre , lasciando i nomi
stringersi nel cuore delle cose

Se in questo inverno è mancato il freddo, ad ogni verso provo un brivido e lo leggo e rileggo a voce alta per capire e specchiarmi come quando al mattino chiedo il perché di un altro giorno; quindi proseguo e penso che il rapporto che caratterizza il nostro vivere è lo spazio tra la vita e la morte:

Conosci la terra dei limoni?
La traversammo insieme in giovinezza,
era di sole e suoni amici al passo,
voltati e guarda pur se non è tempo.

In questi versi c’è nostalgia, una celata malinconia e tanta dolcezza quando leggiamo negli ultimi due:

dove tu partivi e io invece restavo
seduto sulla riva a spiare le stelle

Le strade di Gerico riportano ad un percorso dove c’è l a confessione, la malattia, il ricordo. Il ricordo può fare male, forse è per questo che viviamo solitamente al presente, solo il Poeta assorto spesso nel silenzio ha la mente e il cuore in tutte le stagioni della vita:

Scendevo smarrito senza riconoscermi,
senza poter decidere se andare
in fondo o se restare e sullo schermo
degli arrivi calò giù come un rasoio
la mano senza niente recidere;
capivo: più degli anni aggiunti al conto
ci invecchia il malumore e l’incompiuta
veglia senza coraggio lungo il tramonto
rima del Te lucis ante.

Ma quale percorso ci può salvare:

Come presto siamo svaniti dalla schiera
dei tuoi! Come un calcolo inesatto
come un segno non previsto di bufera,
esserci o non esserci non è più la questione
che possa salvarci, chi è solo preferisce
restare sulla riva a farsi lavorare dalle onde.

E’ un poema molto bello, versi che incidono come lame e vanno alla riscoperta del “perché siamo”, solo attraverso questa poesia possiamo sfiorare il traguardo.

     

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