Legni di Paolo Pistoletti, note di lettura di Luigi Paraboschi

Legni di Paolo Pistoletti, Giuliano Ladolfi Editore 2014, note di lettura di Luigi Paraboschi.

    

    

Scrivere attorno ad un libro che si è appena letto non è mai facile, almeno per quanto mi riguarda, e in particolare lo è ancora meno quando si tratta di un libro di poesie.
Una serie di poesie rappresenta quasi sempre il tentativo di analizzare ed assegnare una forma poetica ad avvenimenti della vita quotidiana, spesso molto semplici, talvolta ovvi, che hanno assunto significato solamente per coloro che li hanno vissuti, e quindi, la difficoltà principale dell’autore è di rendere poeticamente accettabili e comprensibili ai lettori questi accadimenti , quasi sempre nascosti dietro il linguaggio spesso metaforico che assume la poesia.
E quindi, di fronte a questa raccolta, la prima cosa che ho fatto è stato di cercare le ragioni del titolo, ridotto ad un solo sostantivo, e, attraversando le varie poesie, mi sono fermato a questa di pag. 21 intitolata:

Alla finestra

Alla finestra
La fronte sul vetro
il grigio fuori e questo viso d’acqua.
Mia figlia alle spalle
che cresce con la febbre.
Quanti pensieri sul tetto di fronte
si lavano pronti per la pioggia,
e quanti vanno via
nelle grondaie dentro le vene
nei prati e negli occhi di chi ho conosciuto.
E quanto
tutto questo asciugarsi di legni
ci somiglia.

e a questa  altra che porta come titolo lo stesso del libro,

Legni

Non mi ricordo più quante volte si muore,
quante stagioni di legni
ci pesano sulle mani
prima di rovesciarci il cuore.
All’ospedale di Careggi c’è il bianco
delle mura che in mezzo ci passa
chi non ce la fa più a stare qua.
Quelli che invece tornano
nelle vene hanno sentito
tutto il risucchio che viene dagli aghi
dal tubo della flebo
fino alla luce del neon
dove a un certo punto
uno non è più niente
tutto lì nel mentre,
tanto che a sorpresa
non avendo più materia
si smette di tremare
senza cassa senza risonanza
la mancanza ricompone tutto
porta a zero la distanza.
Da bambini si arriva ogni volta
al momento giusto
come una bolla al centro del lago,
la memoria poi torna dopo
quando un giorno d’estate
il sole spacca le pietre

Sono due le occasioni che forniscono all’autore l’insorgere nella memoria del richiamo al Legno, e sono, se ho ben capito, occasioni di malattia, di sofferenza di qualche persona cara,  e quindi il legno può essere inteso come l’elemento che con la sua fisicità, la sua concretezza, la sua solidità, può rappresentare in certo qual modo la potenza di un legame, di un vincolo famigliare, ed essere, grazie alla sua capacità di galleggiare sull’acqua, una sorta di zattera di salvataggio, che permette all’autore di aggrapparvisi per giungere alla salvezza o quanto meno alla sopravvivenza.
Ma da cosa egli cerca di  essere salvato? Da quelle paure che condizionano la vita di ognuno di noi, da quei timori che  girano dentro le nostre anime o le menti, attaccandole anche negli attimi di relax all’interno della famiglia ,  ove siamo protetti dalla sicurezza dei mobili, delle mensole, delle sedie (  quindi, ancora dai legni ), che però non ci possono mettere al riparo dal vuoto esistenziale qui così ben espresso da quel verso finale

Una sera come tutte,
il tavolo le sedie i libri sulle mensole.
Alcuni sono già passati
hanno suonato al telefono al citofono,
altri passeranno.
E noi tutti bene grazie al cielo
si spolverano i legni si chiudono gli sportelli
e poi senza una mossa si sta seduti.
Ma non si è fermi davvero
come quando in un attimo
qualcosa ti fa sussultare
come acqua che sale
che cresce dentro il bollitore.
Come quando nel vano
dentro l’ascensore
– l’apnea in gola – hai appena acceso
il tasto per l’ultimo piano,
e allora senti che qui
anche se non sembra
è tutto una tromba delle scale immensa.

Ma l’angoscia, la paura sembrano essere compagne di tanti momenti, anche durante una semplice escursione in Campagna, che è il titolo di questa poesia dalla quale stralcio questi versi, nei quali i sostantivi scelti  (nubi- contromano- mandria fosca- crampo che non molla)
conducono ad una visione di violenza che viene interiorizzata per tramutarsi subito quasi in un’aggressione, sicuramente metaforica, ma non per questo meno angosciante

mentre davanti si addensano nubi
contromano sul vetro s’affollano gocce
che salgono su dalla strada
come una mandria fosca che poi passa
nello specchietto proprio dove due curve fa
stava più storto un ulivo
come un crampo che non molla
la presa poco diversa dalla nostra storia
che dentro ci afferra come quando
dallo sportello ci tirano fuori per la giacca
e ci tengono in pugno per il bavero

Pure l’occasione di ritrovarsi a tavola è spunto per la nascita di sentimenti rimaneggiati o di sofferenza, come scrive in questi versi della poesia Parlare

Che dopo succede come quando a tavola
tutto è imbandito fino all’orlo
che se tu non sei accorto
alla fine ti casca sempre in mano
il piatto più dolce e colorato,
ma in bocca poi ci senti come un sentimento finto
troppo rimaneggiato o di peggio ancora
tutto trasformato nel solito rosso acceso
dentro la nostra carne di brace.

Il discorrere di Pistoletti è un parlare attorno al quotidiano, un argomentare di avvenimenti che spesso accadono nella vita di ognuno, ma la sua capacità introspettiva è talmente elevata che egli è capace di trarre conclusioni astratte ma realistiche dallo sviluppo di accadimenti banalissimi come la falla nella tubatura dell’appartamento accanto al suo, come descritto in questa poesia dal titolo appunto l‘appartamento

Loro hanno cercato la falla
come una cosa che deve rivelarsi per forza
come una piaga in fondo che grida
una voce in mezzo al cemento.
Che poi a guardare bene invece se ne stava là

La falla c’è anche in noi, sta lì di fronte a noi che possiamo perdere tempo nella ricerca, chiedendo che si riveli per forza, ma poi improvvisamente ci appare e daremo su di essa un buona mano di colore per mascherarla

Allora col mastice hanno chiuso quella resa,
tanto che dopo nemmeno una goccia batteva
che tutto era chiaro come un lenzuolo
imbiancata la nuda proprietà
l’attesa come quando sopra ci rotola una pietra.

L’ipocrisia nei rapporti interpersonali è quella che ci induce a mascherare le nostre falle, ci fa sentire finti come certi quadri appesi alle pareti delle nostre case, come scrive in Reti

A volte sembriamo quei pescherecci nei quadri
sempre impigliati tra le reti, affissi al muro
fino a che qualcosa non ci schioda di lassù
non ci cala giù dalla cornice che ci trattiene
come quando un’onda di dolore
ci fa superare una soglia
e allora pure il colore cambia ogni volta
come fa l’oltremare.
Ed ecco poi il sangue che s’allarga
come la macchia che abbiamo dentro
il buio tra le mani e sulle dita
fino a quelle quattro frasi
che ci sporcano la pagina.
E alla fine curvi sul foglio
stiamo come le canne da pesca
sull’acqua del porto
in attesa di una tirata di lenza
tra le chiazze d’olio
come se fosse veramente sotto
tutto il bianco che ci aspetta.

Ma soprattutto un aspetto fondamentale della poesia di questo autore è il rapporto che lo lega in modo preciso e profondo alla famiglia, sia quella nella quale egli si trova a vivere, come pure con i legami antecedenti ad essa, rappresentati dal padre e dalla madre, figure scomparse ma non dimentìcate, come si può estrapolare da questo brano tratto dalla poesia Bosco ove la figura del padre, deceduto per un malessere improvvisamente manifestatosi, lascia nel figlio la sensazione di un vuoto che egli non  riesce in alcun modo a colmare e lo dichiara in quei due versi del finale

Solo dopo il medico ci ha detto
che c’era nato
con quella voragine nel petto:
e da allora qui intorno
aspetto sempre di sentire il tonfo
la fine di questa fame senza fondo.

Il vuoto per la scomparsa del padre sembra non riempirsi mai, neppure in età adulta, e l’autore lo esprime con molta intensità nella parte finale di questa poesia Vecchio

Una volta mi hanno detto che per colmare la misura
bisognerebbe avere un occhio perfetto
raggiungere il punto esatto
guardare dritto per dritto,
come da bambino quando tu mi prendevi in braccio
e allora dopo mi sentivo un altro
come l’ultimo avamposto prima del gran salto
lassù finalmente
a cavalluccio sul collo
che adesso non mi ricordo di un trono più alto.

Ed anche il ricordo della madre affiora tenerissimo, mescolato ad altri ricordi dell’adolescenza con il padre, e si legge lo struggimento dell’adulto che non sa, non vuole e non può dimenticare le proprie radici, in questo Bentornata

Come un fiume mia madre scorre piano
una dopo l’altra le foto sopra al tavolo
risale i ricordi fino al fondo dell’argilla.
E sembra più bella adesso che la guardo
un’impronta sulla sedia che non sa niente,
poi la voce che si incrina con tutti quei nomi
come acque che si rompono dopo il bene.
Che a dire il vero si sperava che dopo il flash
cascasse il velo dal letto di magra
che in un lampo fosse nudo il dolore.
Invece non si vede uno scatto che possa
fissare qui il lenzuolo di chi ci lascia
solo sulla carta che vedessi mamma
quello che succede mentre parli. Che guardalo laggiù
il vecchio lido dove una volta dice che si ballava
con tutti quanti quelli che va a sapere
adesso quale buon vento se li porta.
E poi noi che chissà come faremo
che non bastano più gli argini a tenerci qua
l’erba che sale dalle sponde
per i crinali fino al monte
dove il babbo ruzzolava come un matto
a rompere i pantaloni a chilometri
e poi una valanga di risate da crepare la pelle
ci faceva uscire fuori per sempre
bentornati a noi. E bentornata pure a te.

E’ il discorrere di un uomo di mezz’età, quello del nostro autore,  una persona che si sente nel pieno possesso del valore fondante della sua esistenza, la famiglia , nella quale egli cerca  rifugio,  perchè essa è l’unico punto che conta come egli scrive  in questa poesia Pensare

Alla fine quando sono qui rivedo
la giornata trascorsa
le persone le sedie gli alberi.
Ecco è tutto qui il mio pensare,
come in auto quando dallo specchietto
alle spalle vedi che passa dietro
la strada, e allora lo senti
che a reggerti sulla schiena
è tutto quello scorrere
quel grande fiume di asfalto
e mondo che ti porta
dritto a casa
fin dentro al garage.
Lì dove c’è sempre
una serratura da girare
lì dove in punta di piedi
sottili si passa per quell’unico
punto che conta.

ma il punto focale dell’unico punto che conta è la moglie, della quale egli parla con estrema onestà, riconoscendo la grandissima forza da lei esercitata per la tenuta della famiglia, quando scrive in  Vigna

Ci sono stati grappoli di giorni neri
semi amari tralci tagliati
ma le tue mani hanno spremuto tutto il buio
fino in fondo l’ansia dell’attesa
la gola appesa come i raspi nel fumo della stanza.

e l’omaggio che Pistoletti compie nei confronti della moglie e del valore che essa deve rappresentare per lui sta tutto dentro questa poesia intitolata Acqua  in cui sono condensate le avversità (la pioggia), l’esame dei valori fondanti la coppia (quello che resta), l’attaccarsi alle radici del consueto (il profumo del caffè) il dimenticare le avversità (ormai tutto sciolto l’amaro in fondo), lo scoprire che basta poco (basta un sorso del caffè) per ritrovare il senso dello stare assieme perchè si è simili (la somiglianza che passa tra noi)

Dopo la pioggia apriamo sempre la nostra finestra
guardiamo quello che sale quello che resta
mentre alle spalle il profumo del caffè ci copre
come se fosse tutto già pronto
oramai tutto sciolto l’amaro in fondo.
Ma poi basta un sorso che subito si avverte
tutta la somiglianza che passa tra noi
e il quasi dolore dell’acqua
ogni volta che abbiamo voluto stringere invano
il non ancora che siamo anche qui
in casa come adesso,
ora che in controluce vedo il nostro volto sul vetro
la fronte col vapore che s’alza
come uno sciame di lucciole dentro il buio che avanza.

Insomma, posso dire che l’incontro con Legni, oltre che a farmi ritrovare al suo interno  alcuni valori nei quali personalmente sento di identificarmi, mi ha condotto ad incontrare un poeta che ho apprezzato per la discorsività del suo linguaggio, sempre piano, mai astruso ma neppure troppo semplicistico, con la capacità di strutturare il verso servendosi dell’uso accorto ed elegante degli enjambements , e per la sua abilità di rimandare sempre il lettore ad una visione dell’esistenza che trascende l’immediatezza e si trasforma in etica vissuta sulla propria pelle.

legni_cover

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