L’infinito nulla, di Claudia Zironi

L’infinito nulla, di Claudia Zironi.

    

    

Claudia Zironi in una foto di Alexandra Mitakidis
Claudia Zironi in una foto di Alexandra Mitakidis

Claudia Zironi, bolognese, opera dal 2012 nel mondo della diffusione culturale con la fanzine Versante Ripido (www.versanteripido.it) dedicata alla poesia della quale è uno dei fondatori.Nel 2017 Versante ripido si è costituita in associazione culturale e Claudia Zironi ne è Presidente. Versante ripido dal 2018 è anche rivista cartacea con l’editore Terra d’ulivi di Lecce e la direzione di Stefano Iori.
Zironi collabora con altre realtà associative rivolte alla cultura, all’arte e al sociale. Ha fatto e fa parte di giurie di premi di poesia a rilevanza nazionale.
E’ alla quarta pubblicazione poetica  in Italia: la prima è del 2012 con Marco Saya Ed.: “Il tempo dell’esistenza” e la seconda del 2014 con Terra d’ulivi ed.: “Eros e polis”, uscita nel 2016 anche in USA con Xenos Books / Chelsea Ed. in traduzione di Emanuel Di Pasquale. La terza, uscita nel 2016 con Marco Saya Ed., è titolata “Fantasmi, spettri, schermi, avatar e altri sogni”. Nel 2018 ha corealizzato e coprodotto in KDP con la poetessa Silvia Secco e con la pittrice Martina Dalla Stella (collana Edizionifolli) il libro d’arte e poesia “Ursprungliches Leben – poesia e pittura in dialogo”.
Altre notizie si possono trovare nel sito claudiazironi@wordpress.com.

    

    

     

L’infinito nulla

Io, viaggiatrice del nord, provengo dall’epoca in cui dovevi provare, sentirti che ti fosse dovuto riuscire, l’epoca del “nulla è impossibile”, del “if you want you can”, il tempo scandito dall’attesa del futuro, quando non si producevano più racconti mitici, le manifestazioni si facevano per imitazione, i contratti di lavoro erano fredde fotocopie, il misticismo sapeva di caramella al mou, le spalline sovrastavano ogni confine. Ora, nell’epoca dei guardoni delle vite altrui, che ci provi solo per avere agio di farti trascinare poi dalla corrente, che il motto è: “se proprio vuoi, provaci… ma non illuderti di riuscirci”, che vai avanti per conoscenze e botte di culo dopo esserti creato competenze esagerate e mai adeguate, che il tempo si è appiattito in un demoscopico capitalistico presente, senza braccia, senza intelletto, senza uno straccio da tirare al vento: io (io!) risulto asincrona, con il corpo nel passato e la mente nel futuro, una specie di viaggiatrice del nord del mondo, un peso estraneo che perturba l’ambiente fisico con una sorpassata concezione dell’entropia crescente. E allora, cosa resta allora? cosa ti resta se non dirti – all’infinito – “poeta”.

*

alcuni, certi, si erano messi nelle mani
aperti a cogliere respiri. alcuni piansero
altri se ne andarono per la lunga strada
loro che risplendette, all’improvviso.

*

Giunte sulla vetta preferimmo
non scandalizzare troppo i picchi
ci limitammo a denudarci e urlare
mentre il freddo deturpava
guance e seni
altrove la ruggine colava tu
stavi morendo
Dio! Siamo Bellissime

*

Visitammo la Finlandia io e te
in sogno, lo ricordi?
I fiori colore del ghiaccio e il calore
sotto le piume. Andammo per sentieri bianchi
alle scogliere e trovammo i nostri, spersi
impauriti, immemori. Trovammo
anche le mani, strette
forti
inoperose.
Sul precipizio.

*

Prigioniere di Stoccolma trovammo
una traccia di buio schiudimi
gli occhi scaldami
le mani di sapere mai
ci saluteremo due volte
sulla stessa neve

*

Mentre cercavamo il cammino per Santiago
piovve acqua e tu mi prendesti la mano.
Ci appostammo
sul lato alto del rettangolo, bianco
come la carta su cui era tracciato
attendemmo che l’acqua si facesse vento.
Godemmo
così bagnati
della vista dei nostri corpi
a valle. Scoprimmo di avere ancora la lingua e
di poterci parlare. Non riprendemmo il viaggio.

*

“Cos’è una sfera?
se non un ripetersi infinito di cerchi.
E più si tende all’infinito più lo spessore
che  delimita ogni circonferenza
tende al nome stesso della sua propria forma.”
Mentre così discutevamo
di quell’universo inesploso che stavamo osservando
iniziò la pioggia di mezzanotte
come ogni giorno, da quando era nato il mondo.
Ci riparammo dunque sotto il colonnato nel chiostro e
attendemmo, come sempre, il boato.

*

Non lo sentivate nell’istinto?
Vivere il penultimo
come primo
quando l’ultimo giorno
sia un bene
di largo consumo

*

ricordando ciò che scrivevamo tre anni fa
oggi possiamo dire ancora
una materia non è meno nobile di altra
aggiungendo farraginosamente
lo è di più
e oggi possiamo chiedere
con nuova consapevolezza
girando le spalle al campo di battaglia
tracciando graffiti su nuove pareti
amato mio
non mi salvare dalla cenere.

*

       

Yōshū  (Hashimoto) Chikanobu, Castello Chiyoda, Album delle donne, 1895, MET Museum New York
Yōshū (Hashimoto) Chikanobu, Castello Chiyoda, Album delle donne, 1895, MET Museum New York

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