L’ironia è una cosa seria, rubrica di Natalia Bondarenko: Mary Barbara Tolusso.
BENVENUTI! (Se vi va, naturalmente). Benvenuti nella rubrica che parla di cose serie: parla d’ironia. Perciò, benvenuti nell’ironia. Entrate dentro senza diffidenza e senza pregiudizi. Sorseggiate la leggerezza utile a nascondere (magari, per pudore) la profondità della vita, usate la vostra immaginazione e cercate di non prendervi troppo sul serio perché in questo spazio c’è posto per qualsiasi espressione ironica e anche quella, ancor più rara, autoironica: esagerata, colta, improvvisa, spumeggiante o docile e lirica. Niente satira però. Quest’ultima avrebbe bisogno di una rubrica a parte.
Benvenuti nello spazio dove non troverete mai le poesie di Sanguineti, Szymborska o Bukowski. «Vabbè», direte voi, «non sarebbe mica male?» Ma di loro è già stato detto/scritto tutto e anche di più. Infatti, non c’è niente di nuovo, nessuna novità sconvolgente, nessun miracolo letterario, niente di codificato come 2.0, perché la poesia ironica esiste da sempre. Ma c’è una percentuale minima di poeti che la scrivono. Perciò, benvenuti nello spazio di pochi, scelti… e viventi!
(Come vedete, la battuta vale non solo per i pittori…)
L’ospite di questo mese è Mary Barbara Tolusso.
È nata a Pordenone, ma vive tra Milano e Trieste svolgendo la professione di giornalista.
Ha pubblicato i volumi di poesia Cattive Maniere (Campanotto, 2000), L’inverso ritrovato (Lietocolle, 2003, Premio Pasolini 2004), Il freddo e il crudele (Stampa, 2012, selezionato al Premio Camaiore 2012).
Indicata molte volte come la “bad girl” della poesia del Nordest, Mary Barbara Tolusso nei suoi versi è essenziale, poco retorica, ed ha una scrittura potente e unica. La sua è una poesia con una fisionomia ben definita: è fresca ma sempre pronta alla polemica, usa lo strumento della franchezza dissacrante, dell’ironia e dell’autoironia, della satira e della parodia, e non disdegna di giocare sui luoghi comuni e sui comportamenti scontati. In breve, riesce puntualmente a smuovere il lettore. E, certamente, scrivere di Mary Barbara è un compito (un po’) ingrato ma affascinante perché la moltitudine dei temi che tocca – la “femmina” e il “maschio”, la nostalgia e la malinconia, la società con tutte le sue “cianfrusaglie”, e, pure, il dolore – portano a pensare che ognuno di essi meriterebbe una rubrica a parte.
Perciò, senza stancarvi troppo, vorrei proporvi alcune righe scritte direttamente dalla poetessa, che indubbiamente dicono di lei molte più cose di quante ne avrei potute dire io:
«La poesia si legittima per la sua inutilità. È un luogo di libertà in grado di ospitare ogni sguardo sul mondo. Il mio sguardo, i miei sguardi, tendono a uno stato di provocazione nei confronti delle cose, che ci aggrediscono continuamente. Le cose vanno prese alle spalle, dobbiamo aggredirle a nostra volta. Il mio percorso si serve del linguaggio comune, che spesso offre una sorta di bilico tra basso e alto, che consente a un’immagine di presentarsi nella sua immediatezza – talvolta anche volgare – per poi distorcersi e persino elevarsi…».
Devo dire che la leggo spesso. Per me è come prendere ogni volta una boccata d’aria pura, è come fare un’iniezione salvavita, fornita com’è di un sarcasmo utile e di un’ironia intellettualizzata, ma con un taglio particolare e veloce avvolto da una certa dolcezza di fondo molto vicina al lirismo saggio della Szymbrowska. NB
*
Poesie di Mary Barbara Tolusso
Esame di coscienza
Molte cose sono davvero stupide.
Per esempio quando ti incontro per caso
sentire le palpitazioni come fosse la prima
volta e anche baciare i tuoi pullover, dopo
tutti questi anni, non è una cosa proprio
seria.
Sarebbe molto più semplice
non averti mai incontrato, quindi cambio
prospettiva e ti osservo dal bordo
del desiderio e dal bavero del disappunto,
ma la situazione non cambia.
C’è da chiedersi, in una situazione come
questa, che senso abbia scrivere poesie.
***
Mia madre si arrabbia per come scrivo
e ogni volta che legge qualcosa
rimpiange il mio primo libro.
Poi continua che le ho sempre procurato problemi
e che dovrei cercare marito.
Io ci ho provato, le rispondo, a cercare marito.
Allora attacca che deve essere per quel linguaggio
orribile che uso e non solo nelle poesie.
Le spiego che agli uomini piace quel linguaggio orribile
e anche a me.
Mia madre è una donna pratica e questa è una grande qualità.
Sei uscita con decine di uomini, ripete, mai nessuno
che andasse bene, eppure ho cercato
di educarti al meglio.
Non è colpa sua,
sono uscita con decine di uomini
e sono stata educata al meglio.
Secondo me, insiste, è perché scrivi poesie.
Agli uomini non piacciono le persone che scrivono poesie.
Ricapitolando, mia madre pensa che non trovo marito
perché scrivo poesie.
Non è una cosa seria, ripete, scrivere poesie.
Hai ragione, rispondo, e neppure leggerle.
***
Passo di stanza in stanza
chiedendomi dove sono finiti
gli slip dell’anno scorso.
Mangio uno yogurt mentre alla radio
danno l’ouverture di Bach.
Tutti sappiamo più di quello che fingiamo di sapere
e vorremo vivere a Malibu con il culo al caldo.
Per ora ascolto un’orchestra sinfonica
che è più di quanto si possa sperare,
intanto gli slip non si trovano.
Nel giardino di fronte
la famiglia cuore
cerca i pezzi della piscina smontabile
e accende il barbecue per riempire il cielo di maiale arrosto.
Anche loro non trovano qualcosa ma hanno
tutte le mutande al loro posto.
È un quadro orribile
ma è una storia bellissima.
(da L’inverso ritrovato, Lietocolle 2003)
***
La mia è un’antica schiatta.
Nei tempi passati i Tolusso furono
Guerrieri, cardinali e poi,
passate le ansie di guerra e di dio,
hanno imparato a commerciare
in altro modo la morte.
Oggi vendono bare ungheresi
e americane.
È un vero peccato non avere
A disposizione un XII secolo.
(da Il freddo e il crudele, Stampa 2009)
La Tolusso è tutto fuorché ironica. La sua poesia in un primo momento smuove, incuriosisce, perché ha senso ed è molto meno asfittica di altri in Italia. Poi ti accorgi che ce l’ha solo lei.