L’orco lo avrà pure un maledetto nome.
Poesie di SILVIA SECCO
Le poesie di Silvia Secco qui proposte sono tratte dai libri L’equilibrio della foglia in caduta (CFR, 2014), Amarene (Edizionifolli, 2018), I morti di tutte le specie (Seri Editore, Macerata, 2021).
L’abito bianco
Non ha la mia età abito bianco
gigli di campo per la chiesa
la spesa del Sabato, attesa
del domani. (Mi tieni le mani tu?
Sono nude. Bucate. Vuote.)
Non ha figli la mia età, non ha
pareti né porte. Qualcuno
è entrato nella notte. L’oro
era nello scrigno. L’han portato via:
l’oro, il lavoro, sogno, fede.
In balia della frode non ha
scuse la mia età: sonnecchiava.
Al festare astuto dei giostrai
s’è distratta. Non gener’azione ormai,
genera soste. Soprassiede.
Ha riempito i fogli di neve.
Quaderni e quaderni di niente.
Li disferà il solleone o il viavai
dei coetanei. (Al mattino il vuoto in bocca.)
L’età nella bolla. L’inutilità.
*
Dovunque s’è gridata devozione
a voce stridula e braccia levate
di splendide bambole rotte, usate
fino al cavo. E no che non sapevamo
d’essere involucro vuoto: niente
cuore né carne né spina. Sedute
ci mantenevamo dritte – al segno
del comando cantavamo tutte
le sue canzoni –
*
Non hanno ragione le cose che accadono,
nel grigio dei nidi lasciati prendono forma le pietre.
Chiunque abbia poco da dire dichiara
il bianco, il nero, tutte le sentenze. Io,
nemmeno te trattengo.
Il fiato, nemmeno.
*
Dove si cela l’inverno vero, ti domanderei
da questa mia miseria materiale, se te ne importasse,
se mai ti fossi chiesta la realtà, la rappresentazione.
Dove si cela la ricchezza – dove si cela per dio –
verrei a chiederti a un centimetro dal viso
con ogni fiato del mio mantice
che non ha niente che tu possa immaginare, poiché forma le nuvole:
minimalia d’altitudine, idioma che ti è precluso.
*
Questo che grido, la foga che grido dei fiumi,
bestie selvatiche e artigli, e rovine di ghiaie
nelle frane disastrose. È questo che io
grido e grido, il frastuono e dopo la strage
gli aghi di grandine, e balcaniche raffiche mai,
mai più io grido sia servo il corpo del padre
morente – le braccia tese – mai più questo corpo
del figlio sottratto, le sue braccia disperatamente
guarda: a sera così presto si fa scuro, la mattina
tanto disperatamente la luna
cala.
*
Prendilo il bambino, nominagli l’orco, diglielo
una volta piano quando è sveglio, dieci volte mentre gioca, cento volte
quando sogna il suo giardino. Chiamalo il bambino coi nomini,
l’orco digli, l’orco. Diglielo che se ricorda – se ricorda bene –
l’orco gli diventa vero: c’è da riconoscerne la voce. Diglielo,
nel foglio lui lo ha disegnato l’orco, chiedigli cosa faceva,
cosa faceva l’orco, inizia tu la frase l’orco cosa ti faceva, questo e questo?
Dì di sì col capo e chiamalo il bambino col diminutivo, e dopo ridi.
Insisti: l’orco, l’orco, l’orco. L’orco lo avrà pure
un maledetto nome.
*
Silvia Secco (Sandrigo, VI, 1978), vive a Bologna da molto tempo. Scrive come pensa, prega e parla, in italiano o in dialetto, o nell’insieme degli idiomi. Ha pubblicato L’equilibrio della foglia in caduta (CFR edizioni) nel 2014, Canti di Cicale (Samuele editore, 2016), Amarene (edizione indipendente Edizionifolli, 2018) I morti di tutte le specie (Seri editore, 2021), grazie al premio Poesia di Strada nel quale ha vinto, nel 2019, la sezione “giuria popolare”, e che ha ottenuto il secondo posto al Premio per la poesia edita Bologna in lettere. Realizza le Edizionifolli, piccole edizioni artigianali in prevalenza poetiche. Il suo maggiore impegno nei riguardi della poesia è nel tentativo ad esserne veicolo al pubblico, per questo le sue letture sono tentativi di recitato e di “canto” per i quali, prima o poi, spera di essere adeguata.