Madri, editoriale di Vittoria Ravagli

Madri, editoriale di Vittoria Ravagli.

     

    

Subito mi appare il viso di mia madre e scorrono veloci momenti  della sua, della mia vita. il faticoso crescere di figlia ribelle, i suoi riti che ancora mi avvolgono, quelle preghiere così poco sacre e per me bambina attraenti per i fuori e dentro dalle chiese, per il bisbiglio dei rosari (noi bambini in ginocchio nel mese di maggio), per  i santini delle tante madonne girati tra le mani ed i nostri “…pro nobis” accennati come una litania segreta…E la sera, sul lettone, le giaculatorie inventate forse da lei: “Gesù, mi metto nelle tue mani, prendimi tu, tienimi stretto sino a domani”…
La mamma,  precisa, instancabile, perfetta direi, che  mi coinvolgeva per preparare la casa ed i cibi  quando erano invitati gli amici storicidi mio padre. Come un rito fatto di odori e di sapori, di tovaglie romagnole con i disegni color ruggine, di olio che scende a gocce per fare una splendida maionese,  di ragù buono, di passatelli con  quel punto di limone… Odori e sapori di Romagna, la terra amata di mio padre.
Mia madre,  quasi una figlia, di quindici anni più giovane di  suo marito.
Insegnava lettere alle medie la mamma – anche mio padre – ed era amatissima dai suoi scolari. Di questo andava fiera.          Ogni fine settimana scriveva il resoconto sino all’ultima lira delle spese  di  casa, poi lo consegnava a papà.  Così era allora per le donne, anche quelle piùemancipateo almeno questo io avevo capito  e già ne soffrivo.
Mia madre  considerava spesso i miei vestiti di giovane donna osé e temeva per me, troppo libera, insofferente ad ogni regola, se non condivisa; ero  in una casa che mi stava stretta a volte, ma a cui ripenso con molto amore. A me, già donna,  la mamma faceva  come di solito si fa con i bambini, mi aggiustava  il lenzuolo intorno alle spalle,  perché dormissi serena, quando l’andavo a trovare  in giorni difficili e mi fermavo a riposare un po’ da lei …
Mia madre di sangue ha creato un calco, uno stampo, in cui ho messo cose e persone, affetti, ma il fondo è lei e  sua madre, la nonna nata in campagna  e l’amore per la terra. Lei è la mia costanza, la concretezza.
Mi ha ispirato la necessità di rifiutare la sottomissione. Di vedere nella terra, nel  cielo e intorno a noi spiritualità e spiriti.

Ma quando dico madre penso anche ad altre  donne che ho incontrato o che ho studiato, che  ho sentito madri, donne che mi hanno trasmesso o mi danno dei segni, degli insegnamenti, dei riferimenti importanti come quelli che ci si aspetta dalle madri. Donne che hanno creato cose, che le hanno scritte, dette e  vissute, madri non perché hanno generato figli, ma perché hanno creato tracce profonde  per altre. Non madri di sangue.
Negli anni  della mia maturità, ho messo in fila, in un mio ideale luogo, le immagini ed  i libri, le parole e gli scritti,  di alcune donne. Ho osservato le loro vite, le ho ascoltate. Loro hanno svolto ed ancora svolgono  un  ruolo importante: attraverso di loro ho fatto ordine in me. Riesco a  ritornare alla  realtà quando  mi sta sfuggendo,  a  ritrovare la direzione giusta.
Penso a Joyce Lussu; lei mi ha fatto capire che alcuni aspetti di me, spesso punti critici nei confronti del mondo intorno, li debbo valorizzare. Che la  costanza con cui  porto avanti le mie  idee libere è un valore anche se dà fastidio a molte/i. Che di questo non mi debbo curare. Dire con chiarezza, non  sfuggire alla necessità di prendere posizione, può essere impopolare ma spesso necessario. La limpidezza delle parole, la coerenza nei fatti. Lei sempre mi  dice di non avere paura delle idee, dei principi, di mantenere la memoria. E questa è la sua lezione di madre, insostituibile.
Poi  Ambar Past, la donna  dalla vita avventurosa, poeta, creativa, organizzatrice infaticabile; sono stata con lei  per parecchi giorni in Chiapas, condividendone la vita:  lei come madre mi ha insegnato che il nostro posto qui ci porta a fare bene la nostra piccola parte, senza guardarci troppo intorno e puntando alla nostra meta, che via via  sapremo riconoscere: di farlo “piano piano” giorno per giorno, con assiduità e senza cercare riconoscimenti ed onori. Mi ha detto di lasciare che le persone si allontanino e ritornino a me solo e  se e quando sentiranno la mia mancanza. Il tempo maya mi  è entrato dentro  con dolcezza  ed ha trovato posto in questo lago calmo  che ho dentro, dove ogni cosa si colloca prima o poi con armonia.
E Maria Lai… così minuta e apparentemente fragile, ma così forte, universale, dalla poesia e dal fare speciali. Le sue grandi composizioni artistiche, le sculture, i suoi libri preziosi, i suoi nastri e i suoi fili pieni di significati, lei, la piccola donna, ha traghettato me, ora vecchia-bambina, nel ciclo finale della vita. La sua poetica è un canto, tutto di lei mi insegna. E alla sua tenerezza, grazie ad un’amica carissima, si è aggiunta in quest’anno quella di Chiandra Livia Candiani, un’altra bambina vecchia,  immagine vivente della poesia.

Quando arriva la notte
mi vesto di una lunga tunica di lana viola,
grezza. 

Era di una madre che non c’è più,
di una donna che per anni mi ha fatto da madre,
silenziosa, addolorata, comprensiva,
madre di un figlio che avevo amato,
padre di mio figlio.

Mi ci addormento in quella tunica e ritrovo le madri,
mi ci rannicchio come se fossi  dentro un utero ospitale
da cui poter rinascere,
senza dolore.

 

      

opera di Paolo Figar

 

3 thoughts on “Madri, editoriale di Vittoria Ravagli”

  1. Grazie , Vittoria Ravagli , per quanto ci trasmetti con la tua scrittura e le tue ricerche . Sei una Grande Madre

  2. Ho letto con emozione questo articolo,rivivendo la mia splendida professoressa-mamma ( perchè anche a scuola era una mamma) che sempre porto nel cuore,nonostante i tanti anni. Ci ha insegnato tante cose, ma soprattutto la sensibilità, l’ amore. Lei così simile alla mia in tante cose, tu così simile a me nell’insofferenza e nella ribellione che descrivi. E’ stato un grande dono avere Lei come insegnante e te come amica.

  3. “Ma quando dico madre penso anche ad altre donne che ho incontrato o che ho studiato, che ho sentito madri, donne che mi hanno trasmesso o mi danno dei segni, degli insegnamenti, dei riferimenti importanti come quelli che ci si aspetta dalle madri. Donne che hanno creato cose, che le hanno scritte, dette e vissute, madri non perché hanno generato figli, ma perché hanno creato tracce profonde per altre. Non madri di sangue”.

    Mi è piaciuto l’articolo e specialmente questo paragrafo. Poter attingere anche ad altre fonti il senso dell’essere donna che trasmette valori, umanità e spiritualità, così da arricchire il nostro bagaglio, allargando i propri confini.
    Grazie.
    Un saluto.
    Rosanna Spina

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