Avant-garde! Giorgio Manganelli: retrospettiva a cura di Giovanni Campi. Puntata 3.
tutto il nulla, o parte d’esso
Inaugurando questo spazio come adibito al nulla, e dando ad esso cominciamento, nonostante il Manga stesso ci dica “Non ho piú voglia di cominciare. È impossibile. Non c’è niente da dire, niente” (18), quasi per ciò d’un lato a principiare là dove si era finito, – il niente da dire, – e dall’altro a comprovare l’impossibilità ad andare oltre: “Finora non abbiamo cominciato? Che cosa ci impedisce di cominciare? […] Ma se andasse oltre il cominciamento, […] non si potrebbe cominciare, non si potrà mai piú. […] Tutto ciò che comincia, e comincia tutto, nello stesso istante finisce, è finito” (19), ci si ritrova insomma persi a cominciare e nello stesso tempo finire, stando all’interno del nulla non avendo per altro niente da dire, ma ecco che proprio “quando non si ha piú niente da dire, viene il momento vero del dire; quando gli argomenti sono finiti, l’unico argomentare principia; […] colui che non ha piú niente da dire è loquace, esatto, pertinente. È inconfutabile. Dunque, è ragionevole supporre che io abbia qualcosa da dire. Ahimè.” (20) E a conferma e negazione dell’ultima frase “potrei dire, e di fatti dico, sottoscrivo e confermo, che ora io non ho niente da dire, [ma] il fatto che io non abbia niente da dire, significa solo che io parlerò del niente – non già del nulla – come argomento di conversazione letteraria.” (21)
Noi invece, stante questa distinzione tra niente e nulla, cercheremo di finitamente intrattenerci con il nulla anziché non con il niente. Ora, è forse vero che nei testi manganelliani, come ci avverte Alfredo Giuliani, “il Grande Nulla è nichilsimile, ossia privo del pregio mistificatorio che avrebbe un Nulla filosofico, leopardiano, un nulla preso sul serio“ (22), quello di, per intenderci,
(23), sebbene a tratti non manchi, lo stesso Manganelli, di rinsolidificarsi attorno all’orrore e all’angoscia di cosiffatto nulla a sua volta solidificantesi, quando per esempio rivolgendosi ad un ipotetico tu gli dice: “e tenti, […] tenti di dare a tanto nulla, per congegno di quantità appunto, una sua consistenza, un solido esistere, un essere qui, cosí che alla fine possa appunto il nulla, questo nulla che per altro non senza orrore non puoi non riconoscere come musicante, questo nulla dico possa esserti didascalico all’essere” (24); ma, sia vera o meno l’affermazione di Giuliani, sapendo purtuttavia che negli spazî letterarî istituiti dal Manguru “la verità non ha alcun privilegio sul falso“, è evidente che si sia come dentro “un progetto ipotetico, di sempre piú difficile lettura, e in regressione verso il nulla” (25).
Per cui, quasi riprendendo queste ultime parole, “tutto è falso; […] ma […] è un progetto; forse un progetto posteriore” (26), a presentare, poco oltre, questo nulla nato da quel progetto, è in pompa magna il Manga:
“Signori! ci vollero miliardi di anni per fare il mondo, ma chi misurerà l’abisso del tempo, immisurabile in quelle circostanze, che fu necessario adoperare per costruire, pezzo a pezzo, il nulla?” (27).
“Non osiamo invitare, ci basta dire: entrate nel nulla, questa è la vostra casa; lo spazio è tale – il nulla è tale – che potrete sostare in questa casa senza mai sapere di altri frequentatori” (28).
“Signori, questo è il nulla: spazioso, accogliente, disponibile, espansivo e retrattile, può trovare degna sede per il tutto, il doppio, il triplo del tutto; in questa casa abbiamo raccolto una parte – notate l’ironia – una parte del nulla; non dubitate, vien cambiata ogni giorno, il nulla, qui da noi, non è mai stantío” (29).
Ci sono dunque parti e parti del e dal nulla, sia esso risibile come in questi ultimi esempî, sia esso serio, come nella poesia del 23 gennajo 1961, con un invito a “con l’unghia scriv[ere] sul tuo nulla“, che è per ciò quasi un manifesto di scrittura, incipitando, tra l’altro, con un “scrivi, scrivi” e terminando con un “a capo“, a volere testimoniare l’anfibologia d’ogni fine e fine
È da dire come Manganelli abbia sempre presente la lectio leopardiana, anche laddove pare voglia farne una parodia, o semplicemente laddove pare seguirne il dettato come appunto in questa stessa poesia, che parla di sofferenza e dolore, pazzia e allucinazioni, morte e inferno, di nulla e nulla, temi appunto cari al suo caro Leopardi. Rileggendo, a proposito e a contrasto, una lettera di questi al Giordani datata 6 marzo 1820
(31), in cui vengono citati e sviluppati alcuni di quei temi, il Manga, immaginato a rileggere insieme a noi, certo non dimentica l’assunto che tutto è nulla, ma sostiene che, nonostante ciò, esso nulla vada usato, ed insieme ad esso il dolore, adoperati, sebbene meri inganni, sebbene la nullità delle cose tutte, adoperati appunto come cose, addirittura come utensili; e cosí la pazzia e le allucinazioni di una mente malata, egli invita, esorta ad usarle, proprio in ragione della consapevolezza sí d’esser giustamente chiamati pazzi, dacché l’ipotesi – se sei pazzo – è d’emblée detta come certamente sei, ma anche che questa propria pazzia sia appunto ragionevole,
ossimoro che è una delle da lui amate figure retoriche, se non la piú amata, e con la quale cercherà non di conciliare gli opposti, né di risolverli, ma di dirli, di scriverli. Tra l’altro, proprio questo ossimoro – follia ragionevole – tratto dai suoi Appunti critici e in particolare dal seguente del 6 gennaio 1953: “il barocco è il sistema dei contrasti, ma non risolti; senza dialettica: è proprio il coesistere del sí e del no, una ‘follia ragionevole’; non può dunque tendere ad una soluzione, e gli è estraneo l’ottimismo romantico; ma neppure è pessimista: è piuttosto tragico, e vitale: troppo attento alla robustezza dei suoi contrasti, per accordarsi tregua. In un certo senso, non sceglie: o sceglie l’assurdo, il contraddittorio” (32), assurdo e contraddittorio che gli fa affermare nell’appunto immediatamente posteriore che il “nulla è reale”, proprio questo ossimoro, si diceva, e il frammento che lo contiene, è stato preso ad emblema per il convegno a lui dedicato in quel di Pavia tanto da essere riportato in copertina nel volume stampato per l’occasione: Per Giorgio Manganelli. Pavia, 28 maggio 1992, a cura di Angelo Stella, Varzi, Corrado e Luigi Guardamagna editori per l’Università degli Studi di Pavia, Centro di Ricerca sulla Tradizione manoscritta di Autori moderni e contemporanei.
Prendendo infine alla lettera l’esortazione contenuta nell’ultima strofa della suvvista e suddetta poesia ad usare l’inferno totale, aperto per la bisogna, e a caso, Dall’inferno suo: “Dunque questa è la reggia definitiva. E dunque qui sarà chiarito dove mai io morendo sia disceso o emerso. […] In ogni modo tu sei una estensione del nulla. […] sii nero abisso in nero abisso: sei nulla, o astensione del nulla. Avrai altre metamorfosi”(33), e tralasciando di soffermarci sia sulla reggia definitiva laddove catalevitare in nero abisso ingiusinsuso, sia sull’uso del possibile refuso tra estensione e astensione, refuso che, si sa, secondo il suo stesso dettato, non va mai corretto, ed anzi, ci abbandoniamo per ciò ad una ennesima trasformazione: “Essere il nulla: ecco una espressione retorica, senza senso. E tuttavia non saprei dire meglio. Cessai di essere il nulla e mi precipitai ad essere le tenebre” (34).
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(18) Il gioco, tratto dal vol. La notte pg 61 dell’ed. Adelphi 1996
(19) Il presepio, pg.56 dell’ed. Adelphi 1992
(20) Discorso dell’ombra e dello stemma, pg 86 dell’ed. Rizzoli 1982
(21) Discorso dell’ombra e dello stemma, pg 135 dell’ed. Rizzoli 1982
(22) Alfredo Giuliani, Giorgio Manganelli teologo burlone, articolo de la Repubblica 17-12-1997
(23) Giacomo Leopardi, Zibaldone, 85
(24) Rumori o voci, pg 72 dell’ed. Rizzoli 1987
(25) Sconclusione, pg 125 dell’ed. Rizzoli 1976
(26) Discorso dell’ombra e dello stemma, pg 152 dell’ed. Rizzoli 1982
(27) Discorso dell’ombra e dello stemma, pg 153 dell’ed. Rizzoli 1982
(28) Ivi
(29) Ivi
(30) Scrivi, scrivi in Poesie pg 184-185 dell’ed. Crocetti 2006
(31) Giacomo Leopardi, Lettere pg 103 dell’ed. Classici Ricciardi Einaudi Tomo Primo 1977
(32) Appunti critici, 1948-1956, parzialmente editi in Riga 25, Marcos y Marcos, pg 79-80
(33) Dall’inferno, pg 94 dell’ed. Rizzoli 1985
(34) Il gioco, tratto dal vol. La notte pg 61 dell’ed. Adelphi 1996

la prima puntata, qui: http://www.versanteripido.it/manganelli-giovanni-campi-1/
la seconda, qui: http://www.versanteripido.it/gmanganelli-giovanni-campi-2/