Milano è un vestito blu, di Paolo Polvani.
Milano è un vestito blu
Milano è un vestito blu e la primavera
ti rovina tra i piedi.
Anche stavolta dio non è venuto, Sonia,
ma tu non lo sapevi
che perde il treno, manca gli appuntamenti
spesso ha un’aria smarrita e sta nei bar
senza risolversi.
Che idea cercarlo nella metropolitana.
Ti guardi le mani e tra le dita
non brillano formiche.
Dio potrebbe essere una melagrana, ma c’è
troppo rumore e si spaventa.
Ma forse ce l’avevi addosso, Sonia,
era quel blu, era Milano, era la primavera,
era il rimpianto
che pestava i piedi.
***
Se tu
Se tu avessi le ali di una gatta, uno sciame
di baci t’inseguirebbe sul più alto campanile
perché la fame ha bisogno d’innumerevoli tramonti
e il mio amore è una cesta di noci, una pioggia incessante
se tu fotografassi il silenzio di una città, le finestre
spalancate, in alto, come sguardi vuoti, e i rami che afferrano
il niente, per un istante avremmo gli stessi occhi,
avremmo la misura dell’ incolmabile distanza
se tu scrivessi poesie sui tetti azzurri, suggerissi
ai gerani, se il tuo sesso fosse una tempesta
e un tormento, se la tua primavera contasse fino a dieci,
se tu fossi una ballerina di flamenco, ascolteremmo l’acqua che geme
sopra i tetti, se tu fossi una santa con la bocca di neve,
attenderesti in ginocchio orgasmi luminosi profumati di pioggia,
di paradiso, dei limpidi sussurri del bosco quando è ostaggio del vento
ma se tu avessi una voce radiosa, la terrei qui in tasca, la stringerei
se piove, di notte la terrei sotto il cuscino, le farei le feste,
l’amerei di più la tua voce radiosa
***
Caramelle
Verrò in via delle vigne quattordici a passarti
l’ultima delle mie caramelle, è lì che abita
in forma di zucchero l’orto di tua madre
e si gonfiano di rosso i pomodori nel cerchio
delle alpi e l’insalata
ha il suono familiare di una porta che sbatte.
Gli autunni vengono con passo leggero e io
mi arrampicherò sul tuo accento di montagna,
sulle gutturali che sono rocce aspre, su certe
consonanti che imitano il tumultuoso gorgoglio
dei torrenti. Le tue mani forse mi cercavano,
tentavano un approdo, ma tu lo sai
che il nostro sole è la solitudine
e la promessa di non vederci più
è già nei nostri passi.
L’ho visto il gatto, e quella lunga scia di tristezza.
Ho visto la fabbrica e la fretta dei viaggi.
Le mani si cercavano e ridevi di un riso
notturno e c’era la pioggia e il buio
e il momento era perfetto per perdersi,
per scivolare via come un addio.
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Poesie tratte da “Una fame chiara” di Paolo Polvani, Terra d’ulivi ed. 2014.

Pioggia, sole e alberi. Caramelle, frutta e verdura. Gatti e formiche. Mi piace questo modo di parlar d’amore, lo rende luminoso, scrosciante, gustoso, colorato, appetitoso, simpatico e sornione… leggero… tanto che sembra pure meno doloroso sapere che è già finito. Complimenti Paolo.
grazie mille Monica!
ma tu lo sai
che il nostro sole è la solitudine
e la promessa di non vederci più
è già nei nostri passi.
ho stralciato questi versi ma tutti gli altri non sono meno belli.
sei sempre grande Paolo
grazie anche a Luigi, sempre generoso e gentile! 🙂