Mondo in versi: the poetry journalism, rubrica di Benny Nonasky

Mondo in versi: the poetry journalism, rubrica di Benny Nonasky.

   

   

La Storia umana è racchiudibile in pochi passaggi, brevi momenti o gesti di comando, “ciclica” come afferma Kundera, kafkiana, intrisa di dicotomie e disfunzioni biologiche, ricordi in lapide e feti in ostaggio di un peccato primordiale e perpetuato in un costante crescendo, dove “l’Assurdità regna e l’Amore perde” come scriveva Camus.

Questo è il mondo dei replay, dove tutto accade e, in vesti simili o diverse, si ripete; il posto dove “tutti gli uomini e le donne non sono che attori” (W. Shakespeare).

E sono/siamo personaggi di rilievo. Capaci di fare la cosa più orribile e più splendida nell’arco di una sola giornata.

Capaci di uccidere, seminare zizzanie, mietere odio e giustizia sommaria col machete e poi amare, difendere la sincerità dell’albero, piangere per una nascita, protestare per avere un po’ di dignità e rispetto.

C’è chi combatte per il bene e chi si adopera per il male.

Forse, oggi, la bilancia pende di più verso l’ombra e il caos. Sono/siamo coloro che sembrano far di tutto per autodistruggersi umiliando Madre Terra e i suoi valori, inquinando e lanciando bombe solo per virilità o per paura di rimanerci sotto.

Siria, Corea del Nord, Cina, India, Sudan, Nigeria: sono solo la punta dell’iceberg. L’Italia è al 61° posto nella graduatoria mondiale per libertà di stampa e d’espressione.

Non c’è nulla di cui essere fieri.

Ma “basta che esista un solo giusto perché il mondo meriti di essere stato creato”, recita il Talmud.

Questo è stato il mondo di Gandhi, di Che Guevara, di Martin Luther King, ed è il mondo di Ai Weiwei, di Aung San Suu Kyi, di Arundhati Roy, Gino Strada e altri migliaia di uomini e donne pronte a tutto per un sorriso.

In questo blog parlerò della Storia umana. Lo farò con il verbo della poesia, il linguaggio che più mi appartiene e più mi soddisfa. Sarà una poesia di fatti, surreale, ironica, drammatica. Come il mondo. Dove l’amore è il racconto dell’odio, di quello che non si vuol vedere, dove l’estetica e la parola sono impegno e denuncia.

   

Spio, dunque, l’animato e il dolente,

e il testimonio strano che sostengo,

con efficienza crudele e scritto con ceneri,

è la forma di oblio che preferisco,

il nome che do alla terra, il valore dei miei sogni,

la quantità interminabile che divido

con i miei occhi d’inverno, per ogni giorno di questo mondo.

  

(dalla poesia “Sonata e distruzioni”, Pablo Neruda)

Tramonto a Dhaka, di Andrew  Biraj
Tramonto a Dhaka, di Andrew Biraj

     

  

.Al tramonto.

di Benny Nonasky

    

Il cielo si colora

della terra che lo specchia.

Sangue rosso

che racconta

ogni traguardo

della storia

dell’uomo.

  

Ps.:E’ un percorso sgradevole per chi, come noi, crede nel diritto di artisti, intellettuali e semplici cittadini indignati di spingersi oltre il limite e prendersi dei rischi, riuscendo a volte a cambiare il nostro modo di vedere il mondo. L’unica cosa che possiamo fare è riaffermare l’importanza di questo tipo di coraggio […], firmando petizioni […] partecipando alle proteste. Dichiarando pubblicamente  la nostra posizione. Ogni piccolo fermento è importante.”*

(Salman Rushdie)

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