Nella mente di un fuochista, inediti di Francesco Paolo Intini con commenti di Luigi Paraboschi.
Francesco Paolo Intini (Noci,1954) vive a Bari. Coltiva sin da giovane l’ interesse per la letteratura accanto alla sua attività scientifica e di insegnamento universitario pubblico nel campo chimico. Negli anni recenti molte sue poesie sono apparse in rete su siti del settore o raccolte in piccole sillogi quali ad esempio “Inediti” (Words Social Forum, 2016) e “Natomale” (LetteralmenteBook, 2017). Un aspetto non secondario della sua attività è rappresentato dallo studio di personalità femminili come Sylvia Plath – di cui ha pubblicato due monografie (“Sylvia e le Api”. Words Social Forum 2016 e “Sylvia. Quei giorni di febbraio 1963. Piccolo viaggio nelle sue ultime dieci poesie”. Calliope free forum zone 2016) – oltre a una analisi testuale di “Storia di un impiegato” di Fabrizio De Andrè (“A proposito di Faber, Storia di un impiegato sessantottino o storia sempre attuale? Words Social Forum, 2017).
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“Declamare versi è importante
ottimo se di fronte c’è una motosega
che vuole fare ordine mozzando vite”
mi piace iniziare la lettura di questa breve silloge inedita stralciando questa terzina da una delle ventitre poesie che la compongono, perché credo che questo sia il biglietto di presentazione di un autore di non facile lettura e interpretazione, visto l’uso che egli fa di metafore non sempre agevoli per chi non appartiene alla sua corrente di pensiero e di formazione socio politica.
Perché è bene dire fin dall’inizio che di poesia sociale, o civile, o politica Intini parla con i suoi versi, ma è compito di chi vuole dare un giudizio ai suoi lavori cercare di “entrare“ al meglio dentro di essi e pertanto riprendo la parte finale della stessa poesia:
Talvolta c’è un uomo che nemmeno sai
Per quello è necessario scrivere…
Dunque sembra chiaro che si scrivono versi per gli sconosciuti con i quali si spera di condividere paure, sensazioni, umori e tristezze anche se queste ultime, intese come autocontemplazione dei propri dispiaceri sentimentali, appaiono di rado nella poesia di Intini, quasi sempre orientata verso un pragmatismo ideologicamente ben sostenuto.
Questa poetica è una sfida al lettore, un invito a interpretare le numerose metafore per trovarne il bandolo, come ad esempio nella prima poesia, quella che dà il titolo alla raccolta.
NELLA MENTE DI UN FUOCHISTA
Molte e strane cose accadono
nella mente di un fuochista:
l’epoca degli urti
uno dopo l’altro l’incedere dei clorati
e dove andranno le raganelle verderame.
Le scale non gli sfuggono dal rosso fino al viola
ma dosarli,
dosarli è come cogliere il “fiore augusto”
della bella nella notte
Competere col lampo non è facile:
il sogno che spalanca le persiane e dopo?
Il glicine s’accende all’improvviso
sui balconi coltivati a punto luce.
Ma è nel filo che conduce al colpo scuro la sapienza del silenzio
come fosse per aprir bocca
quando il cuore si spaura.
Intini è un autore che ha qualcosa da dimostrare al lettore, e lo racchiude in questi versi
Poesia è strumento di conoscenza
Un microscopio sull’anima -mia\tua-
Può soltanto immergersi
Non portarsi aldilà del limite
Quindi se la poesia è un microscopio che esamina l’anima, con essa l’autore mette a fuoco i vari malesseri, le contraddizioni, le disillusioni di chi ne scrive, ma pure di altri che leggono e che vivono una realtà analoga.
La città che percorro non sta sotto i piedi
come potrebbe la sua bocca spalancarsi
a rivoli di rabbia?
…
Si bestemmia da un portone all’altro
….
Anche le ortiche si sentono offese
dal respiro degli uomini
Il suo occhio è rivolto in modo critico alla realtà del mondo, come scrive più avanti
io vedo muffe sui marciapiedi
leggi che dissolvono il legno
e buchi nei cieli che non si saziano di nubi
col brutto non si scherza
eppure c’è chi dice bello
il cadavere di un cigno
Succede.
Algoritmi e rondini fanno la loro parte
così potente la voglia di caption
così adescante il narcisismo
Anche l’osservare il mondo della cultura non serve ad allargare le speranze del poeta, come sembra chiaro da questi versi nei quali egli si augura un nuovo Pasolini per cantare il malessere e l’amarezza di un mondo avvolto dalla cappa di anidride carbonica
C’è qualcuno che si chiami Pasolini in giro?
Venga, mi faccia presente se si è all’altezza dei tempi
E cosa sarebbe questa sarabanda di blattee voci
Questo urinare continuo nei canali della premialità
Il Sahara è giunto finalmente alla coscienza
Non più metafora, non più terrore
Ma solco secco nel greto morto
Lo riconosci?
Era uno gnù l’ultimo anno
-a cui spezzò la schiena un coccodrillo-
La forza viva della dialettica
Ha ceduto il passo a una cappa di CO2
Aborto d’uguaglianza universale
Che scioglie i poli e travolge Pier Paolo
Ancora una volta.
Ma il potere appartiene a persone chiuse nel proprio egoismo e prive del senso della storia:
anche il dominio è di gente
senza passato che non conosce l’erba
e disputa un pezzo di pane ai pettirossi
…
e riduce tutti a individui insensibili l’uno all’altro come possiamo leggere in questa dal titolo polemico “Red shift“, quasi a voler simboleggiare uno spostamento del sentire interiore:
Tempo che disgreghi gli affetti
qual è la tua legge?
S’attenua il desiderio di una voce
Dell’altro
che geme lontano
solo un punto rimane negli occhi
Ed intanto che il dolore rinforza
m’abitua il freddo al silenzio del tutto
Pure l’incontro di sabato mattina in un bar con la figlia alla quale lo scrivente è certamente legato da profonde affinità culturali che affiorano lungo tutto lo sviluppo dei versi – e quel “tu che vai sul fondo e poi ritorni“ lo dice in modo chiaro – lascia spazio nel finale a un profondo sconforto:
Siamo stati bene questo sabato. Parlare di versi
leggere Castro seduti al tavolo di un bar
io e te, tu che vai sul fondo e poi ritorni
come un cormorano
È questo sai? Al senso di donna
non sfugge la metafora di figlio
Parafrasi di muro,
scoglio che inesorabile divide padre e madre
ma tu sei altro. Stride davanti a me l’intuito di vita
Accanto e dentro
nel mare senza uscite
Ce la faremo vedrai
si nutrirà di padre questa volta
Arriva il cappuccino intanto
l’occhio di una nuvola si lascia lacrimare
luna senza meraviglia
se ne sta lontana poi sparisce
veloce come il cameriere nel portarci il conto
Non sa niente di un implume e della vita che rinasce
per un istante, maledetto istante
ma la parola definitiva attorno alla delusione politica è detta molto bene nei versi de
L’AMICO DADA
Non capivo.
Aveva l’occhio di De Chirico il basco di Guevara
Mi parlava di Duchamp, era critico nei confronti dei compagni
Proprio lui che m’iniziò a Marx
La dialettica è la molla della storia
Capitale, lavoro e Majakowskji.
Affiora sintetico il ricordo degli incontri giovanili con la politica e l’arte, come era chiaro a molti giovani in quel lontano ’68.
Non sapevo proprio niente del DaDa
Una sera che gli parlai di Gibbs
L’autore si scontra con le velleità artistiche dell’amico e gli oppone la figura di Gibbs, il fondatore della moderna chimica-fisica, ma l’amico sembra non capire, e si rifugia in un astratto elogio della intelligenza
Di come vedevo la dialettica, l’entropia nell’avvenire
Se ne uscì elogiando l’intelligenza
Non capiva.
Mi disse: non bisogna tenersi fuori dalla cultura.
Metti le mani dentro, impastala come fosse pane.
Ma tra i due amici il tempo si oppone con le sue leggi:
Poi ciascuno per la sua strada. Lui divenne grande io soltanto uno.
La politica- era importante a quei tempi la politica- ci divise.
Onde avverse contro lo stesso scoglio.
Ognuno ha seguito la propria strada,
Lui è rimasto grande, suona il sassofono
Chissà se si ricorda di Duchamp
Dei lunghi viali alla stazione
e resta il sapore amaro di quel tempo in cui l’ideologia la faceva da padrona (quarant’anni prima, egli scrive) e la constatazione di “aver dato peso al niente“.
Se non è amarezza questa, vien da dire… allora cos’è ciò che qui traspare?
le scritte sopra i muri, la Cina popolare.
Io, soltanto adesso capisco il DaDa
quaranta da quei tempi per dare peso al niente
Ma il peso della sua cultura non può lasciarci indifferenti: Intini, con acume, fa riferimento all’interno della poesia che segue, ad un luogo dal nome Wannsee località ai più sconosciuta nella quale Hitler e i suoi accoliti presero gli accordi finali per la soluzione definitiva – a loro avviso – del problema ebraico e le metafore attorno alle rondini da deportare, dei treni in orario, del numero che conta, dell’indifferenza sul dove vadano le ali e le code, sono qui calzanti più che in altri casi
NESSUN ORDINE PER MARZO
Se mi dicono di evacuare un milione di rondini
non sto a chiedere perché
mi attengo agli ordini impartiti a Wannsee
È mio compito che partano in orario
non m’importa se le ali andranno in un vagone
e le code in un altro
è il numero che conta
la competenza nell’adempiere è tutto
L’avete mai visto uno dei miei treni?
Se mi toccasse saprei cosa fare del pigolio
ma dei rondinini si occupa un altro ufficio
e poi che importa che ne faranno laggiù in Africa
Questo è nel programma ancora:
mettere in ordine ogni cosa
far sparire nidi e quant’altro
archiviare i toni accesi delle aurore
disporre corvi sulle torrette
Purtroppo il mondo scorre sotto gli occhi di pochi che si limitano alle operazioni del piccolo cabotaggio quotidiano, come l’amico Peppino che “non aprirà mai un computer per leggere una poesia” e che è rincresciuto se piove perché ha un lavaggio di auto e:
Ma febbraio si tiene stretta la pioggia
non cede alle lusinghe della mimosa
mettersi da parte, nemmeno per sogno
Anche i mesi sono attaccati al poco che hanno
e Peppino non ha il suo guadagno
Marzo però sta già nella testa
primavera e fiori ai poeti
lavaggio tutti i giorni traduce Peppino
fottendosene di rime e significanti.
E in fondo, sembra dire l’autore, siamo tutti come Peppino, infatti sono i problemi della quotidianità a travolgerci e anche noi siamo come lui
non sa nulla di allitterazioni e metafore
non sa che un verso deve avere un ritmo
l’esistenza delle nuvole invece è un problema reale
…
Ma non io. La spesa, il biglietto del Park and Ride e la mia x hanno fretta.
Il saldo è quel che è, le azioni dell’ 87, danno ancora ghiande
Nemmeno per la vecchiaia renderanno mele
Ho quanto basta per l’ ISEE
E mi respira addosso l’Olimpo
…
Lo sguardo del poeta che osserva e riflette sugli inquilini del palazzo di fronte a quello ove egli risiede è disincantato. Anche là si svolge la vita con i suoi riti, le sue consuetudini (i panni stesi, le verande, le scale, il basilico sulla finestra), in perfetta simmetria con il suo interrogarsi:
Vita e non vita sottostanno a leggi che soddisfano loro stesse
e spingono gli elementi a combinarsi e mutare sorte
perché ci sono
e non sono il dio che li fa essere e morire
nel suo eterno rimanere uguale e mai contraddirsi
…
Si giunge passo dopo passo alla fine di questa interessante raccolta di versi con in bocca il sapore amaro del cambiamento che la rivoluzione non ha saputo portare alle nostre vite:
Incontro l’infinito, solo di denari però
il resto- l’immaterialità è abortita
come un pensiero senza stoffa
-tutto per la Revolution e l’Egalitè-
poi pietra su pietra a riordinare la Bastille
e zero millesimi nel condominio
…
è evidente, e forse non solo per Intini ma anche per altri “reduci“ di un sessantotto sconfitto, che la Rivoluzione e l’Eguaglianza hanno favorito solamente la Restaurazione che sta ricostruendo una nuova Bastiglia nella quale nessuno dei rivoluzionari sarà titolare di alcun millesimo di proprietà e alla fine:
L’universo è l’euro che tiene
calcestruzzo nelle banche
…
Terminata la lettura di “Nella mente di un fuochista” riconosco che, oltre alla profondità di pensiero, mi hanno colpito i molti spunti della raccolta che costringono chi legge a documentarsi sulla scelta di alcuni vocaboli e aggettivi, e ai riferimenti, a fatti, libri, autori, scienziati sottostanti ogni pagina.
Non è frequente riscontrare nei testi di poeti che mi vengono sottoposti, una preparazione culturale così intensa e profonda come quella che ho rilevato leggendo e rileggendo questa raccolta tanto che se la definissi solamente “accurata“ non le renderei tutto il merito che le spetta.
Lo spessore culturale dell’autore, la profondità della sua preparazione – in modo particolare quella scientifica – le letture storiche o filosofiche dalle quali prendono spunto le varie citazioni, i riferimenti precisi a fatti ed avvenimenti spesso poco conosciuti, l’uso di termini non consueti nel linguaggio corrente, fanno sì che si possa dire che Intini sia un autore di alto spessore e che sarebbe importante che il suo lavoro fosse più diffuso nel mondo della poesia, spesso ristretto attorno a temi autoreferenziali, e poco aperto ad una profonda visione storica degli avvenimenti.
Ma c’è un altro particolare, decisamente lontano dal tema letterario che ho trattato fino ad ora, nella poesia di Intini che mi ha incuriosito, e si tratta della passione che egli deve certamente possedere per l’ornitologia.
Infatti lungo lo sviluppo del suo lavoro ho riscontrato che il riferimento alle seguenti categorie di volatili: allodole- gazze- passeri- civette- rondini – corvi – pettirossi – usignoli- gru- cardellini- pappagalli, contorna e accompagna la sua scrittura.
Infine non posso concludere senza lasciarvi questi ultimi versi che sono la prova della intensità affettiva di questo autore e della giovinezza di una scrittura che sa nascondere una spontaneità di passione sentimentale molto viva dietro quella che appare a noi come la cronaca altrettanto viva di una delusione socio-politica. LP
AMARSI IN UN LILLÀ
Dirsela tutta la primavera di come è venuta
a scostare tendine nere dai tuoi occhi
E tu meglio della Vita hai un guizzo rapace
un tocco di gioia che non conosce inverni
Io a guardarti senza fiatare
ricorro a tempi lunghi di vie lattee
E prati della rivoluzione
Ero lìtra lucertole e meraviglia a fissare il 2013 in una nuvola
A giurare un amore di ragazzi allo scalino della Sud Est
Verrò si disse come se stessimo parlando
di un giorno nelle nostre gambe
Come se il sudore ai seni fosse oceano di mani
Verrò
scegliendo il giorno di maggio da portare al collo
guscio d’ ostrica da consacrare al Porto
berrò pupille e l’iride incandescente
sarà in me e tu l’amore in un lillà.
*
Davvero molto interessante la poesia di Intini, ringrazio Luigi Paraboschi per la sua guida sapiente. Un saluto, Patrizia Sardisco
Patrizia, grazie per la tua visita. Mi fa piacere che anche tu consideri interessante la poesia di Intini, autore che ha sorpreso anche me per il suo spessore.
Ringrazio la redazione di Versante Ripido per avermi ospitato nelle sue pagine e Luigi per la recensione, davvero sorprendente per profondità e correttezza d’analisi. Un caro saluto Franco
Da tempo seguo la poesia di Franco intini ,considerandola di alto spessore intellettuale. Penso che egli rappresenti un esempio di cosa debba essere sempre poesia, non quella facile scrittura prerogativa di molti, ma qualcosa di diverso e che solo pochi possono e sanno espletare, lasciando da parte leggerezza e banalità , tematiche e non solo formali, che molto pubblico domanda a chi ne scrive . Intini è il ” Fuochista” al quale questa silloge è intitolata; è un anima ribelle, uno ” Contro”, contro un sistema ormai nutrito di disvalori e che ha come valore unico ” l’Utile” ,sacrificando così la Natura , la sua bellezza un tempo incontaminata. La sua denuncia al recupero dell’integrità dell’ecosistema è più volte implicitamente evocata dal suo tenero sguardo rivolto al mondo animale, a un volatile o insetto, incastrato o meglio imprigionato in un contesto urbano che non ha più dignità alcuna. Intini adora la freschezza della Natura, quella che si improvvisa, tra mille difficoltà, in un ambiente del tutto inospitale , magari cementificato , permeato dall’odore acre e malsano del gas prodotto dal traffico cittadino che impazzito imperversa nelle vie della sua amata Bari. Molte altre tematiche affollano i versi di Intini e Luigi Paraboschi le ha ottimamente analizzate. Ma, conoscendo l’autore in questione, vorrei anche ricordare come sia serio il suo approccio alla Poesia, in quanto Arte e come egli, nella sua integrità morale e nella sua statura di autentico intellettuale, sia lontano da ogni forma di narcisismo in cui si scivola facilmente quando si è poeti ( cosa che molto spesso egli lamenta nei suoi versi , dettando , in modo indiretto, un’ etica comportamentale per chiunque scriva poesia o sia promotore culturale ). Quindi, è una penna fuori tempo o fuori schema, Franco Intini? Certamente – e concordo con Paraboschi- è una penna di rara eccellenza.