Nino e Nina di Bruno Tognolini e Paolo Domeniconi, recensione di Sergio Rotino

Nino e Nina tutto l’anno di Bruno Tognolini, illustrato da Paolo Domeniconi, Fatatrac ed. 2017, recensione di Sergio Rotino.

    

    

Dodici poesie, una per mese, ognuna dedicata a un mese, con al centro Nino e Nina, due bambini e il loro prendere esperienza del mondo, il loro giocare creandosi una esperienza del mondo e, sopra ogni cosa, del tempo, della sua mutevolezza, della sua ciclicità. In sintesi questo è quanto si trova raccolto nelle pagine di Nino e Nina tutto l’anno, albo illustrato dal formato ampio (24×34) e copertina cartonata edito dalla bolognese Fatatrac, che vede le poesie di Bruno Tognolini accompagnate dalle tavole altrettanto poetiche quanto surreali di Paolo Domeniconi.

Bruno Tognolini
Bruno Tognolini

Parlare di “poesie” per quanto riguarda i testi di Tognolini, non è voler dimenticare quanto l’autore lavori in un genere ben preciso qual è la filastrocca, ma sottolineare proprio per questo la sua intrinseca appartenenza al mondo della versificazione. E al mondo della narrazione, perché in queste dodici poesie i personaggi vengono collegati strettamente a un universo di crescita, per quanto ciclico, per quanto reiterativo. “Perché Anni Nuovi vengono e vanno/Mentre i bambini crescono e stanno//Cambia il poeta, resta la rima”, mette nero su bianco “lo scrittore Bruno” in chiusa di Nino e Nina di dicembre, testo oltretutto di suggello della raccolta, indicando quanto apprendimento e spirito infantile possano (e debbano) convivere per donare vera completezza a ogni essere umano. Non è una visione da fanciullino pascoliano, ma una richiesta (una vera e propria richiesta) da parte del poeta di combattere la sopraffazione che ognuno di noi porta a se stesso, cancellando dalla propria esistenza la giocosità che ogni nuova scoperta ha dentro. L’esperienza è l’insieme di scoperte che ognuno di noi acquisisce, per l’intera durata della vita. Lo facciamo giocando al gioco dell’attenzione e della curiosità. Al loro interno gioco e curiosità muovono a esperire, appunto a trarre esperienza. Nino e Nina, i due personaggi che Tognolini mette in scena e in pagina nelle dodici “strip in rima” come lui stesso le definisce, fanno questo. Ma nel trarre esperienza da ogni movimento-mese che l’anno gli apparecchia, acquisiscono una sovraesperienza, quella del trascorrere del tempo. Qualcosa che è immanente a loro, qualcosa con cui però giocare ugualmente, mettendosi in relazione col “ritmo circadiano” della natura stessa e piegandola anche, ma sempre per sperimentare, per giocare. Così accade in Nino e Nina d’ottobre, dove numerano tutti i mesi non “fatti con i numeri” fino ad arrivare al primo, che è uno. Allora lo chiameranno Nino, sarà quindi il mese di Ninembre “Nostro mese segreto/Che durerà per sempre/Per tutto l’alfabeto/Di tutte le stagioni mie e tue/Perché noi siamo Nini tutt’e due!”. Se qui compare inequivocabilmente l’idea del ciclo continuo della vita, sia nel durare”per sempre” sia nell’iconografia dell’otto col suo rimando al simbolo dell’infinito, in Nino e Nina in novembre i due personaggi mimano il letargo nel lungo pomeriggio autunnale per ridestarsi solo al richiamo della merenda, della cioccolata calda e nera, alla cui presenza operano un ribaltamento: “Facevamo che è arrivata/Primavera!”.

Certo, lo scorrere del tempo da bambini non fa paura, non ci pone davanti alla nostra finitudine. È però l’idea che nulla finisce, che tutto si rinnova, che è sottoposto a una costante ripartenza, anche oltre il nostro orizzonte ultimo, il banco su cui Tognolini sciorina i dodici testi del libro. Il tempo è visto come un materiale cangiante se noi sappiamo esserlo altrettanto, proprio come fanno i bambini, proprio come fa chiunque lasci accesa la luce dell’inventiva. Proprio come fa, come dovrebbe fare, chi si definisce poeta.

Paolo Domeniconi
Paolo Domeniconi

Nata sul finire del 2010, l’avventura di Nino e Nina è la coda di un lavoro che Tognolini ha portato avanti per la rivista Gbaby (San Paolo periodici). Una filastrocca al mese per un totale di quarantotto, cioè quattro anni di lavoro. Le prime trentasei sono uscite successivamente in volume, nel 2015, per Nord-Sud Edizioni sotto il titolo di Rime piccoline. Sono filastrocche “a tema libero” possiamo dire. Le ultime dodici, quelle che costituiscono Nino e Nina tutto l’anno, differiscono dal resto del lavoro per il tema conduttore, per la cornice che le lega e rende più agevole il lavoro di chi, come Tognolini, conosce il significato della continuità creativa (è stato per anni uno dei cardini di trasmissioni quali Melevisione e L’albero azzurro). Ecco perché la scelta di scorporarle e di dar loro una veste differente. E un significato che si amplia, grazie al lavoro grafico di Paolo Domeniconi, pronto a muovere dal del verso e della filastrocca intera per aggiungere particolari, per spostare l’interpretazione e precisare, delineare, aggiungere senza stravolgerlo. Sono grandi tavole a doppia pagina, dove nel contesto realistico e quotidiano si inseriscono con naturalezza elementi surreali, che dal quotidiano provengono. Ecco allora gli orologi, didascalia necessaria visto il tema, gli animali semiantropomorfizzati o fuori scala, le piante e i fiori, anch’essi fuori scala come quello azzurro che si innalza partendo dalla porta d’uscita di un autobus.

È bello vedere come l’arte che incontra l’arte ne duplichi la potenza comunicatrice, soprattutto quando segue una lezione fra le più intense di Italo Calvino: quella sulla “leggerezza”. Tognolini e Domeniconi la applicano in modo impareggiabile in questo volume.

    

TOGNOLINI copertina intera
in apertura Gertrude Käsebier, Giorni felici, 1902, Met Museum

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