Intervista a Serena Dilecce della Libreria Millelibri di Bari, a cura di Paolo Polvani
Paolo Polvani intervista Serena Dilecce, della Millelibri di Bari, libreria dedicata alla poesia.
Aprire una libreria è sicuramente un gesto di grande coraggio. Dedicarla in maniera quasi esclusiva alla poesia rasenta l’autolesionismo. A chi è venuta questa idea? Raccontaci, raccontateci di te, di voi, che percorso ha preceduto la decisione di aprire una libreria?
Da appassionata lettrice di poesia, consapevole dunque delle difficoltà oggettive di reperire un’ampia scelta di libri di poesia nelle librerie, covavo l’idea di aprire un negozio dedicato da molti anni. La decisione è poi diventata vera e propria pianificazione, e quindi è nato il progetto di Millelibri: un’impresa nata praticamente senza capitali, ma con una fortissima convinzione alla base, ovvero che i libri di poesia avrebbero trovato (troveranno) presto o tardi il proprio pubblico, e che sarebbe stato (sarà) un lavoro di lenta costruzione. Il tutto si poggia s’un forte amore per questo modo di usare il linguaggio, quello stesso amore che mi ha permesso di conoscere e incontrare Grazia, la mia collega, che ha abbracciato in toto la follia di questa iniziativa.
A distanza di quasi due anni qual è il vostro bilancio?
Spesso mi capita di rispondere a questa curiosità con una frase: “la libreria per fortuna, al momento, si mantiene da sola”. Significa che, anche se non è ancora in grado di garantire un reddito, almeno si paga da sola le sue spese attraverso la vendita dei libri. Questo è un dato che ci infonde fiducia, speranza nella possibilità di una durata nel tempo di Millelibri, anche perché le nostre disponibilità personali e familiari non ci permetterebbero mai di sostenere l’attività altrimenti. L’unica cosa che mettiamo a disposizione è il tempo che, insieme alla passione e alla competenza che andiamo costruendo giorno per giorno, costituisce l’investimento più alto, in una prospettiva di resistenza e magari di crescita. Fuori dagli aspetti meramente economici, siamo davvero soddisfatte del fatto che molti e molte riconoscano in Millelibri una casa della poesia – e questo accade non solo nella schiera dei lettori e delle lettrici già appassionate di questa forma di scrittura, ma anche tra persone che vi si avvicinano per la prima volta. Quindi, nonostante le prevedibili difficoltà, il bilancio a due anni è senz’altro positivo.
In Italia le libreria dedicate alla poesia si possono contare sulle dita di una mano. Come ha reagito il territorio a questa interessante iniziativa?
La risposta più interessata, bisogna dirlo, è stata raccolta fino ad ora dalla provincia, dalle città dell’area metropolitana e anche da altri paesi e città della Puglia. E, cosa assolutamente imprevedibile, da moltissime altre città italiane: vengono infatti a trovarci molto spesso lettori e lettrici di Milano, Roma, Torino, Palermo, Salerno, Bologna, ecc. Bari, per il momento, si è dimostrata un po’ più fredda, forse perché la libreria sorge in un quartiere popolare, non circondata da negozi ma da piccole botteghe artigiane. Ma siamo fiduciose che possa costruirsi un rapporto sempre più stretto anche con questa città, e che i potenziali appassionati di poesia si nascondano ovunque.
In che maniera vi approvvigionate? E quali sono i vostri canali di vendita?
Millelibri tratta libri nuovi e usati. Per quanto riguarda i primi, ci approvvigioniamo attraverso i più comuni canali di distribuzione oppure, ove gli editori non siano distribuiti, stabiliamo con gli stessi dei rapporti di distribuzione diretta. I libri usati provengono invece da fondi personali, biblioteche private: sono selezionati uno per uno e continuano idealmente a viaggiare nel tempo.
Per quantità di lettori la Puglia occupa uno degli ultimi posti nella classifica nazionale con circa ventisei lettori ogni cento abitanti, mentre il Friuli guida la classifica con circa cinquantadue. Secondo voi come si può promuovere il piacere della lettura e conquistare nuovi lettori?
Temo che un piacere, come è appunto la lettura non svolta per ragioni di studio o aggiornamento professionale, non possa in alcun modo essere promosso. Spesso anzi le iniziative volte in questa direzione corrono il rischio di creare delle linee di demarcazione, di giudizio implicito, che non giovano al pur nobile intento di ripristinare o suggerire la possibilità della lettura all’interno delle attività di un’esistenza. Sono tuttavia convinta che la lettura non possa che migliorare, allenandola, la capacità di ciascuno di noi di stare al mondo in mezzo agli altri, di ascoltarne le voci, di comprenderne meglio i punti di vista. Ma anche di fermarsi a pensare, di interrogare un supporto stabile, di chiedergli conto di una visione magari distante dalla propria. Dunque non credo che si possa promuovere la lettura, ma credo che si possa condividere, esplicitare, rendere desiderabile la passione che i lettori e le lettrici provano ogni volta che si avventurano tra le pagine di un libro. Lo stesso vale per il significato sociale della lettura, anche in un’ottica di educazione sentimentale (al sentimento dell’altro), oltre che culturale. In questo senso la politica potrebbe fare molto, per esempio andando incontro alle esigenze di sussistenza di tutte le realtà che operano intorno ai libri in un’Italia che non legge, spesso mosse solo da una forte passione e un altrettanto forte senso di comunità, il cui lavoro tuttavia impreziosisce e rende brulicante la vita culturale delle nostre città.
A quali categorie e fasce d’età appartengono i vostri frequentatori e acquirenti?
Si tratta di un pubblico estremamente eterogeneo, che va dai ragazzi e dalle ragazze appena diciottenni, agli irriducibili lettori e lettrici ottuagenari.
Esiste un genere poetico, o un gruppo di autori, che incontra il favore del pubblico?
Come ho detto per il pubblico, anche il tipo di libri richiesti è estremamente variabile. Forse posso dire che, trovando qui libri che spesso non sono bene esposti sugli scaffali delle librerie, o che non ci sono mai arrivati, i lettori e le lettrici si lasciano volentieri incuriosire anche da modi o generi distanti dalle proprie abitudini letterarie. Questa, a mio avviso, è una cosa molto bella.
Che tipo di iniziative avete in cantiere?
Abbiamo intenzione, per il 2020, di ridurre i nostri appuntamenti a tre tipologie: due già in essere, i “martedì” in cui si confrontano tra loro persone che scrivono poesie, e i nostri incontri del gruppo di lettura che svolgiamo a Bari e anche a Benevento, ospiti dell’associazione culturale Kinetta. Daremo il via poi ad appuntamenti fissi a microfono aperto, in cui chiunque voglia venire a leggere qualcosa di proprio possa farlo in libertà, coordinandosi con gli altri, anche in una prospettiva che favorisca l’ascolto reciproco e la commistione dei pubblici. L’intenzione è quella di interrompere le presentazioni tradizionali e i reading individuali per mantenere dunque solo incontri di tipo seminariale e occasioni di confronto reale ed estemporaneo tra persone che scrivono e persone che leggono.
Le nuove tecnologie favoriscono la lettura o distraggono i lettori?
Sicuramente le nuove tecnologie hanno prodotto una compulsione alla lettura, e forse anche alla scrittura, chiaramente modificando nel profondo sia il modo di scrivere che il modo di leggere. Come sempre, quando ci si trova a fare i conti con grandi rivoluzioni nell’ambito della comunicazione, bisogna contemplare la possibilità che sia lungo il periodo di assestamento, prima di raggiungere un nuovo equilibrio.
Nel vostro catalogo ci sono libri antiquari di notevole valore. Quali sono i più importanti, e come ne siete venute in possesso?
Alcuni tra i titoli più pregiati, prime edizioni autografate o testi mai più ripubblicati e dunque difficilmente reperibili, ci derivano spesso da collezioni private che ci consentono di esporli in conto vendita. Altre volte si tratta di nostri acquisti: per ogni libro raro c’è una storia differente.
Il mondo della poesia è estremamente variegato, avete aneddoti simpatici da raccontare?
Il più simpatico di tutti è, per così dire, un aneddoto ricorrente. Ci capita spesso che qualcuno o qualcuna venga fin qui, al numero 16 di Via Dei Mille, solo per dirci: “io non leggo poesia”. Una cosa curiosa, dato che la nostra è una libreria proprio specializzata in forme di scrittura ad alta densità poetica. Da un lato questa cosa afferma una disabitudine generale a confrontarsi con questo modo di usare il linguaggio, dall’altro lato però suona un po’ come una richiesta, un desiderio di essere persuasi a tentare un avvicinamento. Capita però che siano proprio questi lettori inizialmente scettici a trasformarsi nei nostri più affezionati frequentatori.