Paolo Zanardi.
Abbiamo chiesto a Paolo Zanardi di parlarci della propria esperienza poetica.
Direi che nei miei versi c’è molto, o forse tutto, di autobiografico. Faccio fatica a immaginare una poesia che non contenga, in gran parte, la storia personale di chi l’ha scritta. Difficilmente scrivo pensando a vicende avvenute di recente; in genere, per poter mettere in versi ciò che resta in me di una certa esperienza, ho bisogno che gli avvenimenti vengano lasciati decantare per un po’ di tempo, che la crosta di emozioni si stacchi.
Credo di poter dire che i temi che più frequentemente compaiono in ciò che scrivo siano i seguenti: il viaggio, il tempo, la solitudine. Non mi dilungo sul tema del viaggio per ragioni di spazio e per aver toccato questo argomento in una precedente occasione (V. Versante Ripido nr.1 2013). Il secondo tema, quello del tempo, rappresenta un grande mistero: un’entità che l’uomo si è inventato la maniera di misurare ma che è elastica, variabile, mai uguale. E’ il mistero della vita, in definitiva, un mistero che tocca tutti e con il quale tutti ci troviamo o ci troveremo a fare i conti. Esso è legato al terzo tema che ho menzionato: la solitudine. Occorrerebbero parecchio spazio e conoscenze di filosofia che non possiedo per riuscire ad analizzare questo argomento, magari anche in relazione a quello del tempo. Mi pare di poter dire che anche la solitudine sia qualcosa che l’essere umano non può evitare, e non solo per il fatto che, comunque la si pensi, inevitabilmente si è soli nel momento in cui si nasce e ancora di più nell’istante in cui si abbandona questo mondo. Ma credo che essa non vada solo vista in un’ottica negativa, giacchè ci fornisce un’occasione di introspezione secondo me altrimenti impossibile. Da questo stato credo siano nate molte opere letterarie e artistiche di importanza capitale.
Vi propongo due poesie che fanno parte della mia prima pubblicazione (“Estuario”, ed. Ripostes, 1998) e credo possano costituire un esempio del manifestarsi, in ciò che scrivo, di alcuni temi ricorrenti: il viaggio, il tempo, la solitudine. Ciò al di là del fatto che nascano da due momenti assolutamente differenti: la prima dalla sensazione di costrizione in uno spazio angusto, non solo e non principalmente in senso fisico; la seconda da una percezione di apertura e vastità, che comunque riconduce alla piccolezza dell’essere umano.
Esploriamo la tundra di sentimenti
che ci propone gennaio: la felicità acrimoniosa
che mai ci abbandona se non
nel panico assurdo degli incubi
un po’ di deperita lussuria
in seconda serata
un brevissimo silenzio intercalato tra gli spazi.
Ecco la sponda su cui si attarda
il Tago magico, viaggiatore
silenzioso sulle tue terre.
Ecco l’ardente traliccio
del ponte 25 di aprile, eloquente inganno
delle infinite corsie del tempo.
Forse quaggiù
sui polmoni carichi d’ocra s’arresta
il cammino che sospinge all’estuario.
E la privata coscienza d’un nulla
ancora soffia
dall’erba sacra e dal nobile ulivo.
Paolo Zanardi riesce a fare “Poesia” con qualunque cosa gli capita a tiro.E tutto vibra intorno alle sue parole e si espande fin dentro all’anima.
Io credo , Paolo,che tu sia riuscito a raccontarti con parecchia precisione, per quanto sia sempre difficile raccontare se tessi e dire della propria poetica. Ti ritengo un ottimo poeta lirico, e questo mi porta a leggerti con molto piacere, se considero poi che per me la poesia non possa prescindere in alcun modo da un che di lirico che l’ attraversi . Penso inoltre che la tua poesia non sia propriamente autobiografica ma alquanto intimistica; infatti nei versi che scrivi sento prevalere sopra tutto la ricerca spasmodica del “chi tu sia” ed in rapporto al ” tempo” e allo “spazio”. E’ forse l’incapacità di esercitare, con i tuoi soli mezzi umani, il pieno controllo su questi due elementi, storicamente invincibili, che inducono la tua poesia a celebrare il tema della solitudine, a me tra l’altro tanto caro. Grazie per questo tuo interessante contributo ed un caro saluto.
Io penso Paolo, che la ricchezza della tua poesia attinga molto da quella capacità tutta tua di trovare un punto di osservazione ‘silenzioso’, lontano dai clamori e da tutto quanto può interferire; è da quella condizione magica che a me pare prendano forma tutte le voci che vibrano nei versi. Ma in questa occasione oltre alla loro bellezza mi appassiona la lucidità nel saper spiegare il poeta Paolo Zanardi; la sua pazienza nel lasciar decantare gli avvenimenti affinchè “la crosta delle emozioni si stacchi”. Mi piace molto anche la spiegazione dei temi che alimentano la tua poesia, lo hai fatto con generosità offrendo ottimi spunti di riflessione, in particolare sui temi del tempo e della solitudine che personalmente trovo arricchenti. Grazie!