Parole di vento, poesie di Francesco Benozzo

Parole di vento, poesie di Francesco Benozzo

 

 

 

Onirico geologico

Era un sogno di felci
ad averci portato più in alto
l’odore freddo al buio
la trasparenza di isole.
Sabbie salate, movimentate
dentro le oscure cavità geologiche
e nei terreni, al buio
nei calcari notturni.
Come statue nella nebbia dell’epica
malgrado il sole notturne
nei continenti, lenti
nella sabbia del lago.
Inaccessibile altezza azzurra
inaccessibile altezza biancastra
mentre mi copro d’alba
nell’Appennino barbarico.
Valli allungate, valli forgiate
sotto il crinale erratico statico
sento il ronzio del sangue
sotto la pelle gelida.
Come una statua nella nebbia dell’epica
malgrado il vuoto del tempo
sui promontori spenti
nella sabbia del lago.

 

 

  

Continente libero  

Nel grigio del tramonto passo di qua
sul continente libero
nel vuoto del tramonto passo
senza nemmeno dirvelo.
Vite segrete dentro di me
rovesciamenti liquidi
nel cielo madreperla un’isola
dove ogni forma scivola.
Gli azzurri capodogli migrano qua
sul continente libero
rifugi senza sole, tumuli
di marinai e profughi.
Mari da solcare, terre più a nord
verso un mattino anarchico
lontano dalle rive immemori
dei vostri agguati lividi.

 

 

 

L’inverno necessario 

Se non fosse per quell’alba laggiù per quei palmi mentre cado
Se non fosse per i passi a piedi nudi di invisibili destini
Se non fosse per la polvere di notte per quel tronco accanto al guado
Se non fosse per le palpebre del gufo tra penombre e cicatrici
Se non fosse per le rocce inginocchiate sul confine della sera
Se non fosse per le lune sparpagliate tra i rimorsi d’arenaria
Se non fosse per il giorno che ho pensato che di tutte le sfortune
Mi sarei più preso gioco che stupito come il mare fa con l’aria
Ed intanto tra i fili del fuoco io vedevo danzare
Una forma inattesa per me una forma di mare
Ed intanto nei vuoti d’ortiche io sentivo il lamento
Di parole diverse per me di parole di vento
Se non fosse stato il sogno di chi perde col suo viaggio temerario
Se non fosse per il morso inevitabile dell’inverno necessario
Se non fosse la poesia col suo esorcismo senza assensi di credenti
Se non fosse per il glicine che cresce nei giardini fatiscenti
Se non fosse per te se non fosse per te
Ed intanto tra i fili del fuoco vedevamo danzare
Una forma inattesa per noi una forma di mare
Ed intanto nei vuoti d’ortiche sentivamo il lamento
Di parole diverse da noi di parole di vento

 

 

 

Luna epiglaciale  

Se come un faggio come un faggio azzurro
Se ho tremato al passaggio delle sere
Se come la marea dei golfi atlantici
Se ho potuto tremare – vento mare –
Se il vento il mare le inaudite alture
E le spinose graie del mattino
Hanno raggiunto i campi d’Appennino
Hanno solcato i campi d’Appennino
È per via della luna epiglaciale
Dei fragori nel vuoto biancopallido
Taciturno brusio mitocondriale
Le traslucide resine di luna
Hanno estirpato dalle mie parole
Lo sfacelo barbarico del sole

 

 

 

 

Canto d’esilio 

Più del mistero inseguo ciò che c’è
Più della morte stessa mi uccide il suo cliché
Sempre ho cercato visioni dei ghiacciai
Ma i luoghi dei miei simili non li ho cercati mai
Rituali si susseguono nei nuovi branchi umani
Io sono sempre stato in posti più lontani
Non potrò mai riconciliarmi o fingere di essere simile a voi
Non potrò mai credere in ciò che non è anomalia
Per poi non respirare più
Da sempre sopravvivo come in cattività
Sarò pure un fanatico ma della libertà
Mentre ancora mi chiedono se un giorno cambierò
Se ciò che io detesto non lo rimpiangerò
Più del mistero inseguo ciò che c’è
Più della morte stessa mi uccide il tuo cliché
Non potrò mai riconciliarmi o fingere…
Se l’arte di un funambolo è autoreferenziale
Io non l’ho mai capito che cosa c’è di male
Io ancora non capisco che cosa c’è di male

 

 

 

Poeta, musicista, filologo, Francesco Benozzo è considerato uno dei più originali interpreti contemporanei dell’arpa celtica ed è stato insignito del titolo di Bardo Honorário dalla Assembleia da Tradição Lusitana (Portogallo). Dal 2015 è stabilmente candidato  al Premio Nobel per la Letteratura per la sua poesia epica-orale. Ha all’at­tivo undici album (pubblicati tra Italia, Danimarca e Gran Bretagna) e oltre 700 pubblicazioni. Tra i riconoscimenti, una menzione speciale della critica ai Folk Awards di Edimburgo (2003), una finale al Premio Tenco (2010) il bollino di Best World Roots Album assegnato dalla rivista statunitense “RootsWorld” (2010), la vittoria per due volte del Premio nazionale Giovanna Daffini per la musica  (2013, 2015), la prestigiosa “Honorary Fellowship” concessagli dalla Poetry Foundation di Chicago (2018). Come filologo-linguista, è il creatore dell’etnofilologia, ed è noto per avere formulato la rivoluzionaria teoria che il linguaggio umano è nato già 3 milioni di anni fa, con gli australopitechi. Come intellettuale anarchico lavora per la diffusione delle idee espresse attraverso quello che chiama “Quarto umanesimo”, fondato su principi libertari e anti-autoritari. 

Francesco Benozzo – in apertura Emiliano Barbieri, Peru

 

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