Bruciare la sete di Lorenzo Pataro, nota critica di Alessandra Cerminara

Bruciare la sete di Lorenzo Pataro, Controluna Ed., 2018, nota critica di Alessandra Cerminara. Il Canzoniere d’amore di Lorenzo Pataro: Bruciare la sete e la dialettica degli opposti.

    

     

La poesia di Lorenzo Pataro nasce dalla negazione del possibile, ovvero, dalla constatazione dell’impossibile, che tuttavia si realizza attraverso l’afflato poetico e la molla attiva dell’immaginazione. La sua è la “poetica del non”, vena d’acqua che sgorga abbondante proprio dalla consapevolezza della irrealizzabilità storica (non assoluta) di un anelito, che si concretizza però nella dimensione tutta intima e personale del desiderio, e dalla quale il poeta è pienamente appagato.
“Ho visto poeti muovere fiumi con il pensiero”: è questa la chiave di lettura della silloge “Bruciare la sete” che affida alla danza dell’anima la dimensione vera e ideale in cui si muovono e si concretizzano sentimenti e sogni; perché lei, l’anima, conosce modalità e forme diverse di amare, tanto delicate e immateriali, quanto vere e tangibili;  viventi in uno spazio altro, in un altrove che è pura poesia. Lì dove la fisicità non ha potere, l’anima poetica può tutto. Non a caso, l’incipit della silloge è costituito dalla lirica “Ricongiungimento”, di Antonia Pozzi,  in cui l’ultimo verso “a incontrarci” è una proposizione finale che guarda al futuro e alla speranza. Ma ancora più eloquenti e significativi sono gli ultimi versi de “L’attesa” in cui, attraverso un gioco di parole, il poeta afferma la consistenza di un volto, proprio attraverso la sua “assenza”

Ho apparecchiato per Te,
come tutti i giorni.
Anche se non sei ancora.
Ma ancora sei
chi aspetto tu sia.

Largo spazio è lasciato alla indefinitezza di cui l’autore, mai pago, si nutre, ben consapevole che proprio “il limite” è il motore della poesia. Profumi e suoni, di cui si ignora l’origine, si propagano, sfumando in atmosfere oniriche in cui l’anafora “vorrei” si ripete a ritmo regolare; poiché il poeta ama “ciò che è impossibile/ vedere/ oltre l’Oltre.” La poesia, dunque, sboccia dalla prospettiva futura di un desiderio. E non è importante se sia realizzabile oppure no. Ciò che conta è il viaggio, l’andare verso, “la tensione” che costituisce il vero antidoto alla “sete”, che si estingue proprio attraverso il suo “bruciare”. Una sete di amore e di bellezza, ma di quell’ Amore e di quella Bellezza che la corruttibilità del mondo non può intaccare, perché risiedono non nel caos del contingente, ma in quella dimensione ideale  dominio esclusivo dell’Anima che salva tutto ciò che è buono, trasformando in presenza l’assenza, il non essere in essere

Siamo luci accecanti
e diafane
di una galleria infinita
senza mai
raggiungerci.

   

Per conoscerti
mi basta
non conoscerti
affatto.
Amo
ciò che è impossibile
vedere
oltre l’Oltre. 

Oltre te.

Questa dialettica degli opposti non è frutto della fantasia, che si costruisce attorno un mondo irreale, quanto piuttosto della forza immaginativa, che sa vedere già nei semi la fioritura, già nei fiori i frutti. Il poeta dunque, non manca di concretezza, ma vive appieno il mondo reale, in seno però a un microcosmo spirituale, rifugio delle cose più care; luogo dove l’autore le protegge e le salva dalla violenza del tempo

Come il sole
che quando piove
resta nascosto,
tu rimani di là dal Bosco.
E’ quello il nostro posto

E’ pur vero che questa è una “Promessa fragile” e che il poeta avverte tutta la insostenibilità del nostro essere, o meglio, del nostro “esistere”; ma è proprio questo il fine del “verso”: rendere tangibile l’intangibile, perché come ne “Il piccolo principe” “l’essenziale è invisibile agli occhi” e tutto ciò che vive oltre il nostro sguardo è poesia.
Bruciare la sete” è il mantra instancabile di una “ossessiva canzone” che attende di farsi “voce” e “spazio” tra le tante “stonature” dell’esistenza; è “Cassandra” che a differenza della mitologica profetessa, screditata e presaga di lutti, è onorata e foriera di “pace”

Cos’è dunque il verso per Lorenzo Pataro? un luogo altro dove potersi abbeverare alla fonte della parola per estinguere la sete di un amore impossibile o vero mezzo di conoscenza, che penetra la crisalide in cui è ancora avvolta la realtà, prima che si schiuda con ali di farfalla?

in apertura La reine de Thyon, Lara Steffe, 2009

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