Paura, poesie di Rosanna Gambarara, con una nota dell’autrice.
Rosanna Gambarara è nata ad Urbino, dove si è laureata in Lettere Classiche e ha insegnato alcuni anni. Si è, poi, trasferita a Roma, dove vive e insegna. Scrive poesie in lingua e in dialetto urbinate. La poesia in dialetto Urbin è stata pubblicata nella cartella d’arte “Appunti”, Dolcini per Logli, Stamperia d’Arte G.F. urbino, 200. Tre poesie in dialetto sono state pubblicate su “Il parlar franco n.4 -2004. Alcune poesie compaiono pubblicate su “Navigare n.9, pagine, 2016.
Nel 2016 ha pubblicato la raccolta Hysteron Proteron (Ed. Pagine, Roma). Coltiva la passione per la musica, cantando in due cori, “Jubilate Deo” e “Cantar gli affetti”.
Sono stata schiava dell’endecasillabo per anni. Per anni ho continuato a scrivere sonetti in lingua pur consapevole di quanto démodé fosse questa illustre forma di poesia. Nei primi anni novanta ho trasferito questa modalità di poetare nella poesia in dialetto. Per quella in lingua, finalmente, sono passata al verso sciolto, tuttavia non sono riuscita e non riesco a sottrarmi alle sonorità e al ritmo della poesia “tonale”, secondo trame non più codificate ma suggerite dall’…enthousiasmόs. Alcuni dei primi sonetti in lingua, smontati in versi sciolti, compongono la seconda sezione della raccolta Hysteron Prόteron, intitolata “In filigrana”perché appunto, pur nella impostazione rinnovata, in filigrana resta il ritmo del sonetto. Le poesie in dialetto continuano a venirmi e a suonarmi solo nella veste ritmico-formale del dialetto.
Adoro adoro adoro Wisława Szymborska. RG
La paura
Nell’umido sussulto
di un risveglio scarmigliato,
o nel riaccendersi inconsulto
di un occulto dimenticato rovello
mentre in fila
in una mattina banale
attendi all’ufficio postale,
per un attimo il tassello
si combina.
Nel turbine breve
dell’agra folata
lei
come gelida brina di neve
tenace
o rude sudore di brace
s’attacca alla pelle
si chiude e dilata
seguendo il respiro
e il brivido fa battere i denti.
E sai che sotto la crosta
anche quando non la senti
lei c’è
nascosta
non si scorda di te.
*
Prospettive
Le ripassi una ad una ogni mattina
e te le senti addosso
come la pelle
le cose belle del creato
e dentro il cuore.
E ogni mattina dici
“sie laudato, mi’ Signore”.
Ma poi accendi la radio e la tivù
leggi il giornale.
E pensi allora
che solo una palingenesi risanerà
il male del mondo.
Senza bisogno d’occhi
ci guarderemo allora negli specchi
e senza orecchi
ascolteremo voci e suoni,
e canteremo senza muovere labbra e lingua
mute canzoni,
le suoneremo con ineffabile armonia
con mani senza dita
su mute tastiere
senza dicromia di bianchi e neri,
e con dita senza mani
conteremo l’infinito senza zeri,
allacceremo sandali virtuali
coi quali calcheremo
le dritte giravolte della vita.
Un’altra geografia
l’antropoanatomia disegnerà.
Ma sempre ci sarà
d’altra morfologia rivestito
un cuore una mente una coscienza.
E finalmente chissà
la provvidenza
senza comandamenti
ci farà buoni per natura
perentori senza tentennamenti nei giudizi
e nelle decisioni.
Su diritti ripiani orizzontali
di scaffali metafisici
i concetti saranno allineati,
triangoli rettangoli quadrati
trapezi cerchi,
e pure sul travertino metafisico di lisci davanzali
sopra i tavolinetti tra i divani
vicino ai letti
quelli più piccoli dentro i cassetti
e quelli più minuti
pacificati
dentro piccole ciotole
piccole scatole.
Me lo ha sussurrato nell’orecchio
verso le tre stanotte
il re di coppe
la testa coronata di profilo
sguardo lungimirante trasversale
in bilico sul filo irrazionale
di un sogno.
*
L’ecliss
Al’improvis c’era l’odor dla nott
anca se era mezzgiorn pio o men, tel nid
s’erne artirat le rondin, i lor strid
en frastornavne pio el ciel, ti ossa d’bott
sentiv el gel. pareva ch’s’fossa rott
el ritme di fenommen p’r un disguid
‘n eror ‘na distrasion de Dio ch’decid
el cors dle stell e dle stagion. De sott
tla via so scesa, el tarle dentra el cor
d’una prima innocent pena d’amor.
M’arcord com fossa ier chel sol fatt com
‘na falc fina de luna tun ciel spent
crepuscolar, chel sens de smariment.
Dla mi pena en c’è armast pro gnanca el nom.
L’eclisse
All’improvviso c’era l’odore della notte / anche se era mezzogiorno / più o meno, / nel nido si erano ritirate le rondini, / i loro stridi non frastornavano più il cielo, / nelle ossa di botto sentivo il gelo. / Pareva che si fosse rotto il ritmo dei fenomeni / per un disguido / un errore / una distrazione di Dio / che decide il corso delle stelle e delle stagioni. // Sono scesa di sotto nella via, / il tarlo dentro il cuore / di una prima innocente pena d’amore. / Mi ricordo come fosse ieri / quel sole fatto come una falce fina di luna / in un cielo spento crepuscolare, / quel senso di smarrimento. // Della mia pena / non è rimasto più neanche il nome.
*
Tra l’imbra e l’ambra
Tra l’imbra e l’ambra com un déjà vi,
ier o l’altrier, cent’ann fa, chisà quand!
Un luzzin brev ch’s’acend de contraband,
ch’frastorna al’improvis ch’fa trasalì
el cor. Fors è sta luc ch’pian vol pasì
tun st’atesa de perla, è fors ste bland
brivvid d’penombra ch’pian s’va sfarinand
tel scur (com ier, l’altrier?), el susurì
del ciel ch’atend la sinfonia dle stell.
Potessa fermè st’attim benedett,
chiudle tla man, potessa serall strett
dentra l’annima, acsé, st’attim gioiell!
Ch’è già fugitt gio per ste grepp ch’degrada
vers el fium, gio ple curve de sta strada,
Tra luce e scuro
Tra luce e scuro come un déjà vu, ieri o / l’altro ieri, cent’anni fa, chissà quando! Un / lampo breve che si accende di / contrabbando, che frastorna / all’improvviso, che fa trasalire il cuore. / Forse è questa luce che piano vuole / appassire in questa attesa di perla, è / forse questo blando brivido di penombra / che piano si va sfarinando nello scuro / (come ieri, l’altro ieri?), il sussurrio del / cielo che attende la sinfonia delle stelle. / Potessi fermare questo attimo benedetto, / chiuderlo nella mano, potessi serrarlo / stretto dentro l’anima, così, questo attimo- / gioiello! / Che è già fuggito giù per questo greppo / che degrada verso il fiume, giù per le / curve di questa strada.
*
Cara professoressa,forse si ricordera’
di me.Sono Ugo Berardi.5′ anno liceo
Croce.Stamane in fb tramite amici ho
trovato questo blog.Mi ci iscrivo.Non
sapevo avessimo interessi comuni.
Leggero con calma i suoi versi,come
tutti vado di fretta.Ora sono a Viterbo.
Un vita troppo lunga da spiegare.
Avrei piacere se tornassimo in contatto.
La mia mail e’ trovatore.012@hotmail.it,
cell.se vuol chiamare,non mi emozioni
troppo,347/1817644.
Ero quello del primo banco.Assieme
a Gianpaolo Bianchi.Quello che lei stimava per i temi di attualita.Capelli
lunghi e piccolo,depresso eternamente.
Diciamo che dopo il percorso e’ stato
anche letterario.Ore 11 o entro pranzo,
meglio verso ore 21,vorrei che mi chia-
masse.Il mio perche attuale e’ la dimensione del ricordo.A 55 anni lo
trovo naturale.Mi dia il tempo di maturare la sorpresa.
Rapido:poesie viste forse di fretta,ma
contemporanee,senza perdere lo stile,
letterata veramente.Tecnica e gusto.
Siamo dei tempi e capiamo cio che e’
dolore.Poi vedo meglio.Professoressa
la saluto.A lei e a Bonucci,per filosofia,
devo cio che sono stato dopo.Non un
grande.Ma un uomo in cerca di se stesso.
Cara Rosanna,ho letto meglio le liriche
sul blog.Bellissime.Lo stile e’ originale
ed e’ estremamente contemporaneo.
Ma non perde niente della sua preparazione classica.Che la rende
“enfatica”,lo scrivo perche’ notavo cenni di retorica.Rimane “formale”
nel moderno,anzi nel “decostruito.”
Mi faccia sapere dei suoi libri.Li
immagino sul tema”liquido” baumanniano;si,siamo diventati cosi.
Mi sono iscritto al blog,visto buoni
scrittori,alcuni li contattai,scrivo anch’io
moltissimo.Potrei usarlo come punto
di incontro fra poeti e citta.
Detesto i venti -trentenni da” visibilita”.
Prima il contenuto,poi fai l'”evento”.
(detto da “timido-ansioso”,meglio cosi,
che mi permette di “essere” quando
serve).
Puo rispondermi quando vuole.Tutta
calma.E’ ricordare la mia Roma,la giovinezza,tante cose che li nascono
e che quando torno ancora trovo.
Ossequi.
P.S.Le ho chiesto l’amicizia.