Per le oche, inediti di Gabriella Sica.
Le vedo al laghetto a Villa Borghese
le oche bianche di stile e di lana
beate non sentono il tempo che passa
umili nel mistero sorelle
di fede e più limpide nella forma.
Non le ferisce la spada del sole.
Stanno tra i fili d’erba verde paghe
prese dalle fatiche del giorno
lì a crocchiare il grano e strepitare
con gran schiamazzo di gridi e piume
a tuffarsi nell’acqua e sbucare su
unite in fila diritte e svagate.
Si dondolano inermi aspettando
un’esca la morbida gola alla luce
con il pudore arreso degli uccelli
che non volano, incedono sul prato
foglie d’acero le zampe arancione
o sacri stemmi, esitano sull’abisso
un che di ottuso e lento le trattiene
non hanno la fierezza del pavone
solo la perseveranza che salva.
Scrutano immobili l’esigua aria
nell’attesa non parlano quiete
ma portano per noi il lutto liete.
***
Non tutta la carne sarà salvata
si capisce è una nota di tristezza
che trapela appena una sfumatura
nel tuo cipiglio nel becco protratto
che non è affatto segno di sussiego
nel disagio che ti fa barcollare
un palpito incessante nell’aria
di questa mattina grigia senza sole
tra le querce e i bei pini romani.
È un prudente assestamento di versi
l’atroce consuetudine dell’aspettare
e fare a meno di quello che manca.
È uno scialo coraggioso di vocali
l’accenno di un adagio un’apertura
le ali gonfie le vele aperte nell’azzurro.
***
Un’oca di gabbia è anche cattiva!
Matta e il cuore secco sbatte le ali
chi porta il cibo del giorno assale
ma è con chi l’ha chiusa a chiave buona
e sempre lei vigila sulla casa
sua e del nemico. Coraggiosa
nel becco tiene una triste penna
per dire che è ancora gaia e viva
e invocare la pietà d’una riva.
questa mattina ho aperto la finestra e non ho visto le mie oche, allora le ho chiamate “père père” la loro risposta unanime è stata “qua qua qua”
E’ il saluto del mattino che fa compagnia è incanta per la sua puntualità. Mi sono piaciute le tue poesie che parlano di loro. Un saluto
Marilena