Poesia abracadraba, di Dome Bulfaro

Poesia abracadraba, di Dome Bulfaro.

    

   

Dome Bulfaro è nato a Bordighera nel 1971, vive a Monza. È poeta, performer, artista, insegnante.
domeHa pubblicato Ossa. 16 reperti (Marcos y Marcos 2001), Carne. 16 contatti (D’IF 2007) vincitore del Premio di Letteratura “Giancarlo Mazzacurati e Vittorio Russo”, Versi a Morsi (Mille Gru 2008), Ossa Carne / Bones Flash (2012, Dot.com Press, con CD e traduzioni in inglese di Cristina Viti), Milano Ictus (Mille Gru 2011) da cui è stato tratto l’omonimo spettacolo crossover di poesia, teatro, musica. Suoi testi poetici sono stati pubblicati negli Stati Uniti (Interim 2006) e in Scozia (Luath Press/Torino Poesia 2009) tradotti dal poeta americano Christopher Arigo. Ha vinto diversi premi di poesia ed è stato pubblicato in numerose antologie, blog e riviste letterarie italiane. Ha sviluppato metodologie didattiche applicate alla poesia contemporanea – scritta e ad alta voce – e tiene seminari e corsi per ogni età e grado di preparazione. È stato uno dei primi in Italia a praticare la poetry therapy.
Ideatore di numerosi eventi poetici, è direttore artistico di PoesiaPresente (www. poesiapresente.it). Nel 2013 ha co-fondato la LIPS, Lega Italiana Poetry Slam (http://www.lipslam.it/) di cui è Presidente. È regolarmente invitato in festival di poesia & performance internazionali (Europa, Melbourne, Rio De Janeiro). Ha vinto il primo Poetry Slam ripreso e mandato in onda dalla RAI (Rai 5, 2015), Radio Televisione Italiana.

La poesia per Dome Bulfaro è “corpo in viaggio dalla morte alla vita, un viaggio di ritorno verso una carnalità consapevolmente e pienamente intesa.” (Cristina Viti)

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I poeti riprendano ad indagare tutte le possibilità espressive della parola e del proprio corpo: strumento in gran parte ancora inesplorato. L’attuale visione letteraria della poesia ci ha mummificati. Per essere poeti presenti e del presente, dobbiamo varcare, nello spazio e nel tempo, i nostri confini. La tradizione italiana, proprio per ritrovare se stessa, ha bisogno di guardare ad altri modelli di poeti e ad altre esperienze di poesia.

La magia, la taumaturgia e la terapia sono arti e doti che sto indagando in questo ultimo anno con Lorenzo Pierobon, esperto di tecniche non convenzionale nell’uso della voce, con cui dai tempi di Milano Ictus (2008) condivido gli studi sul potere dei suoni della parola.

Abbiamo sperimentato i primi riti di passaggio di tre viaggi vocalici: mali-ali, soffro-offro, odio-Dio. Questi viaggi solcano, a cavallo della voce, i paesaggi dell’anima, indagano la potenza taumaturgica dei suoni, ritualizzando una forma di cura del dolore attraverso la parola. Poesia vocale di guarigione e autoguarigione dunque, in cui la parola detta s’intreccia e si accompagna a quella cantata.

In una delle nostre sedute Lorenzo Pierobon mi ha mostrato la tavola di Mileto (Μίλητος – città costiera della regione anticamente detta Caria in Asia Minore, oggi Turchia) da lui rielaborata. Ci siamo più volte confrontati su questo quadrato magico. Più volte lo abbiamo interpretato dicendolo e cantandolo. L’aspetto più sconvolgente è stata la velocità con cui, osservando questa tavola, mi è apparso il primo testo. Le parole, come bastasse dire abracadraba, parevano provenire direttamente dall’abisso di questo quadrato magico. Le parole degli altri 6 testi invece sono emersi dopo un lavoro di composizione ma si sono aggregate fra di loro con la stessa fluidità e parvenza magica.

L’Arte divinatoria è una pratica dimenticata dai poeti europei. Gli indiani e i cinesi l’hanno resa un’arte, le religioni monoteiste l’hanno bandita. La sua potenza e il suo ricordo, nella cultura occidentale, sono svaniti o emarginati nelle mani dei chiromanti. Perché?

Uno dei più noti e antichi quadrati magici latini in forma di lettere è il quadrato del sator, oggetto di attenzioni anche di Leonardo, il cui senso e significato simbolico restano ancora oggi da decifrare con certezza. La tavola di Mileto è ancora più indecifrabile e avvolta nel mistero.

Le sette poesie cambiano nelle consonanti ma conservano la stessa sequenza vocalica della tavola di Mileto. L’adozione della tavola vocalica come dispositivo creativo, seppur riducibile ad un gioco, ha generato sette testi dal carattere profetico e oracolare. In questa sede per la prima volta presento i primi quattro.

La loro esecuzione durante le prove, in duo con Lorenzo Pierobon, ci sta portando verso una messa a punto di un percorso liminale, come la migliore poesia orale impone. D.B.

 

A

 

E

 

E

I

O

U

O

E

E

 

I

O U O A
E  I  O U O A E
I  O  U O A E E
O  U  O A E E I
U  O  A E E I O
O  A  E E I O U

 Tavola vocalica Vocal Harmonics in motion®
(rielaborazione della tavola di Mileto)

     

Sette divinazioni (I-IV)

I.
Arrendersi col muso
elettrico, col muso dal
tremito tuonante:
Dio sputò candele,
consumò spade, perì
sul portale nel vivo
combattere chi non fu

II.
Babele si procurò
veleni, l’urlo dal
teschio umorale
sbrinò un cobra che tre­­–
mò muto, la stele di
tufo ascese in gon–
dola, nell’empio sud

III.
La mercé di kouros
tremendi, oscurò dal
Tempio ruotante,
il nodulo. La febbre
consumò maree di
pungolate. Egli con
l’ombra spense il focus:

IV.
Cade nel filo scuro
cede chi oscuro va
nel filo blu non sale
chi lo scuro cratere
non può sapere, chi
ruota bene, chi d’or
non cade nel filo blu

                            

Mary Astor 1906 - 1987
Mary Astor 1906 – 1987

One thought on “Poesia abracadraba, di Dome Bulfaro”

  1. giochi
    le parole ci giocano e
    soggiogano gli occhi
    e più delle parole le sillabe
    interminabili or-
    me che crea da residui di on-
    deposte accanto alla paura
    di soccombere
    senza voce sparire
    nella gola della eco
    tra le spalle di una os-
    cura montagna dove depongo
    tutta tutta
    la mia ignoranza.
    ferni

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