La poesia breve è un canto, editoriale di Vittoria Ravagli.
Ho incontrato la poesia breve in Chiapas quando nel 2010 sono stata con Ermanno ospite della poeta Ambar Past, una donna speciale. Nata in America, fuggita in Chiapas con la sua bambina alla fine di un amore, ha vissuto anni difficilissimi prima di essere accettata dalle donne del posto; faticoso sopravvivere per lei in quel mondo così diverso, per Ambar, una ragazza alta e bionda, senza punti di riferimento vicini; duro lavorare con la terra in quella comunità di piccole donne scure spesso gelose di lei. Ma nel tempo si è così bene integrata che ha deciso di prendere la cittadinanza in Chiapas mettendo nuove potenti radici: si è fatta amare, stimare, ed ora è conosciuta in tutto il mondo.
Ha cominciato a raccogliere le frasi poetiche che le donne maya si erano tramandate di donna in donna per secoli. Per anni le ha raccolte e ne ha fatto un libro meraviglioso “Incantesimi” stampato dai Taller Legnateros (Laboratorio dei taglialegna), una comunità che lavorava (e ancora lavora) partendo dai fiori, producendo la carta, stampando e vendendo i propri prodotti, allora sotto la sua guida di Ambar a San Christobal.
“Un canto è un libro che non si può bruciare… Ebrezze e sortilegi, Incantesimi delle donne maya è il primo libro che i Maya hanno creato, scritto, illustrato, impresso e rilegato – in carta fatta a mano da loro – dopo quasi cinquecento anni. Più di 150 persone hanno collaborato per scrivere, illustrare e realizzare questo libro, fra cantatrici, veggenti, streghe, macheteras, fattucchiere, portatrici, oranti, incensatrici, curanderas, tintore, préfiche, filatrici, pastore, nutrici, mugnaie, raccoglitrici, nixtamaleras, bisnonne, braccianti, spazzine, contadine, ceramiste, pazze, levatrici, coltivatrici, boscaiole, sanaossa, argüenderas, spiritiste, suocere, commercianti, becchine, artificiere, festaiole, panettiere, artigiane, pulsatrici, truffatrici, madrine, mammane, comari, computer, scultrici, muse e perfino uomini. Abbiamo fatto questo libro “come facciamo i nostri figli”, secondo Petú Xantis, “con la forza della nostra carne e gli uccellini del nostro cuore”.
Scriveva anche Ambar: “…Quando ho cominciato a conoscere le incantatrici degli Altos del Chiapas, nel 1974, mi impressionò moltissimo che queste donne tzotzil, pur sopravvivendo in estrema miseria materiale, fossero costantemente circondate da poesia di loro invenzione. Che queste donne, le autrici di questo libro, hanno un canto o una fattura o una poesia per accompagnare ogni aspetto della loro vita quotidiana…”
Io tra loro, immersa nei piccoli e grandi riti, nelle loro case povere ma bellissime, essenziali ed ospitali, dove bambini, candele, poesie erano sempre presenti, ho respirato una vita che sapeva di vero. Mangiavamo verdure e fagioli per lo più, e si viveva con il prodotto degli orti. La carne di anatra una festa eccezionale, davvero rarissima.
Ed ecco una poesia breve, un esempio, che le racconta:
Le parole sgorgano dal cuore
E passeggiano per i sentieri
Del nostro sangue.
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Il veggente viene cantando
e trova la parola,
la carezza della parola,
nel profondo delle vene
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Il vento cammina per il campo.
Dietro il vento cammina la fame.
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Le loro poesie sono corte o lunghe, sono frasi spezzate o storie come nenie, parole poetiche dolci o sferzanti, di amore o di odio.
Il Chiapas resta nel mio cuore… Ho amato le loro poesie, le loro parole, le atmosfere.
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L’ho incontrata anche altre volte la poesia breve, nelle giaculatorie che mi faceva dire mia madre da piccola, nei canti popolari romagnoli con gli stornelli, nelle gare di endecasillabi in Toscana, nell’ascolto e nella scrittura degli haiku. Bellissimi i laboratori fatti nelle scuole con i bambini delle elementari del mio paese, quando insieme vedevamo fiorire poesie brevi e bellissime, come creazioni insperate e luminose, quadri parlanti.
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Poi l’incontro con i landai. Un nuovo amore. Landai e le donne, le femministe. Ci hanno subito appassionate questi due versi brevi, brevissimi, di nove e tredici sillabe ma variabili, non rigidi, usati dalle donne afgane per gridare il loro dolore, la prigionia, la violenza, l’odio, la disperazione per il loro stato. Anonimi, di denuncia, di rabbia. Come uccelli scuri che uscivano dalle bocche e volavano via per portare sino a lontano il pianto.
Non potevano essere lungi questi versi, dovevano colpire chi li ascoltava come le pietre che spesso colpivano loro, le donne “peccatrici”. Dovevano vuotare l’anima dal dolore insopportabile, ripulirla, ridarle luce e vita.
Lo capì Marco Ribani, poeta molto amato ed amico, raro uomo in questo mondo popolato molto spesso, mi pare, di sole donne e di pochi maschi- compagni, e non maschi-padroni (come diceva Joyce Lussu) E abbiamo cominciato a scriverne da subito. Eccone alcuni:
Sono venuti a prendermi
ad aprire la porta è stato mio padre
Aldina de Stefano
°
Mi hai afferrato per la gola
Senti come urlano le mie sorelle
Antonella Barina
°
Mi hanno strappato la pelle,
ma io abiterò i loro sogni per sempre.
Giovanna Zunica
°
Il viso terreo ansimava.
Braccata. Le pareti spesse. Prigioniera.
Paola Tosi
.
Questi singoli landai facevano parte di gruppi di diversi landai tra di loro in armonia.
Anche con l’utilizzo dei landai i momenti più belli per me, oltre all’incontro nei Giardini del Guasto di Bologna nel 2013, sono stati quelli con ragazze e ragazzi delle scuole medie e superiori. Classi che ci hanno accolte a volte con aria sospettosa, disinteressata e che poi hanno piano piano presa consapevolezza. Hanno capito che quello che dicevamo riguardava anche loro, le loro vite di oggi nelle famiglie spesso disfatte e toccavano loro stesse/i, per il presente e il prossimo futuro. Riguardava le scelte da fare; loro, i maschi, nei confronti delle ragazze, il discorso delle coppie, dell’amore rubato o cercato, curato, amato, della libertà personale e dello scambio, del fare insieme se c’è piacere in questo, non come obbligo, della tenerezza, che non può mancare se c’è amore.
I giovani maschi mi hanno a volte stupita. Ho trovato in loro un campo aperto e una certa possibilità di ascolto se trattati alla pari, senza retorica e bisogno di giudicare.
Le ragazze forse più consapevoli, con scelte già abbozzate. Molto prese da se stesse. Attente. Silenziose per lo più: qualcuna pareva aver già messo ordine tra sentimenti e corpo.
Alla fine dei nostri incontri hanno scritto i loro landai, interessanti, belli, semplici, a volte ironici.
Tutto è stato possibile perché lo strumento era la poesia breve.
°°
La poesia riguarda tutti, è un modo semplice e diretto di esprimersi. Le parole sono facili da ricordare. La poesia come la musica è un ritmo dell’anima.
Più passano gli anni più amo l’uso discreto delle parole. Vanno tenute da parte e fatte uscire quando serve, quelle giuste, poche, sole le parole utili per rendere bella o chiara un’idea, un concetto, una descrizione. Diventa forte il significato, come toccare l’essenziale. Per questo amo la poesia breve.
Così è per me ora, che sono vecchia.
La poesia breve è il nostro canto ed “il canto è un libro che non si può bruciare”.
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https://danielaterrile.wordpress.com/2009/01/19/ebbrezze-e-sortilegi-incantesimi-delle-donne-maya/
https://fanzine.versanteripido.it/poesia-al-femminile-i-landais-di-vittoria-ravagli/
Non indico altri link dei landai; moltissime le pagine che li riguardano, basta cercare. In particolare su Cartesensibili.