Poesie di Rosario Bocchino, resistente inedito.
Rosario Bocchino, autore completamente inedito, è nato in un piccolo paesino della Calabria ormai cinquant’anni fa, triestino d’adozione per “complicazioni matrimoniali”. Una forte propensione per la lettura prima che per la scrittura – alla quale, dichiara, sono arrivato quasi per caso dieci anni fa. Anche se devo dire che la prima “poesia” è datata 1987, anno in cui qualcuno decise che per mio padre era giunta l’ora di salutare.
Pochissime partecipazioni a concorsi di scrittura con un secondo e un terzo posto. Una famiglia normale, moglie e due figlie, la più grande universitaria convinta, l’altra, più piccola, convinta del contrario, nel senso: non mi piace la scuola, lo faccio solo per voi.
mediani
il cuore era abbastanza nuovo
per innalzare castelli
noi del resto apparivamo giganti
accettavamo le rimesse
come fossero diagonali e ripartenze :
il campo aveva le porte di mare
due reti per riempire il mondo
e qualche calcio di scogli
ci rendeva capitani
non conoscevamo panchine
le tattiche di contropiede
erano le prospettive per resistere
soprattutto in scia a ragazze timide
alla fine ci dimenticammo dei gol
ma amammo senza dubbio il vento
e le ali da mediani
-dell’unico cambio di maglia
ricordo il batticuore di Anna
e le sue gambe da estremo difensore-
***
quando lenta è la condizione delle strisce
per le strade è poca cosa
la forma dei marciapiedi
soltanto lo spazio dei passi
ne misura la sofferenza
ed è proprio in quei passi
che il tempo appare stanco
e l’ombra fissa il peso del viaggio
del resto le traiettorie si annullano
quando lenta è la condizione
delle strisce
così a digradare addosso ai vecchi
sono le fermate
e l’arroganza dell’età tra i cappotti
le vetrine invece insistono sui volti
con un po’ di freddo
e le poche luminosità di febbraio
tanto dei limiti degli occhi
non sarà facile cambiarne il percorso
sapendo che sarà incerto
***
solo il buio preme per un diverso confine
è una luce di traverso la vista dei finestrini
umidi di pioggia attraversano il modo della strada
come fossero solitudini
il fiato invece ha solo il rumore del vetro
al prezzo della salita
del resto l’asfalto si pone sempre in disparte
solo il buio preme per un diverso confine
ringhiere e tornanti assistono
una luna di traverso
la ragazza appoggiata ai suoi anni
non ha misure invidiabili
ma riassume il gesto del tempo
in un vuoto di maglietta che non necessita
di alcuna scalata
le mani spese in tasti e codici
assomigliano al grigio dei muri
scomposte e confuse
dettano chissà quali delusioni
dagli alberi nessun cenno
nemmeno la conoscenza del vento
la panchina intanto raccoglie un po’ di peso
***
il modo intimo di scegliere i passi
quando il lato disinvolto del mondo
è mestiere da grandi
la parola ha voce d’inverno
solo il modo intimo di scegliere i passi
diviene conterraneo e vicino
tanto da sentirsi ancora bambini
a volte però non rimane
che disfare giochi
perché di quel senso smarrito
di corse e occhi
rimane un oggetto di vetro
troppo fragile per non sentirsi barlume
come le assenze delle panchine
che contrastano il tempo
con inganni di legno
***
in distanze di volti
quando in distanze di volti
mancarono gli anni dei vecchi
furono lacrime i marciapiedi
i passi durarono alle ombre
come in mancanza di foglie
e le altitudini vissero
una misera intrusione d’alberi
venne il vento che in nome di altri
non decise per alcuna voce
e la pioggia grigia d’emozione
volò in cadenza
anche il silenzio
inverso e condominiale
scelse panchine e un fuori orma
lungo la strada
i volti riempirono d’assenza
le traiettorie e non ebbero sorrisi
i corpi tra la gente
nemmeno per dettare una stagione
poi in abitudine al tempo
gli uccelli si fermarono a nutrire sogni
***
le destinazioni hanno il peso delle valigie
le destinazioni
hanno il peso delle valigie
il microfono invece non sa decidersi
tra arrivi e partenze
appena fuori le macchine
giocano a nascondino coi vigili
usando tutta la destrezza della fuga
solo la caduta dell’acqua
raccoglie parole per farne saluti,
il cielo pare rassegnato alle facce
stanche e in disuso
eppure la pioggia
ha la bellezza delle lacrime
quando in verticale assume
la sensazione del tocco
mentre il vento mi pare sicuro,
competente e a tratti nervoso
nel fare il verso ai tabelloni
/ci sono viaggi
a cui mancano gli arrivi
se insegnano ai binari la solitudine
***
il tempo sogna panchine
e io che non so di cammino
m’invento a est
indovinando il giorno
(e nel vedere mi scopro
ovvio e controvento, alla rinfusa a volte)
anche Nicola prova qualche
appunto : due bicchieri e un forse,
un vestito di fumo tra le mani
il bar è sempre lì, a sud del caffè
altri tempi e luminarie fedeli
ignorano il colore della pioggia
alberi e vicoli invece aggiustano indirizzi,
stringono voci di campanile
indifferenti ai numeri
mentre di spalle i balconi
digradano verso sera
e un vecchio sorride dei suoi anni
/all’ombra di qualche passo
il tempo sogna panchine
insieme a ragazze brune
***
un crinale di bora e nulla più
Marisa ha gli occhi come la notte
molte albe disgiunte
qualche lacrima da presentare
stringe sigarette slovene
e conati di gente, non ha memoria
per quel corpo incominciato
nel suo insieme è dolce
si muove col respiro intorno al cielo fitto,
crede ancora nei sorrisi
soprattutto quando sono a forma di euro
Marisa indossa un corpo a distanza
speso su marciapiedi di birra
e poesie di rabbia e bestemmie
ha le mani di cera
un anello di solitudine nelle tasche
la nebbia in mezzo ai passi
Marisa è un refuso a bordo pagina,
un attimo distratto che ricorda al mondo
il suo perimetro di traverso
/intanto fuori ottobre è destinazione :
un crinale di bora e nulla più
ringrazio sentitamente versanteripido.it per l’accoglienza e in particolare Flavio Almerighi che, in maniera ostinata e convinta, ha creduto e crede in me, nonostante io non sia del suo stesso punto di vista in termini di preparazione e capacità lirica. Ma è indubbia la mia riconoscenza nei suoi e nei confronti di questo sito come innegabile è l’emozione per la possibilità che mi è stata concessa.