Potis sum, di Marisa Cecchetti

Potis sum, di Marisa Cecchetti

 

 

Se guardo al significato di possum, da cui la parola potere, trovo la radice potis. Potis sum. Sono abile, sono capace, sono in grado, ce la posso fare. Corrisponde parecchio ad I can nel senso di I am able, sono capace.
Se penso a ciò che evoca la parola potere, oggi e nel passato, avverto con disagio una grande distanza dalla radice.
Se ne è fatto e se ne fa un grande uso – potere assoluto è quello che mi viene in mente prima degli altri, seguito poi dalle conquiste illuministe della divisione dei poteri, per controllo e limitazione di ciò che si diceva venisse dall’alto, col potere del sovrano voluto da Dio.
Ma la divisione dei poteri non è bastata. Prova ne sia il XX secolo con le dittature ed i regimi comunisti, prova ne siano anche oggi i paesi dove la rivoluzione illuminista non è arrivata e religione e Stato sono tutt’uno ad imporre, limitare, condannare. Questo connubio ha talmente plasmato le menti che si sono viste masse di fedeli arrogarsi il diritto di manifestare contro il verdetto di un giudice che ha decretato di salvare una donna, chiedendone invece con ferocia la morte in nome di Allah. Talora il potere della massa è incontrollabile e pericoloso.
Purtroppo religione e potere sono sempre stati indissolubili, basti guardare alla storia passata della Chiesa. Il potere in questo senso ha una accezione negativa.
Un nostro uomo politico ormai trapassato affermò che il potere logora chi non ce l’ha. Ma chi ce l’ha? Prima di tutto chi detiene il controllo dell’economia. Il potere economico condiziona scelte politiche, sposta e dirige gli interessi dei più forti al di sopra ed a discapito di chi rimane fuori dal cerchio. E se si considera che la potenza economica è nelle mani di una percentuale molto esigua di abitanti della terra, la stragrande maggioranza è senza il potere di incidere sulle grandi decisioni. Perché alla fine vincono i soldi con cui si compra il lecito e l’illecito.
Coloro che il voto democratico sceglie perché legiferino e governino – nei paesi dove si può – sono spesso condizionati da esigenze talora al di sopra di loro, legate ad aspetti economici, finanziari, diplomatici, sociali, di sicurezza, di politica internazionale, di scambi commerciali, di apertura di mercati – e via dicendo -, inoltre non sono facilmente inclini a fare l’utile di chi sono chiamati a rappresentare, ma cercano di mantenerlo, quel potere, per non arrivare a “logorarsi” cedendolo ad altri. A gran voce e con tutti i media possibili e su tutti i social network cercano di assicurarsi il perdurare della maggioranza dei consensi.
Questo della comunicazione invasiva è un potere che si è consolidato nel tempo, lo avevano già capito bene le dittature del secolo scorso che sfruttavano tutti i mezzi allora disponibili, di propaganda e di immagine. L’arte di suscitare emozioni forti, che scavalchino nell’immediato la razionalità, che lusinghino le aspettative ed i desideri delle masse, è uno strumento su cui si rafforza il potere, il quale tuttavia può diventare effimero quando si risvegli la razionalità assopita dalle emozioni.
E si torna ancora a potis sum ed I can: sono capace. Ma soprattutto sono abile. In senso negativo.

Nelson Mandela e Ruth First, 1951, UCT Libraries Digital Collections - in apertura Ruth First, murales di Ben Slow, Orlando East Soweto Johannesburg, foto Derek Smith, fonte Wikipedia
Nelson Mandela e Ruth First, attivista e sociologa sudafricana, 1951, UCT Libraries Digital Collections – in apertura Ruth First, murales di Ben Slow, Orlando East Soweto Johannesburg, foto Derek Smith, fonte Wikipedia (foto originale a colori)

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