Punkromantica, poesie di Rossella Tempesta.
Rossella Tempesta è nata a Napoli nel 1968. Vissuta a Terlizzi, Milano, Cattolica, Rimini, Napoli attualmente risiede a Formia. Si occupa di Poesia e Cultura anche promuovendone la divulgazione con eventi ed iniziative corali. Suoi testi ed interventi appaiono sulle riviste Poeti e Poesia, La Mosca di Milano, Graphie, ClanDestino, AttraVerso, Poesia, , Il Filo Rosso, Farepoesia.
Per la sua poesia ha ricevuto i premi “Dario Bellezza”, “Salvatore Quasimodo”, “Miramare Poesia”“Hostaria dal Terzo”, “Sandro Penna”.
Ha pubblicato: “Dolce domenicale a Gennaio” plaquette autoprodotta con il pittore Davide Frisoni di Rimini, 1999; “Alla tua porta” prefato da Davide Rondoni, Walter Raffaelli Editore Rimini, 2000; “Passaggi di Amore” prefato da Elio Pecora, Edizioni della Meridiana, Firenze, 2007; in antologia “Vicino alle nubi sulla montagna crollata” a cura di Enrico Cerquiglini, Campanotto, Udine, 2008; silloge “Tutto, e la rivoluzione nell’antologia”, Le amorose risonanze a cura di Mario Fresa, L’Arcafelice, 2009; in antologia “Garzantina degli Scrittori inesistenti” a cura di Aldo Putignano, Boopen Led, Pozzuoli, 2009; “L’Impaziente” prefato da Chiara De Luca, Boopen Led, Pozzuoli, 2009; “Libro Domestico”, con una nota di Rodolfo Di Biasio, Ghenomena, Formia, 2011.
È presente nell’antologia “Nuovi Poeti Italiani” n. 6, a cura di Giovanna Rosadini, Einaudi 2012. Recentemente ha pubblicato un ebook gratuito sul sito della rivista letteraria online La Recherche, a cura e con un aprefazione del poeta e fisico Roberto Maggiani; il libro si intitola “Inequilibrio” e corrisponde al numero 184 della collana di ebook gratuiti scaricabili dal sito www.larecherche.it
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Punkromantica n.8
Circumvesuviana Napoli
Che consolazione Signora
porta a due mani e con delicatezza?
La sportina di plastica avvolta intorno
a una pietanza buona,
un non so cosa che sua madre o sua suocera
le hanno preparato, mentre era al lavoro,
per la cena sua e dei figli, del marito…
Ecco oscilli un poco, brava,
nel mezzo del vagone circumvesuviano,
preveda la frenata, il sussulto ad ogni stazione
e preservi stretto al petto il frigoverre
Ah Signora come siamo tutti affamati qui
e cupidi di casa e delizie di focolare,
noi pendolari sporchi stropicciati
noi impiegatucci, studentelli,
pensionati traslucidi.
Persino la ragazzina col visetto pulito,
la pelle bianca bianca, gli occhialini da vista – ma vezzosi-
persino lei e la sua improvvisa cresta verdazzurro
sulla testa rasata ai lati, e con treccia azzurra e verde laterale
persino lei, la piccola
punk romantica scommetto
che ci affonderebbe il dito intero
nel suo gateau di patate (o che so io )
E’ una che vuol spaventare, si capisce,
ma solo perché è fragile e così spaventata.
Fa la cresta per le lotte e per gli amori,
come l’urogallo.
Lei, Signora, che ha il paradiso in braccio,
come si dice: “signora ancora giovane”
lei dal rassicurante sedere un po’ allargato
da figli e vita quotidiana, lei non le creda
lei che è perfetta, maglietta blu
blu jeans a pinocchietto
zoccolo basso argenteo.
Quella piccolina da ancora
il bacio alla mamma, per la buonanotte
e inzuppa latte e biscotti la mattina.
No, neanche io lo so perché
porti un collare da cane
e come ciondolo la pallina da biliardo n.8
appesa al collo.
Ha proprio paura di noi.
Facciamo paura.
***
Che l’unica sete
é contare i tuoi giorni, da vicino
vederli e sbocciare sorrisi
distendersi rughe leggere
accennare degli occhi commossi
di pianti e di gioia
Una vita, eppure
ancora non si trova nulla
di più bello da guardare che non gli alberi
e gli uomini fiorire.
***
Cresce ogni pianta
nell’orto, si allunga il manto
della cagnetta bianca
si allungano come spade
le gambe di un figlio
la luce nei suoi occhi è
screziata, si chiama adolescenza.
Cresce in me ogni sapere
inesorabile la consapevolezza
lo sguardo si arrende
al dolore, ne è spiazzato
mozzato il fiato
Così come il bene
-l’apparire di esso nella bellezza –
questa medesima
intensa commozione, la resa
di ogni ragione
per tutta la sofferenza
che è sui volti, per tutta
la meraviglia di un giorno
di gialla Estate.
***
Ho visto un albero immenso
il padre di tutti gli alberi
ho pensato: ecco mio padre.
Ma mio padre è un esile faggio
il suo seme caduto a caso, lontano dal filare
cresciuto sfasato, stranito dai venti.
Una volta vi facevano il nido gli uccelli giovani
poi sono volati troppo presto
gelati dalla sua silenziosa solitudine.
L’albero grande forse era il padre anche di mio padre
e aveva perso lontano questo figlio strano
cresciuto lungo e sottile
muto.
Avrei voluto che l’albero padre ci adottasse entrambi
me e mio padre
ci riabbracciasse nella sua corteccia di sughero
fino a riassorbirci nel tronco
a non darci più scampo
a riunirci per sempre.
***
Guarda la luce
sopra le nuvole dell’inverno
sale imperiosa, proietta in noi
il codice universale, ci chiama.
Attrae ogni molecola
l’andirivieni selvaggio dei gabbiani
sulla distesa d’acqua cilestrina.
E’ passato un diluvio
e siamo ancora sopravvissuti.
***
Prima che io nascessi in me
ero stata decisa in pochi tratti,
lineari e bianchi
e sotto i solchi degli occhi
due rivoli d’acqua da una fonte chiara,
verdeazzurra sorgente del pianto.
Così era scritto: prima del mio tempo
quello era già nominato con passione e mancanza
più ardente dell’amore,
attizzatoio di un eterno niente.