Rapimenti: India song, di L.V. Stein

Rapimenti, la rubrica di Lol Von Stein: India song.

                     

               

C’è una donna, un tempo una musicista, sottratta – giovanissima – all’Italia e portata in giro per il mondo, nel fasto, nello sfarzo.
Il suo corpo morbido, affusolato e bianco, indossa la bellezza con spietata consapevolezza. 

Questa donna ha un amante. Insieme hanno colpe terribili. Hanno seminato la pazzia dietro di loro. Forse continuano a farlo.

C’è un altro occidentale, folle, che guarda la donna con la disperazione degli sguardi irreparabili. Che dopo aver gridato il suo desiderio – poi – non potrà più tornare indietro.

Sono figure che danzano, che fluttuano – nel caldo, nell’approssimarsi del monsone. Gli abiti leggeri appiccicati alla pelle e ai sensi.
Musica di sottofondo, sempre. La sensazione che – una volta sul punto di lacerarsi – qualunque cosa possa venire curata dalla musica.
La colonia per i ricchi occidentali è questa indolenza, questi sospiri, il lungo nulla dentro ai calici ricolmi, il tempo trascorso nell’attesa.
Una lenta educata insofferenza, pronunciata a bassa voce.
Il Gange, Calcutta, i mendicanti, la miseria, sono un altro mondo, impenetrabile quanto quello del lusso all’interno delle dimore occidentali.
L’unica cosa che li accomuna è la follia, la paura e insieme il desiderio di perdersi.

La storia, questa storia, è già stata scritta più volte, e ora viene raccontata di nuovo. Un’ossessione che dura una vita.
Come se fosse scritta una volta in più, invano, per far tacere i propri fantasmi. E’ una banale questione di talento, se ancora una volta le parole sono – sempre – meravigliosa letteratura.

Dunque, prima di ogni immagine ci sono le parole – prima del cinema è il testo.
In apertura è scritto che ogni riferimento geografico è falso, che “i nomi hanno innanzitutto un senso musicale”. Siamo dalle parti della menzogna, mascherata di verità per esigenze narrative. Siamo già dalle parti del cinema.
E la musica, che trasuda dalle pagine, si riversa nella rappresentazione.

India Song è prima un testo, una pièce mai rappresentata. Poi un film, con una musica di velluto suonata al pianoforte. Infine, una canzone, cantata con voce ruvida e sensuale da un’attrice biondissima dalle labbra carnose.

    

India Song

Marguerite Duras – Carlos D’Alessio – Jeanne Moreau

   

Canzone
tu che non vuoi dire nulla
tu che mi parli di lei
e tu che mi dici tutto

Oh, tu
che noi danziamo insieme

Tu che mi parlavi di lei
di lei che ti cantava
tu che mi parlavi di lei
del suo nome dimenticato
del suo corpo, del mio corpo
di quell’amore
di quell’amore morto

Canzone
della mia terra lontana
tu che parlerai di lei
ora scomparsa
tu che mi parli di lei
del suo corpo dissolto
delle sue notti, delle nostre notti
di quel desiderio
di quel desiderio morto

Canzone
tu che non vuoi dire nulla
che mi parli di lei
e tu che mi dici tutto

india song jeanne                      

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