Strage di Bologna del 2 agosto 1980, di Agata Bui.
30 luglio 2014 a radio Città Fujiko, Claudia Zironi e Rita Galbucci leggono 02/08/1980 di Agata Bui con secondo registro di Claudia Zironi:
*
02/08
1980
Fa caldo
e ho 18 anni.
So che non li riavrò mai più.
Quello che non so – non saprò mai –
è perché sia qui – ora.
Dicono che dei momenti
importi il prima e il dopo.
Che nella catena degli eventi
non sia una casualità, ma un’intenzione
e una possibilità di fuga.
Come sia arrivata qui è irrilevante.
Conta solo che io ci sia.
E il dopo – in questo caso
non esiste.
In questa città, in questo giorno,
a quest’ora,
ci sarà sempre il sole,
anno dopo anno,
bollenti mattinate di mezza estate.
Nessuno ti prepara mai all’orrore.
Quello che verrà non mi appartiene.
I sopravvissuti racconteranno. Non io.
Ci saranno mani che scavano
e telecamere che riprendono
e macchine fotografiche che scattano
perché per farlo per sempre esistere – questo orrore –
bisognerà farlo vedere
e farlo rivedere
tutti gli anni a venire.
Ci saranno le parole – quante –
e nessuna che porti alla verità
perché ci sarà sempre qualcuno
a nascondere
il motivo per cui – io –
a 18 anni – sia stata uccisa da una bomba
scoppiata 35 anni dopo la fine della guerra.
Così che
non si potrà spiegare
ma solo ricordare.
Ora
Fa caldo
e ho un anno in più.
Sono ancora qui –
in questo corteo
che di tutti i cortei
è sempre quello del silenzio.
E io che non so mai nulla
una volta all’anno so dove sono e perché
e anche se tutti i momenti dell’anno fossero
sfuggiti al senso
rimarrebbe questo
e sembrerebbe redimerli.
Come sono arrivata non conta.
Conta solo che io sia qui.
Sentirò il sole sulla nuca
e le gocce di sudore colarmi lungo la schiena.
Cercherò – come sempre – di non piangere
al momento del fischio.
Non sono qui per le parole.
Sono qui perché le strade di questa città
in questa mattinata d’estate
siano inondate dalla luce
e riempite dai nostri corpi.
Non sono qui per ricordare.
Lo faccio ogni giorno.
Avevo 18 anni
e la fortuna di essere altrove
il giorno in cui a Bologna si caricavano i morti sugli autobus.
Sono qui per impedirvi di dimenticare
che noi – la verità –
non smetteremo di pretenderla
mai.
*
Sara’ che questa vicenda mi tocca da vicino, sara’ che sono una fan di Agata Bui, ma trovo un valore inestimabile in questa poesia. Agata ha uno stile maturo e inconfondibile. Riesce a stare in se stessa e al di fuori di se’ contemporaneamente, incarnando ad un tempo la vittima, gli spettatori e il proprio intimo sentire, esattamente come gia’ abbiamo sperimentato ne “l’uomo sotto il portico della morte”.
La cifra poetica non lascia spazio al facile sentimentalismo con un’analisi lucida della collocazione storica e urbana dei fatti traumatici che hanno lacerato le infantili certezze “buoniste” bolognesi. Coglie altresi’ l’essenza della causalita’ consequenziale sfociante nella necessita’ del ricordo e della verita’.
Complimenti Agata. CZ
mi ha fatto ricordare benissimo quel giorno, i momenti nei quali appresi la notizia ed anche quelli di piazza Fontana, e di Brescia e di Ustica.
quanti morti, quanti morti
brava poetessa Agata