Reportage di amori clandestini di Claudia Zironi.
Collage di versi da poesie edite e inedite.
Se due primavere asciutte
reclamano la pioggia
Se due correnti si scontrano
sulla stessa diagonale
Se due treni per un cambio
difettoso si puntano
sullo stesso binario
Se noi due ci siamo
incontrati.
*
Viviamo lo stesso male
cerchiamo la stessa cura
e apriamo varchi incerti
l’uno all’altra, quando vorremmo
sprofondarci dentro, annichilirci
graffiandoci la schiena, incendiarci
in lunghi capelli sparsi sui cuscini
e risorgere
nel profumo di marina. Vano
sarebbe l’accostarsi, l’intrecciare
mieli e lingue a lenimento, breve
sollievo
darebbe a questa fame.
*
Vorrei conoscere ogni respiro
del suo sonno vicino al mare
Ogni goccia del sudore
che versa fra le lenzuola
Vorrei essere il piccolo geco
che abita il soffitto
della sua camera da letto
Precipitare nella resa delle zampe
sul suo petto
*
l’attesa di una parola, di un messaggio, di un responso,
l’attesa di condanna o assoluzione, l’attesa di un cenno
che sia sereno o burrascoso, l’attesa della neve, del fuoco
ardente, del liquido scorrere di una corrente, l’attesa vana
e l’attesa grata di tutte le possibili risposte. l’attesa che
mi consuma il ventre. l’attesa.
*
sono felice
di una felicità bambina
di qualcosa che mi cresce dentro
e non voglio fermare
di tram e treni
e poeti
e di chi non ricorda l’amore
conto
dodici, dodici rose che devono appassire
e più conto più lunga é l’attesa
dell’acqua con cui si spegnerà
l’incendio, dentro
fluirà davvero trecento anni
*
Sarà breve possesso
di anime di corpi
se la rosa perderà
l’ultimo petalo
Essiccherò il gambo
fra le pagine del tuo libro
Essiccherò il desiderio
prima che si plachi
E torneremo a scrivere
non di noi
in un mercoledì di giugno
*
E sei un intero mare
a cui non ci si abbandona
mai completamente
se non quando dalle falle
si imbarca troppa acqua
o ci si appresta al varo
Tento la tua spuma, intimidita
Meduse fluorescenti
accarezzano lo scafo
(Legno e fuoco) mi arrendo
alla vastità di acqua e aria
ben legata ad una gomena
*
Apro la finestra
a uno squarcio di sole
Non mi accorgo che è sera
Guardo nello specchio
se è rimasta una briciola
di luce, nel forno nemmeno
Seno sfacciato, capelli
tirati dal parrucchiere
E nulla da dire
non a un cinese,
di vuoti incolmabili
*
Immaginare un orizzonte
indistinto di nubi bianche e
acqua salmastra. Dal vento
freddo ci ripareremmo
guancia contro guancia
braccia nelle braccia, lingue
arrotolate ad occhi chiusi.
Riprendere il cammino
insieme, fino al capanno
e là svanire, fatti sabbia o
schiumare contro una chiglia.
*
Ai piacevoli amanti
Non so dire quante volte ho visto
piogge torrenziali abbattersi,
rovinare a valle trascinando tronchi
radici e vuoti. Non so dire le ore infinite
temendo i lampi, quando la paura
era che finisse; e neppure so dire
delle onde tumultuose nell’illusione
che il loro placarsi non fosse
un nuovo deserto di rovi.
Non so, non so dire perché
le dune si afflosciano e mutano
al passaggio delle correnti, ogni volta
più aride e sterili. Erose.
*
Ho letto queste poesie come fossero capitoli di un romanzo in versi, percorso da un’inquietudine esistenziale che fa del richiamo amoroso la sua stella polare, il punto di riferimento di un’ansia di vivere, obiettivo e compimento di un’ intera vita. Le ho apprezzate.
grazie caro Astolfo Gufi, per avere letto questa lunga silloge. Ho mixato poesie ed estrapolato versi di varia provenienza, molti neanche nati con intenti celebrativi dell’eros, per, come dici tu, romanzare in versi una storia d’amore. Un caro saluto.
hai descritto un cammino , per un buon periodo percorso in due, e che lentamente si trasforma in un distacco, una rinuncia, una strada solitaria.
si sente il piacere, anche l’eros è sobrio, ma soprattutto si legge l’amore che è stato importante.
una buona scrittura, ma che non ci coglie di sorpresa, l’autrice è una delle mie cup of tea.