Rime apocrife, di Fabrizio Bregoli

Rime apocrife, di Fabrizio Bregoli.

   

   

Fabrizio Bregoli è nato ed ha vissuto fino alla maturità nella bassa bresciana a cui è indissolubilmente legato e dal 1997 risiede in Brianza. Laureato con lode in Ingegneria Elettronica, master in Marketing, lavora a Milano nel settore delle telecomunicazioni.
Compone e si interessa di poesia fin dall’adolescenza, ma solo recentemente ha scelto la strada della pubblicazione e della condivisione con il pubblico. Tiene letture pubbliche di poesia presso biblioteche e caffè letterari, partecipa attivamente a cenacoli culturali nazionali e blog letterari.

Ha pubblicato “Eresia del Cuore” (Ilmiolibro, 2012), la plaquette “Grandi Poeti” (Pulcinoelefante, 2012) curata da Alberto Casiraghy, “Volti” (Vitale, 2013), “Baedeker. Libro di Viaggi” (Montedit, 2014), “Cronache Provvisorie” (VJ Edizioni, 2015).

Suoi lavori sono stati pubblicati in antologie di Montedit, Aletti, Lieto Colle e sulle riviste Euterpe, Alla Bottega e Versante Ripido. E’ inoltre incluso nella ”Enciclopedia della Poesia Contemporanea 2014” della Fondazione Mario Luzi e in “Lezioni di Poesia” (Arcipelago Edizioni, 2015) di Tomaso Kemeny come frutto della sua partecipazione al laboratorio poetico de “La Casa della Poesia” di Milano.

Ha conseguito oltre 90 riconoscimenti in premi nazionali di poesia, ai quali partecipa per gioco e per auto-sfida, conseguendo il Primo Premio a Letteratura d’Amore di Torino (2013 e 2014), Aurelio Goretti (2013), Autunno in Franciacorta (2013), Comunità Acquafreddese (2013), Marietta Baderna (2014), Eridanos (2014), Lino Molinario (2014), Arco dei Gavi (2014), Daniela Cairoli (2015), Poesia dell’Anno (2015), Centro Giovani e Poesia di Triuggio (2015), il Premio del Capo dello Stato al Nicolis (2015) ed il Premio della Stampa al Città di Acqui Terme (2013).

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Le poesie raccolte sotto il titolo “Rime apocrife” sono tratte dal suo ultimo lavoro Cronache Provvisorie, VJ Edizioni, 2015.

   

RELIGIONE DOMESTICA

Un altro anno già calcia il calendario,
piazza tiri a traversa, fuori gioco,
ore arse come grani di rosario
ma attender sugli spalti torno torno
non vale il baloccarsi tra le cose
fino alla nuova luce che dà giorno.
E’ come allineare in una frase
frammenti d’una vita che discorre
in cerchio nel silenzio delle case.
Il bollito di manzo, il cavolfiore,
a specchio le forchette lucidate,
bucato di lavanda, bollitore,
il luccichio ai vetri sotto il sole,
certezze tutte, in fila alle parole.

Se resterà nell’orma ancora polvere
aggiustarsi il cappello sulla fronte
sarà come vedersi un po’ resistere,
come a dire la soglia all’orizzonte
non spaventa, si deve pure andare
alla ricerca di ciò che oltre il fiato
ancora resta, la fibra già attorta
e non combusta, il palpito che dura,
quel chiaroscuro a sprazzi dentro l’ombra,
quel niente che si fa letteratura.

***

PULIZIE DI PASQUA

Così s’afferra al volo quello straccio
e lo si strizza bene nel catino,
si tiene stretto un manico di scopa,
muovendo mani e fianchi in consonanza,
reinventando il lindo canovaccio
di spazzole secchiello lavandino,
si libera la stanza dall’impaccio
degli altri che sarebbero di troppo,
lo spazio giusto alla tua solitudine
giustificata ad arte, in prepotenza
perché ora nulla resti in eccedenza
fuorché lo scivolare di pantofole
sul lucido lavoro del tuo gomito.
Scopri come sia per niente insolito
stringersi alle pareti, alla tua casa,
la stanza plasmi il senso delle cose,
quella forma che sa riempire il vuoto
lasciato dal contorno della polvere,
quel vago sentimento dell’esistere.

***

CI SONO GIORNI

Ci sono giorni che tu non sai dire,
che si reggono ai trampoli del fare,
che sfuggono alla presa delle mani,
che scalciano al tallone dei tuoi piedi.
Si corre sulla pista ben ghiacciata
coi pattini taglienti della sfida,
s’appicca la scintilla del lavoro
nel darsi braccia mente ed intestino
com’unica caletta di ristoro.
S’indossa la ghirlanda d’ordinanza
con la fiducia accesa del miracolo,
nessuno indugia nella militanza,
si vota ciecamente al tabernacolo,
l’altare polimorfo dell’azienda
che c’è ospite padrona e cortigiana
e noi devotamente si ringrazia
d’esistere ad istanti se va bene,
se la luna depone l’avarizia,
se lo zodiaco dà segni di grazia,
se l’orlo delle labbra ancora tiene
o, più semplicemente, se conviene.

***

SALMO

Ed invoco rivalsa da una vita
se seconda al ritorno che l’accoglie
s’inabissa nel fondo delle tasche,
l’affronto delle mani sul silenzio,
la traccia di riserbo tra le scarpe,
come bastasse svellere di ramo
riverso sulle spoglie del cammino,
spezzarsi di rintocco sul selciato
se rade un filo d’ombra sotto tetto,
il biancheggiare piano della luce
se il polline di senso nella voce
smagato come vento sugli steli
si fa sembianza labile al respiro,
il dubbio che sia vólto il mio restare
non trappola, non aria, non raggiro
è roccia che si frange nel tuo mare.

***

A MESSA, PER CASO

Della messa apprezza il silenzio
breve cesura dopo l’omelia
quando tace la querula retorica
dei salmi, ancora distanti il teatro
delle mani aperte e strette, il mercato
di poche monete in un cesto.
Qui puoi scoprire, se riesci
nel solco fra le righe dei messali
lo spazio angusto del tuo esser uomo.

In questi attimi distingui lontano
i cani guaire nei cortili, ebbri
di sole e di piacere, il rombo inerte
di rari vagoni, giovani a zonzo
su vuote strade invase dall’arsura
e il prete che scruta assonnato il tarlo
rodere antico il cuore nell’ombra.

In questi attimi Cristo scende
nudo dalla croce, ti mostrerà
un neo bizzarro sulla schiena
che solo tu saprai vedere
e appoggiando il labbro all’orecchio
col ciglio assorto bisbiglierà lento:
– Rimani, è tempo –

                     

Ingmar Bergman, La vergogna 1968
Ingmar Bergman, La vergogna 1968

 

 

 

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