Rubrica tre pregi e un difetto a cura di V. Panico. Su “Disobbedienza all’ordine geometrico” di Anna Magnavacca

Rubrica tre pregi e un difetto a cura di Vito Panico. Su “Disobbedienza all’ordine geometrico” di Anna Magnavacca.

       

    

Commenti di Bartolomeo Bellanova, Miriam Bruni, Paolo Polvani,
su “Disobbedienza all’ordine geometrico” di Anna Magnavacca,
Edizioni Progetto Cultura 2003 S.r.l., 2016.

    

  • Bartolomeo Bellanova:

Anna Mangiavacca con la sua silloge “Disobbedienza all’ordine geometrico” ci porta con sé passo dopo passo nella sua cronaca poetica di lotta al tumore scandita pagina per pagina dalle date di svolgimento della guerra: dal 9 giugno 2014 fino al 24 dicembre dello stesso anno. Il suo maggior pregio sta nella semplicità, si crea da subito un grande coinvolgimento emotivo del lettore che perde appunto il ruolo di “lettore” per sentirsi un parente stretto o un amico di vecchia data di Anna.
Il suo scrivere è essenziale e alterna immagini profondamente poetiche (“i corridoi zuccherini”, “il sonno profondo di una molle lumaca”, “un velo di bruma  color malva”, il viaggio in treno che “è brezza leggera, battono il tempo le rotaie”) a dettagli più oggettivi, più scarni della battaglia quotidiana contro il male.  Il dosaggio lungo tutto il testo di questi due diversi registri ha il pregio di tenere il lettore avvinghiato al testo dall’inizio alla fine, senza cali di tensione.
La lirica datata 10 giugno costituisce, a mio parere, l’apice espressivo della raccolta. L’autrice ci sbatte in faccia subito la nuda realtà della malattia con una rappresentazione coraggiosa e originale:

È tornato.
In silenzio ha valicato – come un ladro –
il confine e adesso gioca
con pelle ossa polmoni e quant’altro.
È tornato e vive la sua vita.
Estirparlo come si estirpa la gramigna?
Bruciarlo come si brucia
una lettera da non leggere mai più?
Appiattirlo ferocemente
con un batticarne fino a spolparlo?
Sì, ma lui – il tumore – è forte e ride.
Balla con le cellule più fresche
e formose.
Poi le annienta.
Nelle notti che il sonno non riempie
chiama – con voce pacata e insistente –
per fare sapere che c’è.
Mi sussurra – quasi da innamorato –
che fa parte di me, del mio corpo.
Io lo sopporto, ma so che
– quando meno se l’aspetta –
dovrà tornare nei suoi tetri confini
 e trovarsi qualcos’altro da fare…”

Questo motivo ritorna nello scritto del 14 luglio:

“…Lui sgattaiola di qua e di là.
Scappa, fugge, imbroglia le carte.
Non ho avuto pietà. Pregavo che il liquido
lo annegasse… ma non l’ho sentito rantolare …
È ancora vivo.”

E ci svela nella lirica del 6 agosto il motivo del titolo della silloge, mentre ci racconta dell’inizio delle terapie e della sua vena che sembra che aspetti quel liquido:

 “….come oro fuso
come gocce di acqua santa
per fare battaglia alle cellule impazzite
punirle per la loro disobbedienza
all’ordine geometrico dell’alveare
che è nel mio corpo…”

Altro aspetto positivo della raccolta è la totale mancanza di toni disperati, fatalisti o rassegnati. La protagonista trova in sé stessa la forza per affrontare, giorno dopo giorno, la lotta contro questo perfido estraneo che si è impossessata di lei.
Questo coraggio le deriva soprattutto dai ricordi di famiglia, dagli anni spensierati della sua giovinezza e dalle figure teneramente invocate dei suoi genitori.
Non mancano anche momenti di auto ironia verso il suo aspetto che cambia con le cure:

Oggi hanno prelevato il mio sangue
Per analizzare la sua vita
Nei minimi particolari.
Una grave mancanza di privacy!”

Sguardo ironico e disincantato che ritorna successivamente quando l’autrice affronta la difficile prova, soprattutto per una donna, della perdita dei capelli:

“…Non sopporto la parrucca.
Copro la mia testa con foulard colorati.
Potrò rassomigliare un po’ a valentina Cortese?
Un articolo su un giornale affronta
la moda “foulard” 2014-15
asserendo che saranno i foulard
a completare l’eleganza.
Allora sono in perfetta linea con la moda.”

Nonostante la malattia lo sguardo di Anna riesce ad aprirsi poeticamente all’altro lasciandoci un grande insegnamento di vita:

“Mi accoglie sulla porta d’uscita il sorriso
dell’infermiera che spesso si occupa di me.
“grazie” dico e sussurro che la sua gentilezza
la rende bellissima. Lei dentro ha una luce
e gli occhi le si illuminano d’azzurro.
Forse nessuno le ha mai detto che è bella.
A volte donne bellissime
diventano infinitamente brutte
se dentro di loro non splende una luce.”

Un aspetto che poteva forse essere approfondito maggiormente è il distacco dalla specifica vicenda personale per giungere ad una più generale riflessione sul senso del male e sulla caducità estrema della vita, ma non credo fosse nell’intenzione dell’autrice, pur avendone ampiamente i mezzi.

     

  • Miriam Bruni:

In molti mi hanno invitato a scrivere, tenere un Diario, durante le terapie “salva vita” cui mi sono sottoposta tra agosto 2014 e marzo 2015. Non l’ho fatto.
Ho composto qualche poesia, quello sì. E ogni tanto le riguardo, o le condivido. Ho letto libri di testimonianze sulla “lotta contro il cancro”, e credo che questa raccolta di Anna Magnavacca si collochi a metà strada tra il dare forma a pochi testi da una parte e il dar vita ad un racconto vero e proprio sul vissuto legato a questo dramma.
Ho accettato volentieri di confrontarmi con questo “corpus”, un autentico “diario poetico” in cui l’autrice descrive e fissa molti momenti e sensazioni che potrei sottoscrivere io stessa, una raccolta tra l’altro ottimamente “illuminata” da una toccante intensa poesia introduttiva dell’amico Paolo Polvani che quasi sta lì a preannunciare misteriosamente la vittoria della vita sull’assalto del tumore.

Ecco i tre pregi e un difetto che posso riscontrare in quest’opera:

1) L’io narrante registra ciò che vede, prova, immagina o porta a compimento con uno stile pianeggiante, senza l’intento di stupire o strafare, come compete ad ogni autentico Diario.
Ne emerge comunque con grande vividezza il carattere di “battaglia” col nemico da contrastare
“Ho cominciato a torturarlo aggredirlo/lapidarlo…Affogarlo” (p.16) custodendo “nel cuore uno spiraglio d luce/amico della pazienza”

2) C’è un bel gioco di ruoli e tempi che si alternano, spesso collegato al senso della vista: se gli occhi si chiudono il sopravvento lo prendono i ricordi, definiti “gocce d’oro” (p.48) e adunati con tenerezza e attaccamento. Si tratta in modo prevalente di istanti gioiosi, luminosi e molto legati anche al senso dell’olfatto. Chiudo gli occhi e penso a quelle stradine/sassose e silenziose che portano al mare./Ecco, nelle mie narici l’odore del mare…/e l’odore del mosto delle uve di un tempo. (p.37)
Se restano aperti sul mondo, ecco che tutto appare più “schiacciato sul presente” e su constatazioni sincere e spietate “E’ tornato/in silenzio ha valicato – come un ladro – /il confine e adesso gioca” (p.14)
“Il tumore è forte e ride” (p.14)
“Sono ora una donna senza capelli/e senza unghie laccate/di quel rosso viola che mi piace tanto” (p.25)

3) Ciò che la donna guarda è qui davvero un guardare in faccia la realtà, al punto tale che “ci sono dappertutto occhi” (!): non solo gli altri molti pazienti incrociati in ospedale ne hanno, ma anche i macchinari, i gerani sul balcone, il treno che la conduce a Milano e poi la riconduce a casa, e persino il cielo! Vi sono molte domande, molte pennellate descrittive, molti “ritorni al passato” e il giusto sacrosanto desiderio di ritrovare luce, su quel corpo in cui “il cancro aveva seminato erba magna”(p.46)

Stilisticamente il risultato è piacevole e scorrevole, il ritmo né troppo lento né troppo veloce; mi pare però che l’autrice si lasci a volte trascinare dal “già detto”, laddove nella mia concezione il linguaggio poetico deve invece continuamente tendere a superarlo, donando al lettore un contenuto autentico in una forma originale.

    

  • Paolo Polvani:

Disobbedienza all’ordine geometrico è il racconto di un viaggio attraverso la malattia. Non è la prima volta che Anna affronta questo viaggio e lo traduce in versi. Ricordo le bellissime poesie di un suo libro precedente sullo stesso tema. Il primo pregio di questa raccolta è una specie di spirito cavalleresco, avventuroso, che non concede neanche uno spiraglio, neanche una possibilità al male, anzi lo guarda bene in viso con atteggiamento responsabile, improntato alla sobrietà e alla serietà, e a tratti gli si rivolge con un certo affetto, con una certa giocosa ironia:

Nelle notti che il sonno non riempie
chiama – con voce pacata e insistente –
per fare sapere che c’è.
Mi sussurra – quasi da innamorato –
che fa parte di me, del mio corpo.
Io lo sopporto, ma so che
– quando meno se l’aspetta –
dovrà tornare nei suoi tetri confini
e trovarsi qualcos’altro da fare.

Il racconto si snoda secondo un preciso itinerario di analisi, di terapie, di accertamenti, scanditi dalle date di composizione dei versi, che vanno dal 9 giugno del 2014 al 24 dicembre dello stesso anno.  La malattia non fiacca la resistenza né mina la gioia di vivere, la gioia dei piccoli avvenimenti quotidiani, il piacere di percorrere in treno la strada verso la cura:

La pioggia ride e batte sui finestrini.
Mi piace lo sferragliare del treno
il suo sibilo, la sua rauca voce
i suoi grandi e luminosi occhi
che bucano le gallerie e la notte.

C’è una presenza continua della bellezza che non l’abbandona, che fa da sfondo al susseguirsi degli eventi, che sottolinea la capacità di distaccarsi dal male, di non cedere al ricatto del processo di identificazione con la malattia, di riuscire a percepire e godere gli aspetti positivi, felici dell’esistenza, ed è questo richiamo alla positività, all’ottimismo a costituire il secondo pregio di questo libro:

Posso guardare il cielo di Milano.
La nebbia ha dipinto un cielo prezioso.
Mi rassicura questo cielo

Il terzo pregio è l’utilizzo di una lingua documentaria, narrativa, piana, completamente scevra da qualsiasi tentativo di compiacimento, di vittimismo, né di recriminazioni:

Sono ora una donna senza capelli
e senza unghie laccate
di quel rosso viola che mi piace tanto.

E anche questa bellissima sequenza:

Devo pensare soltanto a me stessa.
Fare la mia terapia in quel letto bianco
e silenzioso che mi accoglie
senza chiedere niente.
Odio addolorare gli altri, sono sola
sto benissimo.

Trovare un difetto non è impresa facile, ma ci proverò! Alcune increspature del verso, alcune concessioni al gergo della poesia, ma si tratta di personali idiosincrasie, di impressioni soggettive che nulla tolgono al valore sia umano che poetico della raccolta.

      

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One thought on “Rubrica tre pregi e un difetto a cura di V. Panico. Su “Disobbedienza all’ordine geometrico” di Anna Magnavacca”

  1. Ringrazio Bartolomeo, Miriam e Paolo per tutto quello che hanno detto sulla mia recente pubblicazione ” Disobbedienza all’ordine geometrico”. Veramente troppo
    generosi……ma le vostre parole mi hanno fatto bene al cuore. Grazie! Anna

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