Lo schermo d’argento. Poesia al cinema di L.V. Stein: Interstellar

Lo schermo d’argento. Poesia al cinema di L.V. Stein: Interstellar

               

           

Dietro Interstellar ci sono i fratelli Nolan, un budget da kolossal, e un fisico, Kip Stephen Thorne.
Il film è figlio di tutti e tre, della sceneggiatura di Jonathan, della regia di Christopher, delle tesi scientifiche di Kip.
I Nolan fanno un cinema di storie e di visioni, abituati nel racconto a sovvertire la linea del tempo, a creare mondi all’interno di mondi, ed hanno un’attitudine per le teorie ardite.
Thorne è il fondatore del Laser LIGO, osservatorio delle onde gravitazionali.

Interstellar è un film del 2014 e dentro ha un classico tema della fantascienza, la specie umana in pericolo di vita, una storia d’amore tra un padre e una figlia e un’idea affascinante e potente, un’ipotesi che apre il cuore, quella del viaggio interstellare.

             

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Ma dentro Interstellar c’è anche una poesia, di un poeta tormentato e rabbioso, collocata, in una linea del tempo bidimensionale, a metà strada tra Einstein e noi.
Dylan Thomas, qualche hanno prima di morire, gonfio d’alcol e saturo di dolore, scrive una poesia tragica, musicale come una ballata.
Scaglia i propri versi contro la morte. E lo fa gridando, esortando a non smettere la lotta, quella persa sin da subito, a rivendicare il proprio desiderio di vita, a richiedere un sovrappiù di esistenza, a pretenderlo. Nell’invocazione al padre malato di non spegnersi, di non arrendersi, c’è tutta la disperazione, tutta l’impotenza, tutta la vanità della ribellione, ma anche tutta la sua ineluttabilità.
Non andartene docile in quella buona notte
Infuriati, infuriati, contro il morire della luce

            

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Nel film l’umanità muore. E le menti più acute, si ribellano. E la salvezza, la ricerca di un altro pianeta che possa ospitarla, passa da un condotto spazio temporale, che gli scienziati hanno battezzato con il nome emblematico di buco di verme, che altro non è se non una scorciatoia per un altro universo.
Nel febbraio del 2016 il LIGO ha annunciato al mondo di avere catturato il suono delle onde gravitazionali, scaturite dalla collisione di due buchi neri, confermando le previsioni di Einstein di cento anni prima.
Scoperta senza precedenti, che apre la strada ai viaggi spazio temporali e conferma le teorie alla base del film.
A questo punto, possiamo permetterci qualcosa di spavaldo.
Dimenticare per sempre le tre dimensioni, abbandonare i nostri concetti di realtà e di vita.
Credere davvero che saranno i sognatori a cambiare il mondo.

               

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3 thoughts on “Lo schermo d’argento. Poesia al cinema di L.V. Stein: Interstellar”

  1. Cerco poesia e “cado” in un luogo della rete che mi fa sentire a casa. E curiosando trovo questo articolo su un film che ho amato, che amo.
    La poesia è un atto d’amore, di umile ma tenace ricerca di senso. Un rinfaccio tra foreste di simboli disarticolati.
    Grazie
    Vincenzina Pace

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