La rubrica di Arturo Martinelli: tentativi per una pseudo pedagogia poetica del cavolo.
Arturo Martinelli, amato pedagogo-cultore della poesia e dei cavoli, dal suo appezzamento abruzzese ci impartisce la lezione di oggi.
Alla poetessa dei pochi poeti grandi
Gentile poetessa, lei lamenta l’assenza di veri,
grandi poeti. Ogni tempo ha i suoi e ogni poeta spunta
da un tempo futuro, ma nasce con un debito
verso il presente. Quota parte del debito è nei confronti dei poeti
cosiddetti minori. Mi spiego con un esempio.
Oggi nel mondo ci sono dieci maratoneti veramente forti.
Nessuno mai conoscerà quei corridori che arrivano
nei primi venti, o trenta, e hanno comunque
tempi eccezionali. E meno ancora ricorderà quei centomila
che affollano le strade, sudano e faticano.
Ma è grazie a questi che si raffinano le maglie, le scarpe
si fanno più leggere e resistenti, i metodi dell’allenamento
più efficaci, il bacino d’utenza più ampio,
soprattutto cresce l’entusiasmo, che è l’ossigeno di tutto.
E’ per sconfiggere quei venti che sul podio non saliranno mai
che i grandi maratoneti si allenano e mangiano il vento, divorano
la strada, contraggono un debito nel confronti del popolo dei corridori.
Il vento della poesia è alimentato da tanti sbuffi, da tanti
aliti diversi e contrastanti, da soffi provenienti
da opposte rive, correnti ascensionali, poi sono pochi, è vero,
i poeti grandi, quelli che salgono sul podio, i famosi.
Nelle loro vele si è concentrato il soffio dei piccoli poeti,
quelli che resteranno per sempre sconosciuti, è un fatto
di tensioni, di correnti elettriche che circolano
intorno alla poesia e la tengono viva. Quindi teniamoci la febbre,
teniamoci il dolore di scavare le parole giuste, il sudore che cade
sulla pagina, perché non vanno persi.