Rubrica poesia dal mondo, puntata a cura di Francesca Del Moro: Patrick Williamson.
Ho conosciuto Patrick Williamson lo scorso aprile, in occasione del settimo appuntamento della rassegna “I terzi Giovedì diversi”, curata da Versante Ripido. La serata, ricca di ospiti, indagava la possibilità di una comunità poetica europea e in quell’occasione mi sono improvvisata interprete e ho tradotto alcune sue poesie. Il suo intervento è stato davvero prezioso: come evidenziano i versi qui proposti, la sua è una poesia in costante tensione verso l’altro, verso il superamento dei confini, l’accoglienza. Una poesia fortemente improntata all’idea di comunità. Si parte idealmente dalle atrocità naziste della Seconda guerra mondiale (The level crossing; Locked in, or out?), dalle cui rovine è nata l’idea di un’Europa unita, fino alla necessità di ricordare che nessuno deve essere lasciato indietro, che ciascuno di noi è chiamato ad agire per il bene comune (After the hurricane). Nell’opera di Patrick, alle poesie di impronta politica si affiancano testi a carattere privato – potremmo dire ‘confessional’ lasciandoci alle spalle l’accezione vagamente negativa che questo termine ha assunto nel tempo – che giustappongono ricordi e in cui si riscontra la stessa disponibilità all’incontro con gli altri (Looking back). Tradurre questi versi è stata un’impresa piuttosto complessa, data la loro pregnanza, la portata immaginifica e la musicalità, ma è stato un piacere lavorare in costante dialogo con l’autore per cercare di valorizzare il più possibile la sua opera nella lingua italiana. FDM
Looking back
Years later I hear you got caught in a tsunami,
had to rush for your life up into the hills.
Life was going on without me, struggling
to get something out of these old words.
I once gave you garnets and emeralds. Together,
vibrant in a silence my heart only knew,
we ate our last supper in final-minute streets:
a diner set to close, a bottle waxed red and green.
I was a wild man, rising from the pool,
manhood in me bearded, pearl in my ear;
the hole long since healed. Shaven, grey,
I am no longer so impetuous, too many burdens.
I crouched in the cathedral nave, waiting
for your word, with other solitary souls; a sanctuary
that was, in cloistered gardens. I watched
a sparrow peck at crumbs in the cold: a snapshot
it is forever perched on a café windowsill.
This is a in brief celebration of spirits drawn together
then parted, this is for your chestnut eyes,
southern tongue searching, for my island’s cold stream.
Ricordando
Anni dopo scopro che ti ha sorpreso un maremoto
e per salvarti hai dovuto correre sulle colline.
La vita proseguiva senza me, nello sforzo
di spremere qualcosa da queste vecchie parole.
Una volta ti ho dato granati e smeraldi. Insieme,
vibranti di un silenzio che solo il mio cuore sapeva,
abbiamo consumato l’ultima cena su strade dell’ultimo minuto,
un ristorantino che chiudeva, una bottiglia sigillata in rosso e verde.
Ero un uomo selvaggio, uscivo dall’acqua,
la virilità nella barba, una perla all’orecchio;
il buco da tempo guarito. Ben rasato, grigio,
non sono più così impetuoso, troppi pesi.
Mi sono acquattato nella cattedrale, aspettando
la tua parola, con altre anime solitarie; un santuario
era, nei giardini claustrali. Ho guardato
un passero beccare briciole al freddo: un’istantanea,
è posato per sempre sul davanzale di un caffè.
Questa è una breve celebrazione di spiriti riuniti
e poi separati, è per i tuoi occhi castani,
lingua del sud che cerca il fiume freddo della mia isola.
*
The level crossing
When the train passes, it sometimes
takes your breath away,
and behind an opaque window
the ashes are thrown on fields,
in rivers, in ponds
every day they find a new trial
I saw the train that seemed
to break the horizon,
make love with the wind,
but under shower room ceilings,
it’s all very banal
they open the trap, you gasp
when the sun rises on each trip,
sooner or later,
you will have to come back.
Il passaggio a livello
Quando passa il treno, a volte
toglie il respiro,
e dietro un finestrino opaco
si getta la cenere sui campi,
nei fiumi, negli stagni
ogni giorno trovano una nuova prova
Ho visto il treno che sembrava
rompere l’orizzonte,
far l’amore col vento,
ma sotto i soffitti delle sale docce,
è tutto molto banale,
aprono la trappola, tu rantoli
quando il sole sorge su ogni viaggio,
presto o tardi
dovrai ritornare.
*
After the hurricane
An owl roost once,
above badgers burrowing into leaf mould
like roaming beggars;
cracking twig, scuffle, the snuffles
of creatures who take no notice of your stature,
and scurry on
until, raised in anger, the wind
struck you down, no crown
for you, helpless, staring at the skies.
Nobody to the busy busy men
bent & intent on their business
on their way home, not looking back
not stopping to lift you up,
cloak you with charity
repair the fabric being eaten away.
Dopo l’uragano
Un gufo in un tronco una volta,
sopra tassi che avanzano nel terriccio di foglie
come erranti mendicanti;
ramo spezzato, scalpiccio di passi, naso
arricciato di creature incuranti della tua statura
che si affrettano,
finché si leva rabbioso il vento
e ti stende, nessuna corona
per te che guardi il cielo, impotente.
Nessuno per gli uomini superimpegnati
curvi e chiusi nei loro affari
sulla via di casa, che non si voltano indietro,
non si fermano ad alzarti,
coprirti con spirito di carità,
riparare la stoffa che si slabbra.
*
Tray of eggs
On the table a tray of eggs
with mottled tans, rolling drunk
asleep in their shells, like racing
yachts blown across the sea.
Fragility; we crack so easily,
plucked from the bed of companionship
each rounded shell – faceless,
looking for direction, unable to move.
Full and silent: I would like to take
their massed concentration
in a photograph then, enlarging it,
lay them out like cobblestones
on a beach, and line them up to the sea.
Vassoio di uova
Sul tavolo un vassoio di uova
chiazzate di marrone; addormentate
sbronze rotolano nei gusci, come barche
da regata soffiate sopra il mare.
Fragilità; ci rompiamo facilmente,
tolto dal letto dell’amicizia
ogni guscio rotondo – senza volto,
paralizzati, in cerca di una rotta.
Piene e silenziose: vorrei
catturare il loro assembramento
in una fotografia e poi ingrandirla,
appoggiarle come ciottoli
su una spiaggia, allinearle fino al mare.
*
Extract from Locked in, or out?
We clump over cable,
stumble on paving
– as the gates appear
makes men free
keep your eyes down,
tracks engrave
the slippery surface
circumvent
traps that protrude
– there they are, the bastards…
task in hand, grinding up
the shining rail,
gravel, mesh fence
rods patient for first contact,
thwack
– they sway, sway in the wind
downwind you know
crunch a crown
bedded in thorns
hack at newly-turned
earth, blinded
Estratto da Chiusi dentro, o fuori?
Ci trasciniamo sui fili di ferro,
inciampiamo sul pietrisco
– all’apparire dei cancelli,
rende liberi
tieni gli occhi bassi,
i binari incidono
la superficie scivolosa
aggiriamo
trappole sporgenti
– eccoli qui, i bastardi…
l’ordine alla mano, macinano
la rotaia scintillante,
ghiaia, rete metallica
bastoni in attesa del primo contatto
colpiscono
– oscillano, oscillano al vento
sai, sottovento
calpestano una corona
annidata tra le spine
invano aggrediscono la terra
appena rivoltata, accecati
*
So much, so little
It was night & the trees bent
and the roofs ambled, tread
the earth of Remembrance
woods where bracken crumples,
the dark follows us,
caught in its embrace,
pushing the soil
apart at rain-times
***
Muffled voices under the overcast sky
a damp chill enters our bones,
listen to the birds
the other side of grey curtained light,
life watches, rustles, bids us
get up, converse, advance.
***
Walk along ridges or furrows
the wind a curse,
a turmoil of souls felled
goodness scattered
far and wide.
burrow into the earth
tremble slightly,
ever so slightly, in the wind
Così tanto, così poco
Era notte, gli alberi si chinavano
e i tetti passeggiavano, calcando
la terra della Memoria
il bosco dove la felce si accartoccia,
il buio ci segue,
presi nel suo abbraccio,
spingendo via la terra
quando piove
***
Voci smorzate sotto il cielo coperto
un freddo umido ci penetra le ossa,
ascolta gli uccelli,
oltre la luce nascosta dalla tenda grigia,
la vita guarda, fruscia, ci invita
ad alzarci, conversare, andare avanti.
***
Cammina lungo solchi o crinali
il vento una maledizione,
un tumulto di anime abbattute
la bontà sparpagliata
lontano, ad ampio raggio.
Prova a infilarti nella terra,
trema leggermente,
impercettibilmente, al vento
*
From the river to you
Carriers of lumber, and of earth,
we have made the long journey
from an emerging, then tongues
bubbling and, at that precise limit,
we plunge in at the deep end, meet
as memory of both living & dead.
Language carries on the struggle
against what is beyond the pale,
we speak of love, rivers or speech,
ocean lapping boundaries, seeping.
Drink of it, drink with its vessels,
bring life to life, & drown your fear
where no light enters, somewhere
the other side of me, under my surface.
I reach out through the fog, splitting,
a passer-by, I forge from source to world.
Dal fiume a te
Portatori di legname, e di terra,
abbiamo viaggiato lungamente
dall’emersione, poi lingue
gorgoglianti e, giunti al limite esatto,
ci tuffiamo nell’acqua alta, ci incontriamo
come memoria di vivi e di morti.
La lingua porta avanti la lotta
contro ciò che supera il limite,
parliamo d’amore, fiumi o parole,
oceano che bagna confini, filtrando.
Bevine, bevi con le sue navi,
porta in vita la vita e annega la paura
dove non entra luce, da qualche parte
dall’altra parte di me, sotto la mia superficie.
Fendo la nebbia con le braccia, divido,
passante, avanzo dalla sorgente al mondo.
*
Patrick Williamson è nato a Madrid e vive in Francia, vicino a Parigi. È poeta e traduttore letterario e ha pubblicato una dozzina di libri. Le sue raccolte più recenti sono Traversi, Beneficato (edizioni bilingue inglese-italiano, Samuele Editore, 2018 e 2015), Tiens ta langue/Hold your tongue (Harmattan, 2014), Gifted (Corrupt Press, 2014), e Nel Santuario (Samuele Editore, 2013; Menzione speciale della giuria al XV Concorso Guido Gozzano nel settembre 2014). Si è dedicato anche alla poesia filmica (Exileper FIFE 2014 e Afterwords, musicata da Mauro Coceano, 2015) e ha curato e tradotto The Parley Tree. An Anthology of Poets from French-speaking Africa and the Arab World (Arc Publications, 2012). È traduttore, tra gli altri, di Tahar Bekri, Gilles Cyr, Guido Cupani ed Erri de Luca. È membro fondatore dell’agenzia transnazionale Linguafranca.