Rubrica poesia dal mondo, puntata a cura di Gassid Mohammed: Nouri al-Jarrah.
Fine agosto 2015. Eravamo seduti sotto le fioche luci di una Milano nascosta, che nulla aveva a che fare con quella città frenetica e chiassosa. Un locale aveva un atrio all’aperto, tavoli molto semplici, intorno ai quali visi sorridenti si raccontavano chissà quali avventure. Tra birre e chiacchiere uno degli amici disse: «tra un po’ ci raggiungerà un amico, insieme al poeta siriano Nouri al – Jarrah. Avremo una bella compagnia!». Nouri vive a Londra, si trovava a Milano per una visita ad alcuni amici. Finalmente, pensai, avrei incontrato quel poeta e intellettuale, con i suoi svariati interessi, e la sua curiosità implacabile. Era esattamente come l’avevano descritto gli amici: intelligente, osservatore, attento e curioso, ma c’era anche qualcosa in più. La sua umiltà. Era una persona talmente semplice, umile e simpatica, che non potevi non ammirare. Intorno a quel tavolo, mentre parlavamo del dramma dei terremoti che colpivano l’Italia, Nouri si mise a raccontare di un suo viaggio in Sicilia agli inizi degli anni novanta. Era stato invitato a un festival sulla cultura e sulla guerra, insieme a nomi illustri della cultura araba; ma la cosa che l’aveva colpito allora, era stato il terremoto che aveva inghiottito Gibellina, nel 1968, causando morte e distruzione. Ciò che aveva visto Nouri era l’opera d’arte che copriva le macerie di Gibellina, ovvero il Cretto di Burri, realizzato dall’artista Alberto Burri tra l’84 e l’89, ma completato definitivamente soltanto nel 2015, vent’anni dopo la morte di Burri. Nouri aveva visto il cemento bianco coprire una vasta area, e aveva capito, dopo essersi informato, la misura del dramma di quella città. La prima cosa che aveva scritto il poeta al – Jarrah, dopo il forte impatto con quel disastro naturale, sono quelle poesie che proponiamo oggi al lettore italiano. Attuali più che mai, quelle poesie sono il gemito di un poeta siriano, ferito profondamente per ciò che avviene nella sua terra, ma non dimentico del dolore delle popolazioni italiane colpite dai terremoti. GM
Nouri al-Jarrah
Uno dei maggiori poeti e scrittori siriani, nato a Damasco nel 1956, vive attualmente a Londra.
Lasciò la Siria per il Libano, lavorò nel giornalismo letterario dagli inizi degli anni ottanta, e fu caporedattore della rivista “Fikr” (Pensiero). Da Beirut partì per Cipro, lì visse due anni, poi si diresse a Londra nel 1986, dove vive tutt’ora. Lavorò presso la rivista “Hawadeth” (Eventi), e il giornale “Al Haiat” (La Vita). Partecipò alla fondazione della rivista “Al Nakid” (Il critico), e ne fu caporedattore tra il 1988 e il 1993. Tra il 1993 e il 1995 fondò e diresse la rivista “al Katiba” (La scrittrice), la prima rivista mensile dedicata alle avventure delle donne nella scrittura. Istituì nel 1994 il “Premio della scrittrice del romanzo”, il primo premio letterario per romanzi scritti da donne. Infine, fondò nel 1999, tra Londra e Cipro, la rivista “al Qasida” (La Strofa), per nuovi orizzonti poetici.
Nouri al-Jarrah svolge, attualmente, diverse attività culturali. Dirige tra Londra e gli Emirati Arabi “Il centro arabo della letteratura di viaggio” e “Il convegno dei viaggiatori arabi e musulmani: scoprire se stessi e l’altro” che si svolge annualmente in una delle capitali orientali; inoltre, è membro della giuria del “Premio Ibn Battuta per la letteratura di viaggio”.
Ha pubblicato dieci raccolte di poesie, due libri di letteratura per l’infanzia, e ha curato decine di libri, soprattutto nell’ambito della letteratura di viaggio.
***
La città tra due monti
Una coperta sull’erba
Chi dorme ancora qui a questa tarda ora?
il sole penetra l’erba
i frutti del melo si celano sugli alberi
rossi
fiammanti.
Nessuna raccolta oggi
nessun piede s’intinge nella terra bagnata
è addormentato il contadino
il piccone è nel solco, da un mese
Chi dorme qui?
Scende il sole e lo trova addormentato
la terra scuote la sua culla
si gira
ma non si sveglia.
Il suo viso, sveglio nel ventre buio della terra,
rimarrà
celato
come i frutti del melo sugli alberi lontani.
*
Tiresia
Scendi, o pastore
le pecore sono state portate al recinto
la rugiada splende sull’erba
scendi per alleggerirti
le giare rovesciate hanno versato il loro latte nelle crepe della terra
e gli animali che correvano verso l’abisso
stanno ora scalando.
La terra si riprende il proprio fango
il suolo cela la sua natura nella sua vitalità
nel suo scivolare in fondo, verso il paradiso
il grido ha lacerato la pietra
ha spaccato la velocità della promessa
e si è spezzata.
Nella sfera rombante
si sono disperse le immagini, e hanno parlato le anime.
Colui che tornava dalla città
colui che usciva dal campo
colui che sussurrava felice e in mano aveva la tavola del giorno …
tutti quanti
giacciono ora
sotto il tempo.
*
Esercizi per scrivere una parola
Terra bambina
terra giocoliera
terra di nastri e di sangue
terra delle barche immaginarie
terra matta
terra delle parole sussurrate
terra della perdizione nei campi
terra delle deviazioni
terra altalena
terra delle parole lievi
terra degli alberi correnti sul pendio
terra del sole
terra del giocattolo in mano
terra dei tempi brevi
terra della sorgente
terra della scala
e delle stanze
terra del letto
terra del giorno e della notte
terra dell’innamorato
il tremito
terra della sua memoria cosparsa sulla roccia spaccata
terra del toro
del suo corno
terra onda ingannevole
onda folgorata
terra, terra … chicco di ciliegia amara nell’ora del torrente
terra della perdizione nell’occhio dell’animale
terra del cielo terrorizzato
terra delle discese verso le fertili sepolture
terra delle frecce di rocce
terra sperimentata
si assesta.
Terra scheggia
terra separata dall’uomo
terra sorella
piccola
imprudente
terra della presenza e dell’assenza
leggera
impalpabile.
*
Morte d’una estate
I
Finisce l’estate
il sangue risale i gradini
nelle stanze va
e nelle lenzuola non toccate
rifatte da una mano
là.
Gocce brillanti è il sangue.
II
Finisce l’estate
L’amore non mi lascia amante
Il mio cuore mi fa scendere in te
Non seguirò le tue orme
Non hai nessuna orma.
Il mio sonno mi vede
e ti vede
ti grido dietro
se muori
grido per te, per te va la mia voce
e mi disegna nella mia calma
solo
nella terra
interminabile e bianco è il mio sonno.
III
Stanotte ho visto aperta la porta della tua stanza
un angelo nel tuo letto
e un sonno
custodisce l’angelo
e fanciulli
innalzano il letto.
Nouri al – Jarrah. Palermo – Gibellina – Londra, 1991.
Traduzioni di Gassid Mohammed