Scherzi della memoria
racconto di Narda Fattori
Era entrata in quel bar per il calore che sospettava e per un the caldo. D’improvviso s’era alzato il vento e mulinava le ultime foglie renitenti nell’aria all’improvviso gelida. L’inverno si era affacciato con il suo grigio vestito pesante a rendere risoluti i passi della gente verso una meta che fosse al caldo.
Rosaria si guardò attorno, vide un tavolinetto libero e vi si accostò frettolosamente temendo che un cliente nella ressa potesse soffiarglielo.
Mentre si sbarazzava del cappotto e dei guanti, sentì un urlo selvaggio, almeno così le sembrò, perforarle le orecchie.
– Maresa, sei proprio tu? Maresa la secchiona della 3^ A? E sei viva? Proprio qui!
Guardai in direzione delle grida: i capelli arruffati, un’abbondante scollatura su un seno altrettanto abbondante, un bicchiere liquoroso in mano. Chiara… e mai nome fu meno appropriato. Come dicevano i latini… nomen omen… , macchè omen, quella era l’esatto contrario e negli anni nulla era cambiato.
– Prendo un caffè e me ne vado subito, ho fretta.
Ma quella chissà che film si era fatto.
– Maresa, sei bellissima, elegante, fine… tu sì che sei una vera signora. Oh, lo dicevo che saresti stata la più f….a di noi e la più fortunata. Scommetto che hai un moroso ricchissimo e bellissimo.
Infatti ero stata appena lasciata da Piergiacomo per una quarta misura dal vitino di vespa e la testa pure da insetto. Stavo cercando di suturare quella ferita all’autostima quando questa oca guarnita mi vomita addosso il mio passato prossimo e rivedo Piergiacomo che s’allontana allacciato alla quarta misura. Mi si strizza il cuore e non solo, ma non so rispondere per le rime e quindi incasso abbassando il collo sulle spalle.
– Sono single, nessuno in vista. Lavoro e solo lavoro. Ma tu?
In realtà quello che le succedeva e le era successo non mi importava per nulla ma volevo distrarla dall’attenzione su di me.
– Sapessi, una vera merda. Durante l’estate dopo la maturità incontro un bellone che si dà e non si dà, quasi fosse una puttanella, così m’incaponisco e finisco incinta e mazziata. I miei hanno scoperto la gravidanza e mi hanno costretto a tenere il bambino mentre lui se la dava a gambe levate, a tale velocità, che deve essere arrivato in Cina e lì si deve essere imboscato fra la selva dei grattacieli di Shangai.
Messo al mondo il frutto della mia cretineria, ho dovuto cercarmi un lavoro, il primo che capitava e meno male che i miei si sono fatti genitori del bambino e l’hanno tirato su bene, non gli manca nulla, anzi secondo me è viziato e fa fatica a chiamarmi mamma. Fa una gran confusione fra mamma e nonna. Non dev’essere un’ aquila. Tutto suo padre perché anche lui è bello, bellissimo e già a 9 anni ha le fidanzatine che se lo litigano. Io faccio l’inserviente all’ospedale “Santa Teresa”, non è neanche male ora che mi sono abituata a cateteri, spugnate, e pannoloni di feci. Una vita così, di merda appunto. Però… forse ho incontrato l’uomo giusto, lo dovevo incontrare qui. Miseria, non mi sarà mica scappato… Che ore sono?
– Sono le 8 e 35. Guardati intorno. Cercalo sul cellulare.
Questo incontro mi solleva; se ne andrà, resterò sola. Il mio corpo si è scaldato ma il mio morale rabbrividisce.
– Non risponde… Mannaggia non risponde! Penserà che gli ho tirato un bidone… Come fare? Dimmi, Maresa, che cosa posso fare?
– Non so proprio, io non lo conosco. Sai dove lavora? Va là e fatti spiegare guardandolo in faccia: è più efficace. Si vede quando gli uomini mentono.
– Hai ragione. Lavora distante da qui. Scommetto che hai la macchina?
– Certo che ce l’ho ma proprio stamattina l’ho lasciata in garage. Chiama un taxi.
– I taxi costano, sono tutti dei ladri.
– Insomma decidi quello che è più importante per te: se 10 /15 euro o questo lui.
– Vado. Anche senza macchina dovevi essere… Fai la salutista con un freddo del genere. Sempre fuori fase, sei rimasta tale e quale. Ci si rivede, magari fra altri dieci anni.
Scodinzola via stringendosi in un giacchino su 12 centimetri di tacco.
Povera Giusy, l’oca della classe, il pupazzo con il quale giocavano i maschi e lei che dopo ogni tradimento piangeva disperatamente finchè non si avvicinava un altro ragazzino dal quale sentirsi desiderata.
Finalmente posso bere in pace il mio the, mi rivesto e mi tuffo fuori dalla porta a testa china fino all’ufficio. Il mio umore non è migliorato .
– Buongiorno avvocato. Che freddo, eh!
– Buongiorno, buongiorno. La posta me l’ha messa sulla scrivania?
-Sì. Si ricordi che fra poco verranno i signori Terrissi per la loro separazione. Le ho preparato il fascicolo.
Bella coppia anche quella, penso: lui un mediocre opportunista, lei una bruttina stagionata ereditiera. Quando aveva trovato l’interesse di un altro uomo nei suoi confronti, aveva deciso di non riuscire più a sopportare le scappatelle del marito e pretendeva una separazione per colpa.
Okey, niente di difficile, e un mucchio di soldi in entrata.
Sfoglio distrattamente la posta, niente di significativo, così trovo il tempo per fare una specie di inventario della mia vita: una laurea sudata in giurisprudenza, l’umiliazione degli anni di praticantato, il buon esito dell’esame di procuratore, e poi, dando il fondo ai risparmi dei miei genitori, uno studio in affitto in bella posizione, niente associati ancora, una buona fama, molto lavoro e… tanta solitudine.
Sento bussare leggermente alla porta: è la segretaria che annuncia il signor Terrissi.
– Buongiorno. Ma non doveva presentarsi con la sua signora?
Non nascondo di essere seccata.
– E’ successa una disgrazia. Stanotte abbiamo litigato e lei è scesa in garage e poi si è richiusa in auto con il motore accesso. Questa mattina, quando l’ho cercata era morta, intossicata dal monossido.
– Ma allora cosa fa qui da me?
– Ho bisogno di un avvocato, i poliziotti mi hanno subissato di domande. Pensano che sia stato io ad ucciderla. Ma lei mi difenderà, vero?
– Eh, no, stavolta proprio no. Se ha ucciso quella poveraccia di sua moglie per i soldi, può trovare un collegio di avvocati pronti a difenderla. Io non lo farò.
Premetti il pulsante di chiamata e la segretaria si affacciò:
– Lucia, accompagni fuori il signor Terrissi. E, prima, gli fatturi le mie competenze e se le faccia saldare.
Quello scatto di rabbia, il bollore nervoso che sentivo dentro, mi aveva riconciliato con la meteorologia e con la vita.
Trama interessante e narrazione scorrevole, tra l’intimistico e il noir…