Mi colano gli occhi, poesie di Silvia Rosa

Mi colano gli occhi, poesie inedite di Silvia Rosa.

   

   

Silvia (Giovanna) Rosa nasce nel 1976 a Torino, dove risiede. Laureata in Scienze dell’Educazione, ha frequentato il Corso di Storytelling della Scuola Holden di Torino (2008/2009). Presiede l’Associazione Culturale ART 10100, di cui è socia fondatrice.

1501039_10202890810260935_219660453_o~2Ha pubblicato il saggio di storia contemporanea “Italiane d’Argentina. Storia e memorie di un secolo d’emigrazione al femminile (1860-1960)”, Ananke Edizioni 2013; le raccolte poetiche “SoloMinuscolaScrittura”, La vita Felice 2012  e “Di sole voci”,  LietoColle Editore (II ediz. 2012); il libro di racconti “Del suo essere un corpo”, Montedit Edizioni 2010.

Alcuni dei suoi testi poetici e in prosa sono presenti in volumi antologici, editi da Ananke Edizioni, Perrone Editore, LietoColle, Edizioni Smasher, La Vita Felice, Lite Editions, Limina Mentis, Osteria del Tempo Ritrovato, FaraEditore.

Suoi lavori sono apparsi anche in riviste, siti e blog letterari, fra cui: Specchio (de La Stampa), 003 e Oltre (allegato a “Lezione Seconda”), FemminArt, Historica-Il Foglio Letterario, La poesia e lo spirito, Rebstein, Poiein, Viadellebelledonne, Imperfetta Ellisse, Poetarum Silva, Filosofipercaso, Cartesensibili, Torno Giovedì,  EstroVerso, UT Ediland edizioni, WSF Centro Sociale dell’Arte.

Ha all’attivo diverse collaborazioni nel campo delle arti visive e la pubblicazione di ebook fotopoetici: “Cartoline dal luna park”, Migranze E-edition 2013  (con fotografie di Gepe Cavallero); “Iridescenze” Migranze E-edition 2012 (con fotografie di Romina Dughero); “Corrispondenza (d)al limite [Fenomenologia di un inizio all’inverso]”, Clepsydra Edizioni 2011 (con fotografie di Giusy Calia).

*

MI COLANO GLI OCCHI 

Mi colano gli occhi
in questa tazza di caffè amaro,
gli occhi con tutte le parole
che dicono occhi e tazza e caffè amaro,
con tutte e due le mani
che stringono la tazza e sfiorano le labbra
e vedono nel nero liquido di quest’alba
gli occhi galleggiare come due pesci morti
in una pozza d’acqua sporca,
e la bocca appesa al bordo della tazza
si affaccia al vuoto e inghiotte nero
alba mani e occhi, e quando inghiotte
gli occhi, tace.

***

RITORNO

Questo correre, come da bambina,
per scappare alle ombre  -alla mia,
che mi segue appena-: gli alberi qui
sono presenze ordinate in fila soldatini
fischi silenziosi che arrivano dritti al cielo
e parlano ai corvi che vanno e vengono,
cinquecento passi insieme a tutte le foglie
morte del viale, la casa gialla al fondo,
due cani che fissano quell’ombra dietro
alla mia schiena, ed io che vedo di lontano
solo il ritorno, in direzione opposta,
dall’altra parte della strada.

***

ORMA

Il larice si spinge -in verticale-
oltre l’origine del verde
proviene dalla terra
da un inciampo di zolle molli
che si tengono strette
strette ai sassi e alle viole
a un grumo bianco di petali
che occhieggiano appena più in basso
non conoscere il nome
delle cose, non conoscere
non ricordare il nome
delle cose, è così vedi
che si smarrisce la distanza da qui
alla terra e l’origine è un silenzio
primordiale e dal nulla
è la provenienza, solo corpo senza storia
in mezzo ad altri corpi di foglie
e linfa, una voce verde che cede
consistenza al vento, domanda
dove andiamo? intanto che il giorno
si fa corteccia scura e poi più livida,
si resta immobili in questo andare
una definizione precisa di se stessi
il riassunto di secoli di vita
biascicata a memoria d’uomo,
è così vedi, esistere è un sussurro,
l’ombra rapida di una nuvola
che nasconde la luce caduta in sorte
al centro di un bosco d’intenzioni,
il larice ripetuto simile fino al fosso
al forse che scorre al lato del sentiero
e i passi seminati incespicano

nel vuoto non resta neppure un’orma.

***

IL GATTINO

Mi dici che hai un gattino nero,
grazioso, proprio così mi dici,
con gli occhi blu,
che viene nel tuo giardino
e tu ci giochi,
che non è proprio tuo, ma dei vicini,
che quando non ci sono lo nutri tu però,
che lui ti viene a cercare
e tu l’aspetti, che questo gattino nero
con gli occhi celesti, vedessi, mi dici
è un amore.
E io mi ricordo che un tempo
– non era in sogno, era un tempo reale –
io giocavo che ero il tuo gattino,
anzi un tigrotto, e tu mia madre,
che me ne stavo tutta tra le tue braccia,
che mi guardavi, la cena è pronta
basta giocare, che mi chiamavi

amore

che mi chiamavo amore
che ero graziosa, che ero tua,
che avevo una madre.

                      

tn_antichrist

 

4 thoughts on “Mi colano gli occhi, poesie di Silvia Rosa”

  1. Da anni leggo le poesie di Silvia e le apprezzo. Perché, pur mutando lo stile, permane qualcosa… una sorta di sofferenza timida; il sospetto di aver scorto il senso dell’essere ma, al contempo, la paura di dirlo, la consapevolezza che pochi ascolteranno…

  2. Ringrazio moltissimo la Redazione di Versante Ripido per aver accolto e pubblicato questi miei inediti.
    Flavio e Giuseppe: grazie per l’attenzione e per le parole di apprezzamento!

    Un caro saluto a tutti 🙂

    Silvia

  3. Piacciono anche a me per la loro amara leggerezza queste poesie di Silvia Rosa cho osa inconsuete immagini che sanno far presa e tratteggiano l’impossibilità del finito e dell’infinito.
    Narda

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