Adriano Spatola: retrospettiva a cura di Maurizio Spatola.
3: La poesia totale.
Il fatto che la figura di Adriano Spatola (1941-1988) sia da considerarsi una delle più rappresentative della poesia italiana del secondo Novecento è ormai comunemente accettato anche dalla storiografia e dalla critica letteraria più ostile alla Neoavanguardia e agli sperimentalismi linguistici che misero a soqquadro gli ambienti culturali conservatori tra i primi anni 60 e la fine degli anni 80.
Sull’onda dei Novissimi e del Gruppo 63, ma seguendo il filo che partiva dal Simbolismo maudit di Baudelaire e Rimbaud per proseguire attraverso i calligrammes di Apollinaire e il Surrealismo bretoniano approdando al concetto di “Intermedia” diffuso dal movimento americano Fluxus, Adriano ha elaborato fra il ’64 e il ’69 una sua idea di “Poesia totale” che ha costituito il perno di tutta la sua vita, non solo letteraria. Le radici delle sue convinzioni sono più ampie e variegate di quanto brevemente accennato, ma non c’è qui lo spazio per approfondire l’argomento (chi fosse interessato può leggere il mio saggio breve Etica, rigore, anarchismes nella poetica di Adriano Spatola pubblicato sul n. 46 della rivista “Testuale”: http://www.testualecritica.it/index46.htm.
Per dare un’idea ai lettori di “Versante ripido” sia della scrittura poetica di mio fratello Adriano sia della sua idea del ruolo della poesia e del poeta in una società in profonda trasformazione, ho scelto quattro composizioni tratte dalle sue due prime raccolte, L’ebreo negro (Scheiwiller, Milano 1966) e Majakovskiiiiiiij (Geiger, Torino 1971), cui ho aggiunto un suo articolo, intitolato Poesia, apoesia e poesia totale, apparso sul numero 16 della rivista “Quindici” del 1969, anno in cui comparve anche, pubblicato dall’editore Rumma di Salerno, il suo saggio Verso la poesia totale. Le due poesie estrapolate da L’ebreo negro (Il boomerang e L’ora dell’aperitivo) rivelano che qui l’autore si muove ancora nel solco di una poesia “impegnata”, nel segno di una profonda indignazione figlia della storia recente e degli eventi contemporanei; amarezza leggibile anche in alcune composizioni presenti in Majakovskiiiiiiij, come il Poema Stalin e quella che dà il titolo al libro, ma le due che ho scelto (La composizione del testo e La prossima malattia), di segno completamente diverso, consentono di mettere a fuoco l’idea che Adriano si era via via costruita del “peso” della poesia e della responsabilità del poeta di fronte non solo al mondo, ma a quella pagina bianca che attende di essere colmata di parole che lascino un segno profondo. A mio parere queste ultime costituiscono una vera e propria “dichiarazione di poetica”, che avrà successive conferme in composizioni successive.
Il concetto stesso di poesia totale esprime l’imprescindibilità dell’uso di linguaggi espressivi diversi, sovente tracimanti nel terreno delle arti visive, del teatro o della musica, per consentire al poeta la più ampia possibilità di comunicazione del suo pensiero e del suo fare: infatti la produzione poetica di Adriano Spatola, notoriamente, ha dilagato anche nella Poesia visuale (lato Poesia concreta), nella Poesia fonetico-sonora e in quella performativa, con una vasta gamma di invenzioni ed espressioni corporee, di cui darò conto nelle prossime puntate.
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