Troni poetici, la rubrica di Alberto Cini. 10.
All’inizio la mano disegna poi arrivano le parole, quando le parole si incontrano cercano un ordine che le faccia vivere, quindi il discorso comincia a prendere senso.
In questo modo, con questo incipit, percorro la mia strada sia come pittore sia come poeta. Sono sempre stato affascinato dalle forme, e anche dalla funzione degli oggetti, degli arredi, in particolare la “poltrona” che ingombra comodamente le nostre case, e ci è piuttosto cara, oltre che utile, soprattutto per il suo uso comune, che non solo appartiene al riposo, ma a quel particolare abbandonarsi, che essendo sospensione di tutte le attività quotidiane si fa riflessione, pensiero, ma anche contemplazione, e perchè no? Assopendosi spesso ci coglie il sogno.
Ma a contatto con questo strumento di comodità domestica, ed essendo un appassionato lettore di biografie, mi sono accorto, leggendo le abitudini di molti scrittori, ma non solo, dagli sciamani agli scienziati e anche per le persone comuni, il luogo fisico della riflessione è un luogo statico che diviene un luogo sacro.
Non è detto che questo luogo, sia il luogo della produzione pratica e dell’azione, raramente ho letto che qualcuno scrive direttamente in poltrona, piuttosto è il sito per leggere, pensare, fantasticare e così via.
L’assopirsi, il ritirarsi, il rilassarsi, diviene quel sostegno neutro per la nascita dell’intuizione, dell’idea, del progetto. La poltrona è una culla incubatrice per la creatività futura.
Perché ho parlato, nel titolo, di troni e non di poltrone? Perché questo luogo sacro non vive esteticamente solo nella sua forma esteriore, che può essere di quelle forme disponibili sul mercato, questi mobili comuni quando prendono in accoglienza l’essere umano si trasformano nella visione psichica e immaginaria di chi li riempie, non solo con il suo corpo, ma soprattutto con l’espansione del proprio pensiero e della vita interiore.
Il trono poetico in questo modo, è il luogo unico e invisibile, dove la persona coglie la sua riflessione, su se stessa e sulle cose, uno sguardo sospeso nell’attimo che fa produrre idee, parole, avvenimenti.
Per questo ho deciso di dedicare un po’ di tempo ad un esercizio grafico per il quale immaginavo di inventare questi manufatti, dare una forma ai luoghi dell’essere che ognuno possiede, ma sono stati d’animo, spesso invisibili agli occhi.
In particolar modo dove risiedono quelle parti della mia creatività che sono indissolubilmente uniti, e cioè la parola e la forma, il verso e il disegno, la pittura e la poesia. Questo luogo statico, unico per ogni persona, regale nel suo essere, per quel momento lontano e sopra ogni cosa, l’ho denominata “Trono”.
Relativamente a queste caratteristiche, se questo “Trono osservativo sensibile” comprende l’ispirazione poetica, allora l’arte di costruzione del seggio, dalla struttura alla cesellatura delle parti, dalla ricerca dello stile, all’espressione del proprio senso, diviene metafora. Costruire il proprio Trono, significa costruire le architetture linguistiche e poetiche che ospiteranno il messaggio, il messaggio contenuto nelle nostre produzioni letterarie.
Trono 10
Esiste un trono da poeta che è incipiente, quasi per caso, un viso bambino, una sagoma infantile che guarda. Perché l’onestà artistica cresce nella tecnica e scende nell’età più chiara del tempo. Credo che sia fortunato chi ama ancora bagnarsi di stupore, ma non nell’atto mercantile di stupire il borghese dai sensi ovattati dalla pubblicità. E’ lo stupore che ti unisce alle cose, sospeso e trascendente. È gia conoscenza la sincerità d’artista, che non si rinchiude in una scatola, non fa moda e rifletterci sopra può essere piacevole.