Tutti i nostri paesaggi come quelli di Cézanne, poesie e opere di Nina Nasilli.
Nina Nasilli vive e lavora a Padova, dove si è laureata in Lettere classiche e ha avviato il laboratorio-studio “Atelier Interno 7”. È stato per lei determinante l’incontro intellettuale con Ottiero Ottieri, figura letteraria tra le piú significative del Novecento. Nell’idea del “doppio” c’è il senso del lavoro di Nina Nasilli: la sua stessa forma espressiva è un duplice segno, quello della scrittura in versi e quello grafico-pittorico. Nella veste di pittrice, Nasilli ha tenuto importanti mostre in Italia e all’estero, tra cui le personali piú recenti 2NEST, alla Galleria Civica di Padova, nel 2013, e Vólti lacerti, a Lugano, nel 2017. Dirige per Book Editore la Collana d’arte “parolatracciaparola” e la Collana “foglie e radici – Biblioteca del vernacolo”. Ha al suo attivo diverse pubblicazioni, dalle raffinate edizioni del “Pulcinoelefante” a libri d’arte, come Uovo nudo (Book Editore, 2013) e cartelle d’arte, come Il cielo oggi non sta in piedi (Stamperia d’Arte Barbato, Venezia, 2014). Tra i suoi libri di poesia: Imperfezioni moleste. E oltre (Il Prato, 2008) e, per i tipi di Book Editore, TRA.DIS.CO trame di disprezzo coerente e licantropo (2010), Parabola d’amore, racconto in versi per il teatro (2012), al buio dei nodi anfratti (2016, Premio Internazionale di Poesia “Città di Marineo”), Tàşighe! in dialetto veneto, polesano-pavano (2017, seconda edizione 2018, Premio speciale del pubblico “Premio Pontedilegno”).
siamo salici
com’è lucida e prona la sfericità argento del mercurio:
il passatempo, dopo la finestra, vi accarezzava sulla curva
la noia febbrile che ci riguardava
tra un velo sottile, troppo, di cioccolato
sul pane comune e la furia attesa di un cavallo nerissimo
e buono, amico generoso e puntuale (muto)
– piú tardi, il profumo caldo di una minestra di dado
tutto il postumo a quei pomeriggi che si trascinavano i piedi
come panni sulla cera
era già dentro le ore, dentro:
ma avevamo bisogno d’intere pianure di silenzio
prima d’imbatterci nelle ombre odorose degli oleandri
(e le foglie, che non si potevano masticare)
non potremo negare mai forza alla concordia
se la conosceremo
ma non la conosceremo
il nostro eterno non ci ascolta
siamo salici. salici
e tutti i nostri paesaggi, come quelli di Cézanne, siano
coscienti dei loro toni. padronanza conscia non esclude
alle forme universali il guardo affascinato di chi osserva:
lo attira. lo impone. lo esercita
alla restituzione trepidante del gesto. che è azione. presente
così il mistero del fóro è posto dalla pietra
che ne contiene la forma. la pietra
che il fóro in-forma. ma è chi guarda che il mistero designa
e lo traduce. dal naturale di Natura
al naturale d’Arte. o mestiere umano
poi, se possibile, il pensiero si faccia sonoro
da al buio dei nodi anfratti, Book Editore, 2016
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vólti lacerti
siamo vólti lacerti
insicuri
anche dell’ombra
nel caso di notte
ma le valve ignare
del verso dell’onda
non temono
di farsi anche duna
coi rami franti e i sassi
e i sassi ai rami inserti
una distesa di sabbia: una duna
lì, sulla spiaggia incolta
– duna di valve, rami franti
sassi e sassi ai rami inserti
non teme Natura
un peso di giudizio
e siamo noi, gli incerti
del cosmo
fatti col sale del pavore
a gravare la sua nobile indifferenza
della nostra grandiosa inutilità
e intanto io non so
(e non lo so dire)
come trascorrano gli anni
dalla raccolta PROXIMITÀ, di prossima pubblicazione per i tipi di Book Editore
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ea sécia roversà
chea sécia roversà
par tèra
in cortìe
ch’ea faşéva tuto chel bacàn
se te ghe ’ndavi incòste …
el metàło el gavéva chel bižo
sensa vita
ch’el ciapa vita
dai sentimenti de chi ch’eo varda …
ah! ch’ea sécia
che na volta ea xèra un tanburo
na volta l’elméto d’un soldà
na volta ea xèra bona
na volta ea xèra catìva
ch’ea xèra senpre in mèžo ai piè
e anca tó mare …
ghe xè na ora del giorno
d’inverno
che se te te méti a pensare
a ch’ea sécia roversà
e al cortìe de tó žio
e a chea caşéta
’ndóe ca te podévi entrare
soło in cuşìna
parché’l resto no xèra stà scaldà
e pò de sóra ghe xèra e càmare da łèto
e no se ga da vardàre
’ndoe cheàltri i se cóa i só segreti
e cusì j e łasàva al scuro
e se ti te ’ndavi de sóra de scondón
o te dişévi ca te gavévi da ’ndare al gabinéto
e te provavi a vardàr drento na càmara
no te vedevi gninte
ma chel gninte
el te se ingrumàva tuto
in t’ea pansa …
eh … ghe xè na ora del giorno
d’inverno
che se te ghe pensi
te vorési soło
che dó brasi inamorà
i te struchése forte
e par quei savére
ca no te sì drio morire
il secchio rovesciato
quel secchio rovesciato / per terra / in cortile / che faceva tutto quel baccano / se gli andavi addosso … / il metallo aveva quel grigio / senza vita / che prende vita / dai sentimenti di chi lo guarda … / ah! quel secchio / che una volta era un tamburo / una volta l’elmetto di un soldato / una volta era buono / una volta era cattivo / che era sempre in mezzo ai piedi / e anche tua madre … // c’è un’ora del giorno / d’inverno / che se ti metti a pensare / a quel secchio rovesciato / e al cortile di tuo zio / e a quella casetta / dove potevi entrare / soltanto in cucina / perché il resto non era stato scaldato / e poi sopra c’erano le camere da letto / e non si deve guardare / dove gli altri si covano i loro segreti / e così le lasciavano al buio / e se tu andavi sopra di nascosto / o dicevi che dovevi andare al gabinetto / e provavi a guardare dentro una camera / non vedevi niente / ma quel niente ti si annodava tutto / nella pancia … // eh … c’è un’ora del giorno / d’inverno / che se ci pensi / vorresti solo / che due braccia innamorate / ti stringessero forte // e per quelle sapere / che non stai morendo
daTàsighe!, Book Editore 2017, IIaediz. 2018
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in apertura Nina Nasilli, “UpOn”
Ho apprezzato molto questi testi, intrisi di una quotidianità fatta di pane comune e brodi di dado, di case mal riscaldate e di secchi che possono trasformarsi in giocattoli, perché tutto può diventare altro e farsi immortale se lo sguardo di osserva sa tradurre il mistero delle cose. Grazie Nina!