Una nuova “cosa” e le nostre promesse, editoriale di Paolo Santarone

Una nuova “cosa” e le nostre promesse, editoriale di Paolo Santarone.

     

       

Si ha un bel dire leggerezza, autoironia, senso dell’umorismo… lo start up di una “cosa” che potremmo chiamare rivista (anche se tecnicamente non lo è) è un cominciamento, l’avvio di un’impresa, la prima pietra di un progetto senz’altri limiti e confini che quelli delle forze intellettuali e dell’impegno di chi a una simile intrapresa si accinge.
Una cosa potenzialmente grossa, insomma, oppure una cosa ridicolmente microscopica. Dipende da noi.
Una cosa che mette un po’ di fifa, perché ha alti costi d’investimento (idee, organizzazione e tempo, tempo, tempo) e ritorni tutti ancora da verificare.

È una “compagnia picciola” quella che intraprende questo viaggio. Detto in modo meno aulico, potremmo riconoscerci nei soliti quattro gatti.
Ma per fare una “specie di rivista” in Internet non occorre una macchina con troppe persone. Ne bastano tante quante potrebbero stare in un pulmino scolastico, con alcuni viaggiatori fissi e molti altri che variano, che cambiano, che rendono più ricco il viaggio.
Il problema vero, la vera misura del successo o dell’insuccesso non sta in quante persone collaboreranno alla realizzazione di Versante Ripido, ma in quante lo leggeranno e lo apprezzeranno. Aurea banalità, d’accordo, ma questo non cambia i termini del problema: come in ogni altro servizio, come in ogni altro “prodotto immateriale”, è l’utente (per noi il lettore) il referente, il centro, la misura, il re.

Ehi, sto dicendo a te, sior paron. Sì a te. È a te che dobbiamo fare la nostra “promessa”, perché tu non solo voglia continuare a leggerci, ma addirittura ci promuova e ci sostenga con la tua simpatia, con i tuoi commenti, con le tue critiche. E che cosa, specificamente, ti promettiamo?

Ti promettiamo qualità. Questa è la prima cosa. Molto di rado leggerai quassù firme celebri (quelle che stanno a numi tutelari di un’industria culturale che campa sulle “griffe”), ma troverai solo e sempre quelli che lavorano duro, che si confrontano con la scrittura, quelli che non evitano di affrontare quel “versante ripido” che è il fare buona poesia e buona letteratura. Una specie di bollino di qualità che ci impegniamo a fornirti per ogni pagina e per ogni autore che troverai qui. Ovviamente quello che leggerai potrà anche non piacerti, e potrà incontrare il tuo dissenso, ma il livello dell’offerta, così come quello della tua critica, sarà comunque alto, basato su un rigore culturale, intellettuale e “tecnico” (eh sì, la scrittura è arte ma anche tecnica!).

Ti promettiamo leggerezza. Non ci prenderemo troppo sul serio, non saliremo in cattedra, non saremo pallosi (oddìo, magari qualche volta ci cascheremo, ma sarai tu stesso a bacchettarci giustamente con la tua critica) e non ci vestiremo con le penne del pavone: non siamo scienziati della filologia o dell’estetica ma artigiani della parola, siamo gente che scrive (anche se magari s’imbarazza ad autodefinirsi “scrittore”), siamo poeti, siamo narratori che non si limitano al proprio orticello ma cercano il confronto. E lo facciamo con tutta l’umiltà, il rispetto e l’allegria disponibili.

Ti promettiamo divertimento. E’ la promessa più difficile, pur precisando che usiamo la parola nel senso etimologico di de-vertere: distogliere, portare altrove, condurre in un’altra dimensione. E’ una promessa difficile perché se la scrittura non de-verte non serve, non giova. Ma al tempo stesso è molto difficile essere divertenti. La nostra promessa è che ci proveremo, con continuità, con impegno e con feroce autocritica. Per il resto, siamo nelle mani delle Muse.

Forse ci sarebbe spazio per altre promesse, ma abbiamo promesso di non esser pallosi e abbiamo parlato già fin troppo. Per altre promesse, ravvedimenti, correzioni di rotta abbiamo un mucchio di tempo davanti a noi.
Per ora buona lettura, sior paron.

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