Una promessa di felicità di Fabiano Spessi, Giuliano Ladolfi Editoe, 2016. Nota di Federico Cerminara.
Quando mi è stato proposto di leggere le poesie di Fabiano Spessi, ho trovato nel titolo della raccolta più di una buona ragione per accettare. La bellezza è una promessa di felicità, dice Stendhal, e seppure il titolo della silloge non riportasse per intero la citazione, ero fiducioso che il percorso di ricerca dell’autore trovasse nella scoperta di un’idea di bellezza, inattesa, fulminante o eventualmente amara, immorale, ma in ogni caso reale e tangibile nella suo manifestarsi, un epilogo naturale. Fabiano Spessi è un osservatore attento, allo stesso tempo generoso nell’ascolto e capace di percepire i desideri e le speranze delle persone con cui entra in contatto. Il palcoscenico che dà vita e forma ai suoi versi è composto da spazi e oggetti ordinari: la piscina di un centro sportivo, la fermata del pullman, le tazzine prese con i punti del supermercato; la poesia di Spessi parla di me, delle persone che incontro a lavoro o nelle riunioni di condominio, e soprattutto parla del nostro bisogno di incontrarci, di comunicare. Forse per sentirci un po’ meno soli, forse per andare incontro a quella promessa di felicità che alberga nei nostri desideri.
A distanza di un paio di mesi, sollecitato dalla redazione di Versante ripido alla consegna -nello specifico, mi è stato chiesto come mai tardassi nel consegnare la nota di lettura-, ho messo a fuoco che la mia difficoltà nel formulare un’opinione non era dovuta al linguaggio o al bagaglio di immagini e ricordi da cui il poeta andava a pescare, quanto piuttosto alla scelta di Spessi di non proteggere i suoi personaggi dalle insidie del microcosmo in cui li aveva collocati. Così lucido nel raccontare la crisi che li ha colpiti, così limpido nel mettere a fuoco una via di fuga, una forma di redenzione, così metodico e puntale nell’abbandonarli alle proprie ansie, alla propria solitudine, al ricordo inutile di una sequenza di occasioni sfumate. Non c’è possibilità di riscatto, nemmeno per due persone sole e disperate che sull’uscio di una porta provano a stringersi la mano.
Ragazza alla pari
col viso cosparso di fiori,
nella quiete del primo pomeriggio
qualcuno bussa alla tua porta
ed è un’estranea
che non ti chiede solo del sale
ma proprio da mangiare
e un tetto
e un letto.
Non è casa mia
io lavoro per la famiglia
mi occupo dei bambini
facciamo insieme i compiti
e li vado a prendere a scuola.
Mi dispiace.
L’estranea si dirige
verso un’altra porta
e ripete la sua litania:
pane
casa
un letto per la notte.
Ricordi? Guardare fisso negli occhi
l’interlocutore
usare un linguaggio semplice
e andare subito al punto.
Proprio quello che
ti hanno insegnato all’università,
corso di marketing
primo anno.