Versi e divagazioni su poesia e tecnologia,
come potrebbero essere non tanto nemici.
Di PINA PICCOLO
Per mia esperienza ed indole mi trovo spesso in disaccordo con chi si accanisce contro i social media e il vortice informatico, spesso accusati di essere i maggiori responsabili dell’attuale crisi epistemica. Presumibilmente, con il loro peso schiacciante nella vita della gente (di tutte le generazioni, comprese quelle più attempate) per loro natura intrinseca le nuove tecnologie favorirebbero l’affermarsi del pensiero unico, di fascismi vari nonché di ‘disumanizzazione’ diffusa. Forse a causa del mio vissuto, che dai 16 ai 48 anni si è svolto non lontano da Silicon Valley, la mia esperienza personale è stata di un ingresso e un incorporamento più graduali delle nuove tecnologie nella mia vita, sia lavorativa che quotidiana e culturale rispetto a quanto è accaduto in Italia alle persone della mia generazione.
Già al mio primo anno di università nel 1975 leggevo What Computers Can’t Do di Hubert Dreyfus per un corso interdisciplinare; alcuni anni dopo mio cognato mi parlava delle prime BBS ‘bulletin board systems’; negli anni ’90 utilizzavo il Google Maps dal computer stampandomi le istruzioni per arrivare ai luoghi di interpretariato; sempre negli anni ’90 i primi esperimenti di traduzione automatica dei CAT (Computer Assisted Translation tools, utilizzavo l’ormai paleontologico Trados per lavoro); fino ai progetti di poesia online, in campagne contro la guerra come quella di Sam Hamill Poets Against War del 2003 (all’epoca della guerra contro l’Iraq, 12.000 poesie consegnate a Bush).
Quindi per me il passaggio all’idea di una rivista letteraria digitale mi è sembrato naturale, prima come collaboratrice alla rivista Sagarana di Julio Monteiro Martins dalla fine del 2008 e poi fondandone una nuova con amiche e amici nel 2015.
Nel frattempo, dal 2006, da colleghi che avevano collaborato all’iniziativa di Sam Hamill sono arrivata a Linkedin e ai gruppi di letteratura al suo interno entrando in contatto con poeti in tutto il mondo ed è da lì che nascono i legami con i 100Thousand Poets for Change. Quindi l’esperienza digitale e dei social media è andata sempre mano nella mano con l’esperienza nel mondo del reale e con quello della creatività. In entrambe le dimensioni, dell’etere e del materiale, non sono mancate occasioni in cui dover acuire lo spirito critico e difendersi dalle fake news e dai fake people.
Certo l’impatto del digitale è più veloce e capillare di altre tecnologie ma se esaminiamo altri dispositivi legati alla diffusione di informazioni e conoscenza del passato anch’essi hanno operato ‘rivoluzioni’ e fake news non indifferenti, (basti ricordare l’impatto della stampa a caratteri mobili per la diffusione del Malleus Maleficarum e quindi la caccia alle streghe che portò alla morte di milioni di donne (e di uomini accusate/i di stregoneria). Se pensiamo all’avvento della televisione a metà anni ’50 del novecento e come essa ci abbia alterati a livello antropologico, non c’è certo bisogno di aspettare le/gli influencer del primo decennio del duemila per riconoscere segni di divismo e di fanatismo. Dispositivi che aiutarono l’ascesa del fascismo furono sia il telegrafo (tramite cui da Milano il futuro Duce diresse la Marcia su Roma, dispositivi per la diffusione di fake news furono anche il famoso balcone di piazza Venezia, la radio che diffondeva i discorsi di Mussolini, etc.).
Essendo una persona dotata di un certo spirito critico, già negli anni ’80 e ’90 mi colpiva come negli USA i giornali fossero inestricabilmente parte del mondo del business e dei vari portfolio di investimenti delle multinazionali, come i reportage dalle varie guerre provenissero dalle hall degli hotel piuttosto che da attività di indagine sul campo, come dalla radio provenissero esternazioni paradossali di estrema destra come quelle di Rush Limbaugh, e come queste si propagassero anche dai vari pulpiti delle chiese dei movimenti di estremismo cristiano dei born again e degli evangelici che già negli anni ’90 contavano oltre 40 milioni di fedeli (dotati anche loro dei propri network di media e in grado di elaborare il Rapture Ready Index su base quotidiana).
Quindi per me lo humus di cui si nutre l’attuale crisi della conoscenza (e dell’agire) proviene da un coacervo di elementi molto complesso, che si differenzia anche da nazione a nazione e mi preoccupa la demonizzazione che spesso viene riservata alla tecnologia dai miei coetanei, una specie di nostalgico schierarsi con un progetto pseudo-umanista basato su un’Età dell’oro del passato mai esistita. Sono convinta che invece sia necessario evolvere una letteratura in grado di misurarsi con queste nuove tecniche non solo come supporto ma anche come materia di poesia e di letteratura con la quale confrontarsi.
È in tale spirito che propongo alcune poesie mie originariamente scritte in inglese e da me tradotte in italiano nate nell’arco di tempo del fenomeno presidenziale Trump, uomo molto abile nella manipolazione dell’immagine e dei mass media, grande maestro di fake news e di ineguagliabile sfacciataggine.
Per contestualizzare queste poesie serve forse qualche link. Vi ricordate quella sacerdotessa, la spiritual adviser di Trump Paula White che con una performance invocava gli angeli dall’Africa che venissero a scacciare le leghe demoniache e a cementare la rielezione del MAGA? Ebbene in un’ibridazione selvaggia ho fuso lo spirito di quella originale ierofante con quello del visone danese riuscito a fuggire dalla mattanza decretata dalla infezione da Covid dell’allevamento in cui era nato, eleggendo entrambe le immagini a metafora della condizione umana dei nostri tempi.
Riciclaggio sogni #1
Tutto impellicciato l’incubo del visone in fuga
Ladro di regali arroganze
E divesche divagazioni
Protagonista una specie
Avvolta nella cecità
In preda a una fame che divora
E trangugia, e si evolve
E distrugge
E alleva per mattanza
E presto a estinguersi
Sarà chiamata per mano
dei suoi dispositivi stessi
E batti e batti e batti
Proclama la bionda performer
Esecutrice di onirincubanti riciclaggi
Mentre il mondo sospeso
In bilico
Inetto e fuorviato
Si trascina verso la catastrofe
Privo perfino del coraggio
Del visone fuggiasco
7 novembre 2020
*
Sempre in quel periodo delle elezioni, una riflessione sulla lingua e i suoi limiti, quello che è accaduto al linguaggio umano e alla sua capacità di rispecchiare il reale.
Lingua
Si indurì come l’ambra
Intrappolando il significato
E il silenzio
E l’intonazione
Quando la terra smise di riceverla
E il vento di trasportarla
E la specie di portarne il peso
Rimase lì bloccata con la pulce
A precedere la tavoletta d’argilla
E a seguire il pesce polmonato fossilizzato
Come un organo superato
Per essere lanciata nell’archivio
di futuri sgomenti
novembre 2020
*
Qualche mese dopo la morte di Ferlinghetti mi tornò mente la sua esortazione ai poeti (contenuta nel suo libro Poetry As Insurgent Art) di scrivere poesie ogni giorno come fossero dispacci dalla realtà di cui si ha esperienza. Da questo ricordo nacquero due poesie, la prima un ibrido occulto/fantascientico su una rivelazione dei tarocchi abbinata a una lettura su delle speculazioni relative alle macchine di von Neumann (che mi immagino come sondicelle); la seconda invece registra una passeggiata per Imola nel giorno in cui il governo annuncia che tutta la provincia è classificata Zona Arancione Scuro, rispetto alle direttive anti Covid. Il dispaccio inizia da una villetta provvista di lampione consistente in una gigantesca giraffa che tiene in bocca un lampadario con accanto una Lamborghini arancione, poi l’immagine di otto alberi segati per dare aria a una panchina (vulnerabili ai bordi), e infine il manifesto funebre che registra la moria di anziani dovuta al Covid.
I dispacci dell’impiccata
Oggi come volle il destino
comparve negli Arcani Maggiori
la carta dell’Impiccata
mentre defilata me ne stavo
−dolore che ti attraversa le ossa imprecando−
in attesa di un dispaccio
di conferma
che la peristalsi geopolitica
avesse spostato la realtà in avanti
Per adesso, la zavorra
di contraddizioni bobinate
giace lì pronta a germogliare
e colpire alla cieca
mentre le sondicelle von Neumann
provenienti da civiltà a lungo decadute
-alcuni invece le considerano turisti galattici-
incredule per ciò che vedono
stanno lì invano a scattare istantanee
inviandole ai loro pianeti morti
5 giugno 2021
*
Dalla Zona arancione scuro: Vulnerabile al perimetro
Là fuori sul perimetro,
dove la giraffa di porcellana bianca
se ne sta con la sua lampada barocca di cristallo
e la Lamborghini parcheggiata
ritempra il suo sé arancione e tozzo
a pochi passi da dove
la sega dentata della morte
alla resiliente ma
ma poco radicata vulnerabilità
pone assedio.
Spietato
l’Ufficio Pagamenti
segna le entrate
in colonne diritte
mentre il coro delle vite
cancellate degli anziani
e l’unico sportivo solitario
gemono con voci da baritono e contralto
dal manifesto funebre appena incollato
che annuncia chi appena attraversato
il Fiume dell’Oblio.
25 febbraio 2021
*
Le mie considerazioni in distici, a un anno e mezzo dalle elezioni di Trump
Non del tutto estranee a quella impavida caletta del cuore
Non badare all’uomo dietro il sipario
quando arrivi alla fine della strada di mattoni gialli
Sostenuti con leggerezza da tempeste cognitive
i fatti giacciono in aria sospesi
Mentre il canto dell’uccello lira
esegue la nenia funebre per la foresta
Mentre le gole di bambini
e di uomini neri non possono respirare
Mentre nazioni afflitte e fallite
cercano la compagnia di alveari in via di spopolamento
Non badare all’uomo dietro la cortina
segui la tua app verso la terra di latte e miele
Lascia che una ninna nanna ti colleghi a specie aliene
quella che scrive potrebbe essere sulla via del non ritorno
Incastonate nel profondo del nucleo dei ghiacci delle Ere
siete pregati di trovare le istruzioni per la settima generazione
Forse non diverse da quelle emesse
alla vigilia della Quinta Grande Estinzione
Divulgatele: meno graziose e raffinate del Sacro Graal
eppure non del tutto estranee a quell’impavida caletta del cuore
Potrebbe pur essere che in questa occorrenza siano sufficienti.
Luglio 2017
*
Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, Il suo blog personale è Pina Piccolo’s blog.
Mi sento d’accordo sul fatto che i social, la tecnologia digitale, l’informatica non siano da demonizzare: in definitiva non sono altro che dei media, se qualcuno invisce contro di loro e` sicuramente per i contenuti che essi veicolano; allora il problema sta alla base, cioe` su cio` che siamo capaci e desiderosi di comunicare e su quanto siamo condizionati da censura e manipolazioni. Tutto parte dal personale per poi riflettersi sul collettivo: se quattro gatti hanno conseguito una sufficiente liberta` di pensiero, chissa`, con la loro comunicazione potrebbero sensibilizzare altri e diventare 10 gatti, 100, 1000 , sempre di piu` , e essere fattori di reale cambiamento nel mondo.
inveisce…mi scuso per la distrazione