Vietato piangere di Francesca Del Moro

Vietato piangere di Francesca Del Moro.

   

   

Bisogna scrivere un romanzo

   

Massimiliano, scusa,

ma per un po’ mi verrà da imitarti,

mi dispiace ti conosco poco

e forse ti sto pure sui coglioni.

  

Però ho imitato, o meglio ci ho provato,

Sarah Kane Elfriede Jelinek Thomas Bernhard

Ungaretti Anais Nïn John Donne Baudelaire

Drago Jančar Samuel Beckett Pavese Dante Ezra Pound

e altri che non mi ricordo.

  

Quindi non ti incazzare.

  

Il tuo libro ce l’ho sotto mano

e anch’io come te non riesco

a trasformare le mie esternazioni

in 150 pagine di romanzo.

  

Bisogna scriverlo per forza,

altrimenti con la poesia

non ci si filerà nessuno.

  

Lo so che tu racconti

di droghe di cui non so i nomi

e di dark room sudate

e sborrate gay a tutto spiano

e ogni tanto ci infili anche l’amore

e qualche domanda sublime

ma più che altro infili cazzi dappertutto.

  

Io tanti cazzi tutti insieme

li ho presi una volta sola

e in un paio di occasioni

ho anche leccato un po’ di fighe,

ma droga niente e canne poche,

tossendo un po’ perché non fumo,

alcol invece molto di più

ma quasi sempre senza vomito.

  

Però per qualche ragione

mi trovo bene nel tuo mondo

e a mio modo

anch’io non ce la faccio e smanio,

mi sento esclusa, e vorrei tanto

trasformare in qualcosa

la mia vita smodata disperata

piena di cose da dire come la tua, ma non

in 150 pagine di romanzo.

 

***

  

Appena ho un momento libero

    

Appena ho un momento libero

quando mio figlio è a scuola

e la casa è pulita

e ho finito di stirare

appena trovo il tempo

e la traduzione è finita

e sono uscita dal lavoro

se l’autobus è puntuale

se il treno stranamente pure

appena ho un attimo

e fuori c’è bel tempo

e ho pagato le bollette

e sono stata in banca

e il dottore mi ha visitata

appena ho un momento libero

finalmente

una buona volta

quasi quasi

io mi uccido.

 

***

    

Sorelle mai

   

Io le mie radici

le ho tagliate fino in fondo

e quell’inetta bambina

con il suo contorno

di facce familiari

e luoghi semplici e lenti

l’ho lasciata a Livorno.

  

Però lei muore

e come gli altri

se ne andrà

lontano dai miei occhi

se ne andrà

mentre tra portici e vicoli rosa

io fluttuo in questa festa

che accende e infrange sogni.

  

Lei passerà

come un altro respiro del mare.

  

Il mare eterno

magico ancestrale

che sempre serberà

la nostra storia, il nostro senso.

  

Il mare inghiottirà

un altro pezzo di me.

Il mare un tempo materno,

così grande

da contenere ogni lacrima

così grande

da rendere ridicola ogni lacrima.

  

Lei muore

e io mi ingozzo

di ravioli cinesi

cercando di non pensare

al mare che mi sfida,

mi sconfigge, mi richiama,

  

cercando di non pensare

al piccolo mondo

che ho rifiutato

per andare a fallire

da un’altra parte.

  

Che ne saprà lei

del mio amore

che è rimasto?

Lei muore

e io ho bisogno

di qualcuno qualcosa

a cui dare la colpa.

  

Perciò mi ingozzo

di ravioli cinesi

maledicendo Dio

un’altra volta.


***

   

È che nel tuo cuore

   

È che nel tuo cuore

offerto come una scodella vuota

io rovescerò

insieme a tutto il mio amore

questa tristezza

di bambina non voluta.

  

Ci cadrà, insieme alla passione,

una supplichevole forma di bisogno

come quando, rompendo le uova,

l’albume cade per sbaglio

insieme al tuorlo.

 

***

   

Vietato piangere

   

C’è un monticello di terra

davanti a me e io lì sotto

dovrei immaginare il tuo corpo.

E quella croce di legno, poi,

tu non l’avresti voluta di certo.

Quanto starebbe meglio,

al suo posto, un cazzo gigantesco,

lucido e svettante verso il cielo,

più alto di un cipresso.

Pensa a tua madre, che faccia farebbe,

come minimo avrebbe un infarto.

Un cazzo scolpito nel marmo,

scommetto che, come uno zombie,

verresti fuori per afferrarlo.

C’è il sole oggi, e tanta calma,

ti abbiamo salutato e stiamo qui,

poeti bolognesi e artisti di Firenze

sorridenti e chiacchieroni

come fosse un pic nic.

Ci sono tutti i tuoi amici,

anche la regista che sta a Londra

e ha l’anello uguale al tuo

e “l’infelice amico dei giorni felici”

che ora ci recita con orgoglio

i tuoi versi contro di lui.

Ci raccontiamo la tua vita,

loro la prima parte, il capitolo

“Giovane artista a Firenze”

e noi il secondo, dal titolo

“Bologna e la maturità poetica”.

E ci sono il sesso e la depressione

e la malattia e la droga, ma anche

tanta vita, talento e passione.

Mi sembra così bella la tua storia

che, infantilmente, tutt’a un tratto

guardo la terra, la croce e penso:

“Massi, ma che cazzo hai fatto?”

Foto_LautrecCanCan

  

 

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