Virgilio Piñera: Il peso di un’isola, traduzione di Gordiano Lupi, recensione a cura di Gabriella Modica.
Lasciamo la nostra casa in ordine prima
di chiudere, per l’ultima volta, le sue
porte.
Virgilio Piñera,
dal prologo a La vida intera
Vivere da poeta quando una dittatura decide per legge ciò che devi pensare, ciò che devi comunicare, le tue inclinazioni sessuali, la tua esistenza. Fino a che punto la precarietà della vita può condizionare la capacità di creare in totale libertà?
Il peso di un’isola è la raccolta poetica di una parte degli scritti di Virgilio Piñera, curata dallo scrittore Antòn Arrufat, suo dattilografo, tradotta in italiano da Gordiano Lupi per le Edizioni Il foglio, e disponibile gratuitamente sul sito www.nuovacuba.wordpress.com.
Comprende le raccolte La vita intera, del 1968, Uno scherzo colossale, scritto nell’ultima parte della sua vita, e le Poesie scomparse, inediti scritti lungo il corso della sua intera carriera letteraria.
Tra il 1935 e il 1979, anno della sua morte, Virgilio Piñera scrive svariati testi teatrali, diversi racconti e, aspetto meno conosciuto, una quantità considerevole di testi poetici. È considerato uno dei più grandi scrittori cubani del XX secolo.
Ma di questo, nel resto del mondo si sa poco o niente. Perché Piñera è vissuto immerso in una dittatura, quella castrista, che umiliava, emarginava, isolava, cancellava dalla memoria chiunque potesse costituire un intralcio alla sua “Rivoluzione”. Ad esempio gli uomini liberi.
Piñera era un uomo libero.
Ma la sua libertà ha seguito dei percorsi di non facile interpretazione.
La sua prima pubblicazione poetica, Las Furias, è del 1941. La seconda, La vida entera, è del 1968.
Qualche anno prima dell’uscita della seconda pubblicazione poetica di Piñera, Fidel Castro espone il suo “discorso agli intellettuali”:
«…Contro la Rivoluzione non può essere ammessa un’attività intellettuale che ne metta in pericolo l’esistenza».
Questo, il commento di Virgilio Piñera: «Ho molta paura. Non so perché ho questa paura, però so che è la sola cosa che voglio dire».
Nel 1965 Piñera denuncia l’apertura delle Umap, campi di lavoro forzato per antisociali: omosessuali, santeros, religiosi, rockettari e persone non in sintonia con la Rivoluzione.
Nel 1968 pubblica La vida entera, raccolta delle sue pubblicazioni di gioventù.
Ecco cosa scrive in una parte del prologo:
Sebbene non ritenga che questo libro
rappresenti un peso morto nell’economia
della mia opera di scrittore, devo ribadire
che mi sono sempre considerato un poeta
occasionale.
Un poeta occasionale, un poeta poco concentrato. La mancanza di concentrazione di molta poesia cubana, è un tema che Piñera più volte riprende nei suoi scritti teorici e negli articoli di quel periodo. Con questa comunicazione Piñera prende le distanze da tutto, chiude la porta, scompare. La sua attività sembra inghiottita dal silenzio.
Quando vivi sotto dittatura puoi adattarti, cercando di fare il tuo lavoro nei limiti del consentito, puoi tranquillamente continuare ad esercitare parlando di temi che non servono a nessuno, per far piacere al regime. Oppure, volontariamente, vai dietro le quinte e senza dire niente a nessuno cominci a concentrarti sul tuo testamento di vita. Ogni volta che Piñera si espone con una pubblicazione, lo fa perché ha deciso di sparire.
Lo fa nel 1941 quando pubblica Las furias, lasciando poi cadere ogni interesse per successive pubblicazioni, e lo fa nel 1968 quando pubblica le sue opere di gioventù ri-collocandosi idealmente in un periodo di forte deconcentrazione poetica. Sembra uno scherzo. Uno scherzo colossale.
Resta il fatto che da quel periodo fino alla sua morte Piñera si dedicherà interamente, e quasi in segreto, ad una instancabile ricerca mirata alla produzione di un’opera in cui ogni momento poetico è una delle parti dell’intero poema, ad una incessante ispezione della concentrazione. Una broma colossal è l’opera che nasce da questa ricerca.
Quanto può pesarti addosso un’isola, quando non hai la possibilità di esplorare altro, e quando sai che andar via da Cuba come hanno deciso tanti altri poeti, è una soluzione se possibile, ancor più deleteria? È come essere rinchiusi in una torre, per tutta la vita, con una sola, incantevole amante. Hai due scelte, in quel caso: o amarla finchè non ne puoi più e ti viene voglia di ucciderla (senza peraltro riuscirci perché lei è bella, e la bellezza non muore mai), oppure, esauriti i tentativi di calicidio arrenderti a tutto il destino che ti sei in qualche modo creato, ricominciare ad osservarla sotto un’altra luce, e possederla se possibile, in ogni anfratto, in ogni dolcezza, ogni violenza, e attraverso canali che nè tu nè lei potreste mai sospettare di avere se non vi trovaste in quella situazione.
Un’isola può gravarti addosso come se tutto il suo peso, anche quello del mare che la circonda fosse una tua responsabilità.
Questo è solo un piccolo contributo alla necessità di divulgazione dell’opera durata un’intera esistenza, di un grande intellettuale. Una lezione di libertà.
Prima di chiudere la porta, un’ultima volta, Piñera, ha scritto la sua intera vita e poi l’ha riordinata col rispetto che le è dovuto.
Estratto da
Il peso di un’isola (1946)
…Quando all’alba la mendicante scivola
nell’acqua
nel preciso momento in cui si lava uno
dei suoi capezzoli,
mi abituo al fetore del porto
mi abituo alla stessa donna che
invariabilmente masturba,
notte dopo notte, il soldato di guardia
in mezzo al sogno dei pesci.
Una tazza di caffè non può allontanare
la mia idea fissa,
in un altro tempo io vivevo
adamiticamente.
Che portò la metamorfosi?
L’eterna miseria che è l’atto di
ricordare.
Se tu potessi formare di nuovo quelle
combinazioni,
restituendomi il paese senza l’acqua,
me la berrei tutta per sputarla al cielo.
Però ho visto la musica trattenuta nei
fianchi,
ho visto le negre ballare con bicchieri
di rum sulle loro teste.
Bisogna saltare fuori dal letto con la
ferma convinzione
che i tuoi denti sono cresciuti,
che il tuo cuore ti uscirà dalla bocca.
Ancora galleggia nelle scogliere
l’uniforme del marinaio annegato.
Bisogna saltare fuori dal letto e
cercare la vena maggiore del mare per
dissanguarlo…
***
Il vecchio del bosco
(da Poesie scomparse, 1954)
Ogni amore,
il più torrido
quello che infiamma e riduce in cenere
il corpo degli amanti;
quello fatto di lacrime tanto ardenti
da fecondare la terra della
disperazione
in cui sboccia la rosa dell’amante
felice,
quello che consuma e quello che
uccide,
o si ferma sull’orlo dell’abisso,
possiede nel suo fondo il gelo.
Ora che la musica risuona
allegramente nella sera;
ora che l’amore ci infiamma
mentre i reggimenti si dirigono verso
la battaglia
con sonore fanfare;
ora che con la loro corazza di fiamme
gli amanti
cominciano la loro estasi tra le
frasche
ed esplode con enorme fragore il
canto della speranza
ora, non dopo né prima,
in questo momento
sorge compatto, terso, rilucente
il gelo dal fondo dell’amore.
Un grido soffocato accompagnato da
strepitii d’uccelli
si lascia udire tra le fronde
promettenti,
mentre il vecchio del bosco
trascina via lentamente l’illusione
degli innamorati.
(Buenos Aires, 1954)
***
Poesie deplorevoli
(da Uno scherzo colossale, 1969)
Gamba al forno
Come una gru, in piedi su una gamba,
mi taglio l’altra
e te la offro, fratello,
perché finalmente tu conosca il sapore
della mia carne.
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Virgilio Piñera
IL PESO DI UN’ISOLA
Opera poetica
Compilazione e prologo di Antón Arrufat
Tusquets Editores, Barcellona, Settembre 2000
Traduzione di Gordiano Lupi
Revisione del testo e consulenza poetica di Patrizia Garofalo.
Edizioni Il Foglio Collana POESIA CONTEMPORANEA
Direttore: Gordiano Lupi
www.ilfoglioletterario.it
© Edizioni Il Foglio – 2012
ISBN 9788876063923
Creazione e impaginazione eBook: creoebook.blogspot.it
© TUTTI I DIRITTI RISERVATI
Questo ebook è liberamente scaricabile, dietro gentile concessione di Gordiano Lupi, dalla nostra pagina http://versanteripido.wordpress.com/e-book-in-vetrina/
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