La figura del poeta. Tre domande a Fabio Franzin

La figura del poeta. Tre domande a Fabio Franzin.

   

   

Sul tema “Chi è il poeta?” abbiamo sottoposto alcune domande, le stesse per tutti per poter confrontare i punti di vista e stimolare un dibattito, ad alcuni poeti. Le domande sono:
1) Perché il pubblico dovrebbe cercare e amare le tue poesie?
2) Tra stereotipi e marginalità: come si colloca la figura del poeta nell’attuale situazione culturale italiana?
3) Esistono strade per recuperare quella rilevanza che in altri paesi al poeta viene riconosciuta?

Abbiamo anche chiesto un contributo poetico a tema per concludere la mini-intervista.

Vi lasciamo in questo articolo con le risposte e i versi di Fabio Franzin.

Perché il pubblico dovrebbe cercare e amare le tue poesie?

Il pubblico dovrebbe cercare la poesia indipendentemente che sia la mia o quella di altri, perché la poesia è un condensato di esperienza umana, un mondo aperto e rinchiuso in trenta versi, e ciò è sempre qualcosa di potente, capace di disegnare altri orizzonti nell’anima. Nello specifico del mio lavoro poetico, il lettore si troverà davanti, credo, una scrittura che non si crogiola intorno alla forma dimenticando per strada l’uomo. Una poesia umile e concreta, aperta sia alle epifanie della memoria, sia ai dubbi sul presente.

Tra stereotipi e marginalità: come si colloca la figura del poeta nell’attuale situazione culturale italiana?

Il poeta è sempre stato un emarginato. Perché la realtà è sempre stata competitiva, abbruttente. Chi si ferma a lato a contemplare e a “chiamare per nome” la bellezza o il dolore è sempre visto con sospetto, come un perdigiorno che non sa stare al passo con la società cosiddetta produttiva. Ora la condizione è ancor più cruciale: in un’epoca vinta dalla civiltà dell’immagine, nel nucleo di questa grave crisi economica e sociale, il poeta rimane una sibilla che nessuno ha più voglia o tempo di ascoltare. I suoi vaticini si perdono nel vuoto di un tempo vuoto e stolto.

Esistono strade per recuperare quella rilevanza che in altri paesi al poeta viene riconosciuta?

In Italia credo di no, purtroppo. Ci si accorge dei poeti (vedi Pasolini, per es.) quando si avvera ciò che esso aveva profeticamente previsto. O se la parola poetica fa una comparsata in tv (pensiamo al caso Szymborska letta da Saviano). Qui da noi la poesia è ancora un esercizio da amanuense, per fortuna. In un circo, quello ballato dagli addetti ai lavori: i poeti stessi, gli editori, gli aspiranti poeti, gli accademici, ecc… davvero deprimente, per sfortuna; fatte salve le dovute eccezioni, sia chiaro, perché la poesia italiana ha dato, e continua a esprimere poeti altissimi, fra i migliori, nel mondo. Ma fra invidie, rancori, favori chiesti o concessi in cambio del saggio, della prefazione… lo spettacolo, sotto il tendone, è spesso di nani e maghi ciarlatani, in “pure Italian style”.

***

Fra i confini dea vita

(In memoria di mio padre Antonio, in benvenuto a mio figlio Jacopo)

‘Sti stanbi zorni de utùno, ora cussì caldi
e ciari, ora cussì covèrti e afosi, cussì caìvosi.
Un zhigo ‘l vent, ieri nòt, e ‘l scuro scuriàr de frasche
contro ‘e finestre fuiscàdhe de l’ospedàl.
E i nidi, pensée: se ghin ‘é, chi ‘o che metarà
un téon sot’i albari? E po’ incòrderse pa‘a prima
volta che ‘l zal dei setenbrini s.ciopà drio ‘e rive
dea Livenza ‘l fa rima co’ quel dee fòjie dee piòpe
piantàdhe longo i só àrdheni. ‘Sti stranbi zorni
de utùno e i fòji del caendàrio che i me casca
stonfi dae man disendo de ‘na vita che la ‘é squasi
drio ‘rivar e de una che, massa sguèlta, ‘a scanpa via.
Co’i stessi làvari che ‘ò basà ‘a front
maeàdha de mé pàre, ‘dèss ‘scolte ‘sti
colpéti lidhièri, ‘sti calcéti cèi, e bei,
pudhàndoi tea panzha piena de mé fémena.
Piove fòjie rosse ‘dèss, tii nizhiòi futignàdhi,
drio i bianchi curidhòi sgrafàdhi dal doeór.
E ‘dèss sò, co’a pì maedéta dee sicurezhe
che quel che me ‘à dat ‘a vita e quel
che da mì la ‘varà no’ i riussirà a incontrarse.
So che mé pàre, nonostante tut el só ben,
no ‘l me ‘assarà far festa pa ‘a nàssita
de mé fiòl, e sò che ‘a nàssita de mé fiòl
no ‘a me ‘assarà piàndher mé pare
come che ‘l meritaràe.
Mi son qua, co’na man strenta
pa’ provàr a tègner duro, e chealtra
vèrta a spetàr, pronta a ninàr.
No so co quàea dee dó èpie possù scriver ‘ste paròe.

   

Fra i confini della vita

Questi strani giorni d’autunno, ora così caldi / e limpidi, ora così coperti e umidi, così nebbiosi. // Un urlo il vento, ieri notte, e il buio frustare di fronde / contro le finestre appannate dell’ospedale. // E i nidi, pensavo: se ce ne sono chi appronterà / un telone sotto gli alberi? E poi il primo notare / che il giallo dei toupinambùr esploso lungo le sponde / del Livenza rima con quello delle foglie dei pioppi / che ne costeggiano i suoi argini. Questi strani giorni / d’autunno e i fogli del calendario che mi cadono / inzuppati dalle mani dicendo di un arrivo / e di un’altrettanto imminente partenza. / Con le stesse labbra con cui ho baciato la fronte / emaciata di mio padre ora ausculto questi / quasi impercettibili sussulti, questi cari calcetti / appoggiandole sul ventre teso di mia moglie. // Piovono foglie rosse ora, sulle lenzuola stropicciate, / lungo i candidi corridoi istoriati dal dolore. // Adesso so, con la più assoluta e crudele delle certezze / che colui a cui devo la mia vita e colui / a cui io la darò non riusciranno ad incontrarsi. / So che mio padre, nonostante tutto il suo bene, / non mi permetterà di gioire appieno per la nascita / di mio figlio e so che la nascita di mio figlio / non mi permetterà di piangere mio padre come merita. // Io sono qui, con una mano stretta / a cercare di trattenere e l’altra / aperta nel gesto di accogliere, di cullare. // Non so con quale delle due sia riuscito a scrivere queste parole.

da “Pare”, Helvetia, 2006.

giulietta-masina-e-federico-fellini-sul-set

 

One thought on “La figura del poeta. Tre domande a Fabio Franzin”

  1. Poesia struggente per la coincidenza della “partenza” del padre e dell’ “arrivo” del figlio, in cui l’autore-padre si trova a non potere degnamente abbandonarsi al dolore e a non poter gioire per la nascita del figlio, con l’ulteriore motivo di tristezza che nonno e nipote non si incontreranno mai più.

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