Voglio colpire una cosa, poesie di Silvia Tripodi.
Silvia Tripodi (1974). Vive a Roma. Ha partecipato nel 2013 a RicercaBo (laboratorio di nuove scritture); suoi testi sono presenti su GAMMM, Nazione Indiana, l’immaginazione. Ha collaborato all’antologia “Totilogia” a cura di Daniele Poletti (edizioni Cinquemarzo 2014) e a EX.IT 2014 – materiali fuori contesto (Albinea). Premio Lorenzo Montano 2014 (sezione poesia inedita).
“I testi sono estratti dalla silloge “Voglio colpire una cosa”, vincitrice dell’edizione 2015 del Premio Elio Pagliarani e che viene pubblicata in volume nel 2016 presso l’editore ZONA”.
VOGLIO COLPIRE UNA COSA
(2015)
Quando la certezza del nome della cosa
Finisce in fondo allo stagno insieme alla cosa che pesa
Il suono della pietra a contatto con l’acqua
Camuffa i suoni circostanti della natura
La campagna è piena di uccelli che cinguettano
Ci sono insetti e suoni misteriosi
Provengono da dietro i cespugli
Davanti ai cespugli ci sono cose con nomi che non conosco
L’ambiente circostante è una miniera
Di suoni di bisbigli di pesi sui rami
Di radici di bacche di piante
Lo stagno è sospeso tra cose che pesano
Lo stagno sembra gravare sulla terra
Non conosco il nome dello stagno
Che con la cosa adagiata sul suo fondo adesso pesa un po’ di più
Non conosco il nome del luogo nel quale si trovano queste cose
Sono cose che possono sgravarsi dei loro nomi
Hanno peso pesano hanno volume pesano
Hanno perso peso hanno volume peso
Stanno vicino allo stagno
Che riflette i colori del cielo
Sono ferme attorno allo stagno
Stanno in fondo allo stagno
Le nuvole sono in alto
Sono molto lontane
Le nuvole sono in alto
Che incidenza hanno le nuvole
Sulle cose non colpite e che non pesano
Pesano quel tanto che basta
Basta saggiare il terreno sulle quali gravano
Questa stagione che è alle porte
Alle porte delle cose
Alle porte dello stagno
E delle cose colpite
Cosa senza nome non colpita non pesa
Le hai dato un nome affrancandola
Si può sgravare una cosa colpendola lanciandola
Allora mettersi a conoscenza del nome
Uno lo fa naturalmente
Cosa pesa
Allora si fa un circolo simile a un cerchio concentrico
Al centro del quale cosa che pesa
Al centro del quale le nuvole sono in alto
Finché la situazione non si aggrava
Finché uno non se ne pente
Si dice che in casi come questo
A volte arrivano burrasche
Sembra fatto apposta
Cosa pesa in fondo allo stagno
E una carica di acqua cade dal cielo
Sembrava bello stamattina
Poi si è guastato
Poi la terra sprigiona i suoi odori
Le essenze della stagione
In filari in filamenti
In pesi filamentosi tra un nome e l’altro della cosa
Colpita o non colpita non pesa
Pesa non ha nome è piatta compatta resiste
Mentre tra me e lo stagno
Tra la cosa che avrei voluto colpire e lo stagno
Passa un rivolo d’acqua
Si è fatto strada sul terreno dopo la burrasca
Allora uno aspetta che la cosa scorra grazie anche al suo peso
Allora uno vorrebbe sgravarsi di questa responsabilità
Occuparsi d’altro