Intervista a Emilia Barbato e una poesia

Intervista a Emilia Barbato e una poesia.

    

    

Per questo numero di Versante Ripido abbiamo proposto ad alcuni autori quattro domande uguali per tutti sul tema della casa, domande uguali per un confronto tra le differenti risposte, il differente modo di ognuno di loro di vivere umanamente e artisticamente l’unità basica dell’insediamento umano.

Qui vi proponiamo le risposte di Emilia Barbato e una sua poesia sul tema.

*

Inizio i mattini quasi sempre fermandomi sulle cose che mi danno consistenza, i libri sugli scaffali, tre foto prese in una galleria toscana, l’impronta del corpo sul letto, scorro i minuti come grani, rinvengo lentamente dalla notte e entro nel giorno.
Il primo distacco torna ad un’ora esatta ogni mattina, un’ora calcolata, che porta la prima e le successive, piccolissime, perdite. Il lavoro impone concentrazione, decisioni che spingono verso una maschera, una progressiva frammentazione.
Alla fine della giornata, come pulviscolo, leggerissima, inerme, mi rimettono alla casa, a questa intima comunione. Ritrovo la memoria tattile delle cose, una liscia familiarità con le tazze, la voce acuta delle stoviglie, la superficie lucida della finestra, la soglia, i miei pensieri.
Mi arrendo all’abbraccio del letto, confidente, senza altra pretesa se non quella di essere dopo ore di assenza, me ne torno alla benevolenza delle cose che invecchiano con me, alle stoffe che stingono, che cedono sotto il mio peso, mansuete, commoventi, alle pagine che ingialliscono parlandomi malinconicamente dei libri rimasti in Campania, portandosi ancora addosso un’impressione di cartone.
Come non tornare alle case precedenti, a quella dell’infanzia, alla casa adulta, all’aria immobile delle stanze. Oggi nei miei luoghi d’origine si accanisce l’abbandono, si abbatte sui muri facendo brillare le tele dei ragni, case con vestiti e qualche residuo bagliore di bijoux ferme da tempo, in cui qualche vecchia bambola piange.
Corridoi segreti che dicono di me, che ancora sanno dei miei umori, spazzole che restano strette ai capelli in attesa di tornare a pettinare, un piumino che lentamente dimentica il profumo di talco nel bagno. Stanze vuote dove una dolce sensazione di eternità tiene compagnia ad un ciliegio e qualche castagno. Davanzali con spine cadute chiamano da molto lontano, si fanno monito intorno a un fusto disidratato, piante grasse prive di superbia, di splendore, piante che conosco.
Per me casa è memoria, corpo, respiro.

       

Che tipo di rapporto esiste tra i tuoi versi e la tua casa?

La maggior parte dei miei versi nasce quando sono in casa e riesco a coltivare un po’ di silenzio, cosa difficilissima nel centro di Milano, ciò non toglie che abbia scritto poesie anche fuori dalle pareti domestiche, spesso ricorro alla casa e alle sue masserizie per descrivermi, mi piace immaginarla come il ventre che mi ripara, un liquido amniotico che mi cresce.

         

Ci racconti delle scatole segrete che custodiscono ricordi?

La mia piccolissima scatola segreta è in provincia di Benevento, alla fine di un corridoio, in un angolo con poca luce, ho disposto un armadio provenzale pieno di vecchi giocattoli e qualche sacchetto di lavanda. Ogni volta che lo apro è come tornare al passato, al primo gesto di ribellione. Gli occhi azzurri, tristi di Giulietta mi facevano pensare a qualcosa di intrappolato. Il movimento rotatorio della testa, meccanico come il suo carillion, mi ipnotizzava. Ricordo di aver ricevuto in regalo la bambola verso i dieci anni, aveva lunghi capelli biondi e un vestito di merletto avorio, copriva un corpo di pezza, il viso di plastica era chiuso in una cuffia, ho desiderato immediatamente liberarla da tutta quella perfezione cucita, volevo dare al viso estatico un po’di vita, scioglierlo dalla rigidità confezionata, così i capelli di Giulietta sono diventati cortissimi nelle mie mani.

       

Qual è il vento che spira tra i mobili? della gioia, del rimpianto, del dolore?

La mansarda è situata nella stretta di Arpaia, alle pendici del massiccio del Partenio, i venti si incanalano nella valle con un’energia straordinaria. Nelle notti dalle raffiche forti ogni spiraglio diventa uno strumento musicale e la natura suona la mia casa con una forza magica, il vento vibra ogni corda, impossibile non farsi contagiare dall’elettricità dell’aria, non provare inquietudine, in queste notti di maltempo, dove gli alberi ululano, c’è poesia ovunque, ogni emozione è possibile.

      

Dicci del passaggio del tempo tra le cose e di come gli occhi le abbiano viste mutare

Gli anni passano sulle cose impreziosendole. Adoro gli oggetti antichi. Ho una lampada dei primi del novecento comprata da un antiquario romano, la base in ottone regge un corpo sinuoso di donna, un’esile venere nera, una piccola biscia che attraversa le acque del tempo, una lampada che oltre a illuminare fruscianti seti e ignoti incontri mi restituisce un’assolata domenica per le vie di Roma, il sorriso di mia mamma quando ancora eravamo complici.

     

*

Pomeriggio assolato, la fosforescenza tra i rami disvela
una spossatezza incurabile, un gonfiore del ventre e dei seni
che nasconde una non trascurabile grazia, il senso compiuto,
senza più pretese, del corpo alla sua vetta, della carne
priva di ambizioni che precipita in un’onda di sudore,
questa estate milanese tutta piena di luce, tutta
incessante come il frinire delle sue cicale
e lo zampillare dei draghi verdi nei parchi, mi ammala,
mi svanisce come un fantasma,
come l’ennesima ombra che si aggira
nelle stagioni della casa che abito, così simile
a un memoriale bianco scritto senza voce
in cui tornare, alle mura imbiancate di calce,
alla luce verde che bussava sulle ante e che a tratti,
inurbana, intrigante, entrava in lame sottili,
una ferita all’oscurità che lentamente
si apriva nella stanza, sui libri di poesia, sul corpo,
facendo una penombra affidabile, qualcosa di profondo,
di intimo, qualcosa che saldava, una sensazione vischiosa
come di piacere, come di noi che ci amavano nel profumo della resina

 

Martina Dalla Stella, 'La quiete dopo la tempesta', olio su tela, 2011
Martina Dalla Stella, ‘La quiete dopo la tempesta’, olio su tela, 2011

                        

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