Intervista e poesie del terzo classificato al concorso “nuovi luoghi”: Guido Galdini

Intervista e poesie del terzo classificato al concorso “nuovi luoghi della contemporaneità”: Guido Galdini, a cura di Paolo Polvani.

   

   

Ai primi tre classificati del concorso “nuovi luoghi della contemporaneità” dedichiamo uno spazio personale in cui rispondere ad alcune domande per i nostri lettori e in cui proporci alcune loro poesie. E’ la volta del terzo classificato: Guido Galdini.

   

Come si è sviluppato il tuo percorso poetico?

Ho iniziato a scrivere poesie da adolescente, ed ho continuato a farlo negli anni, ma ho considerato a lungo questa attività come un fatto del tutto privato.
Nel 2011 ho contattato alcuni editori, e mi è giunta una proposta da uno di essi (Puntoeacapo), per il quale ho realizzato un volume che conteneva la maggior parte delle mie poesie scritte fino ad allora.

     

Su quali temi è soprattutto incentrata la tua poesia?

Le poesie che sto scrivendo da qualche anno si riferiscono a situazioni ben precise, piccoli avvenimenti che attirano la mia attenzione, persone che incontro camminando per strada, situazioni significative di quello che sta succedendo in questi anni (degrado e disgregazione).

    

Ci sono motivi particolari per cui hai scritto poesie sui non luoghi?

La risposta a questa domanda è legata alla risposta precedente. Una fetta della mia vita “esterna” si svolge in non luoghi: il vagabondaggio per un centro commerciale, la spesa al supermercato, l’attesa in stazione, la coda in un ingorgo.

    

Ci sono autori contemporanei ai quali ti senti legato?

Se per contemporaneità si intende anche il secolo passato, un autore che mi è particolarmente caro è Attilio Bertolucci.
Per quanto riguarda il presente, cerco, compatibilmente con il tempo e le finanze, di tenermi abbastanza aggiornato su quello che si pubblica oggi in Italia. Tra gli autori che apprezzo maggiormente vi sono Antonella Anedda, Umberto Fiori, Gian Mario Villalta, Nicola Gardini, Roberto Amato e Stefano Raimondi.

*

Dalla raccolta, in costante divenire, “Gli altri”:

   

i pensionati invecchiano, seduti nella noia
sotto i tigli di piazza della verdura,
è domenica e aspettano un’altra domenica,
ma finiscono sempre
col farsi intrappolare dai lunedì.

***

li incontri tutti la mattina presto,
arrancano in bicicletta sul ponte dell’autostrada,
pedalano a fatica verso la fatica del giorno
nella salita che soffoca la gola:
per loro l’alba verrà così tardi
che non se ne faranno più niente della luce.

***

a maggio, con la pioggia improvvisa,
fioriscono i venditori di ombrelli sui marciapiedi;
se fossi un delicato giapponese vi troverei
un segno, anche se scarso, della primavera;
ma nella mia accidia occidentale
ne rilevo soltanto l’utilità e l’invadenza,
e proseguo a confondere, nell’umidità della vita.

***

il furgoncino della raccolta della carta
scodinzola lungo le curve verso Iseo,
perde un foglio di giornale, un petalo rosa
vola via sull’asfalto, stritolato
dalla ferocia delle automobili in coda:
gli attuali eroi hanno un breve destino, le loro imprese
sono cantate per l’ebbrezza di un giorno,
restano solo nei cuori spezzati
di chi non si arrende alla disgregazione dell’epica.

***

scendi leggero questi sentieri,
e arrivi in tutti i luoghi che si rifugiano;
raggiungi anche un orto nascosto oltre i rovi
dove sta per pranzare una coppia di anziani,
lui le versa dell’acqua,
lei gli ha appena condito
la più fresca insalata del mondo:
c’è qualcun altro
a cui chiedere l’indirizzo del paradiso?

                        

Mariarosa Pappalettera "Prisoners", 2015 - in apertura "Bridge", 2015
Mariarosa Pappalettera “Prisoners”, 2015 – in apertura “Bridge”, 2015

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